Dalla Dodola alla Volpe che si sposa, credenze per propiziar la pioggia

Nonostante spesso rompa le scatole ai vacanzieri, non bisogna scordare che è sempre un elemento prezioso perché, come dicono in Alto Adige, “la pioggia è oro e non si può pagar con l’oro”.

E visto che non la si può comprare, la saggezza popolare in casi d’emergenza, quali l’afa e la siccità, ha sempre tentato altri rimedi per procurarsela.

Dodola

Nelle campagne serbe (e in quelle rumene e renane) un gruppo di ragazze sceglieva – e ancora sceglie, nelle zone molto rurali – una di loro, chiamandola Dodola; questa viene spogliata completamente e rivestita solo di frasche, fiori e verdura.

Poi è messa alla testa di un corteo che passa di casa in casa cantando e invocando l’acqua dal cielo: e da ogni uscio visitato esce la padrona di casa che rovescia un secchio d’acqua sulla testa della Dodola.

Non si sa quanto funzioni, ma almeno lei quel giorno sarà di sicuro rinfrescata.

In Bulgaria i contadini versano nei campi dell’acqua benedetta passandola da uno staccio, per imitare la pioggia; in Spagna, Austria, Italia in processione attraverso i campi, anziché la Dodola si portano statue di Vergini, Crocifissi, salme di Santi.

Sempre la saggezza popolare insegna che gli animali sono importanti segnalatori di pioggia; traducendo innumerevoli proverbi dialettali italiani, si scopre che pioverà presto quando le farfalle svolazzano numerose e agitate intorno alle finestre delle case; i lombrichi escono dalla terra; i buoi e le mucche bevono più a lungo e i cavalli alzano la testa verso il cielo; quando le api restano attorno all’aveare e non vanno a cercare il polline; gli aironi lasciano stagni e paludi e volano alti; l’asino tiene gli orecchi dritti e raglia in continuazione; il corvo canta insistentemente; il cuculo canta verso oriente; i delfini giocano più del solito a pelo d’acqua; le formiche brulicano frenetiche fuori dai formicai; quando i gabbiani vanno verso terra o si ammassano sulle scogliere; le galline si “spollinano” nella terra polverosa come facessero il bagno; i galli cantano fuori orario o bevono in continuazione; il gatto si passa la zampina dietro l’orecchio; le mosche diventano più noiose del solito e pizzicano; le lumache escono all’aperto; le oche e le anatre sbattono frequentemente le ali; il ragno abbandona la sua tela; le rane gracidano tutte insieme; le rondini volano basse; i rospi e le serpi vanno in giro per prati, strade e sentieri e i topolini di campagna entrano nelle case.

Anche l’aspetto delle nuvole sul mare è da tener d’occhio: nel VenetoNuvole verdi o negrete / son tempesta e saete” e “Quando le nuvole xe fate a lana / piove d’ancuò (da oggi, ndr) a na setemana”; in LiguriaNuvia russa / o che cieuve o che buffa” (nuvola rossa, o che piove o che tira vento).

I contadini francesi dicono che in estate “La pioggia è imminente quando il fumo non vuole uscir di casa”, ossia quando i camini tirano poco; per gli inglesise tira vento a mezzogiorno in punto”.

E se pioverà ad agosto in Italia sarà festa per il “mosto” e gaudio per i golosi di trifole (“pioggia tiepida, grossi funghi”).

Infine, se c’è il sole e contemporaneamente piove, si tratta de “il Diavolo e le Streghe che fan l’amore” oppure, più piamente, degli “Angeli che si pettinano”.
Mentre il detto “si sposa la volpe” è un antichissimo modo di dire, derivato dalla mitologia giapponese.

Per i nipponici, la Volpe (Kitsune) è considerata una sorta di demone-spirito dalle varie capacità e molto sapiente.
Quando piove col sole si dice che c’è Kitsune no Yomeiri (il Matrimonio della Volpe); ossia da qualche parte si stanno celebrando le nozze tra due volpi.
Quindi veder piovere col sole è qualcosa di magico, che porta bene: ma vedere la cerimonia nuziale delle Kitsune porta malissimo. Lo racconta Akira Kurosawa nel primo episodio del suo bellissimo Sogni.

© Mitì Vigliero

 

Perpetue, Narcisi, Gradassi & C.

Spesso utilizziamo come aggettivi nomi di personaggi coniati dalla penna di grandi scrittori.

Ad esempio definiamo gradassi quei tizi litigiosi e attaccabrighe che si comportano da veri spacconi, facendo grandi sceneggiate per minimi motivi,  sbraitando di solito coi più deboli, minacciando spesso a vuoto perché sanno di avere le spalle coperte da qualche potente o da una loro particolare forza, fisica, “monetaria” o ‘ndranghetoria.

Il nome deriva da Gradasso, di cui sia l’Orlando innamorato del Boiardo che l‘Orlando furioso dell‘Ariosto raccontano le avventure.

Era un re “dal cor di drago e membra di gigante“, cavaliere pagano leggermente affetto da manìe di grandezza che – da buon gradasso – decise di piombare in Francia dall’Oriente con un esercito di centomila uomini armati sino ai denti non per combattere i Cristiani, ma solo per impadronirsi del cavallo di Rinaldo (Baiardo) e della spada di Orlando (Durlindana).

Altro personaggio letterario entrato a far parte del linguaggio comune è la Perpetua dei manzoniani Promessi Sposi, celeberrima governante di Don Abbondio.
Grazie a lei vennero da allora chiamate familiarmente così tutte quelle donne che, per una professione ormai in via di estinzione, facevano da “colf” ai parroci che arrivavano privi di familiari nelle parrocchie di paesi lontani.
Oggi perpetua viene usato soprattutto per definire una donna  particolarmente intrigante, pettegola e curiosa e irrimediabilmente zitella.

Definiamo Circe – come la maga dell’omerica Odissea, una donna che d’abitudine ammalia i maschietti per poterli usare a proprio esclusivo vantaggio per poi – dopo averli usati e rovinati nella reputazione e nello spirito (rovina simboleggiata dai porci in cui la Circe tramutava gli uomini) – farli soffrire abbandonandoli o trattandoli malissimo.

E’ simile alle sempre omeriche sirene , malefiche figure  che con canti, complimenti, promesse sottintese e lusinghe riescono ad illudere soprattutto i Narcisi d’ogni sesso pieni di ambizioni artistiche.

Poi  ci sono le lolite di nabokoviana memoria, specializzate in capelli brizzolati e coniugi frustrati, sempre pronte a dispensare coccole e gnegné  in cambio di favori, regali e carriera.

Il capufficio esigente o il professore severo sono cerberi; l’avvocato che non ci soddisfa nello svolgimento del suo incarico è un azzeccagarbugli; il fidanzato geloso è un Otello mentre quel tipo che cerchiamo urgentemente per lavoro e non si fa mai trovare, è come la Primula Rossa.

Invece il ricordo di una cattiva azione o di una colpa diventa la nostra privata Ombra di Banco, spettro ossessionante descritto da Shakespeare nel Macbeth.

Questo modo di dire è un po’ passato di moda, forse perché le cattive azioni oggi spesso sono motivo di premio e vanto, o forse perché Shakespeare in Italia lo conoscono sempre più in pochi.

Al contrario, chi ha un vocabolario superiore alle 200 parole,  continua a definire pantagruelico un pranzo estremamente succulento e abbondante; degno di Pantagruel, il golosissimo e famelico personaggio inventato nel ‘500 da Rabelais.

Infine, anche il mondo delle fiabe ha contribuito a “eternare” dei tipi precisi: chi corre dietro le donne è un dongiovanni, come il Don Giovanni protagonista della celeberrima leggenda spagnola del XIV sec. che ispirò molti autori; una fanciulla trattata male in famiglia o in ufficio è una Cenerentola, come l’eroina di Charles Perrault ; all’amico o parente sempre pieno di saggi consigli -possibilmente non richiesti- affibbiamo il soprannome di Grillo Parlante mentre i sempre collodiani Gatto e la Volpe rappresentano – nel mondo degli affari – una coppia di individui mica tanto perbene.

©Mitì Vigliero

Gradassi, Perpetue, Sirene & C.

Spesso utilizziamo normalmente come aggettivi nomi di personaggi coniati dalla penna di grandi scrittori.

Ad esempio definiamo gradassi quei tizi litigiosi e attaccabrighe che si comportano da veri spacconi, facendo grandi sceneggiate per minimi motivi,  sbraitando di solito coi più deboli, minacciando spesso a vuoto perché sanno di avere le spalle coperte da qualche potente o da una loro particolare forza, fisica, “monetaria” o ‘ndranghetoria.

Il nome deriva da Gradasso, di cui sia l’Orlando innamorato del Boiardo che l‘Orlando furioso dell‘Ariosto raccontano le avventure.

Era un re “dal cor di drago e membra di gigante“, cavaliere pagano leggermente affetto da manìe di grandezza che – gradasso – decise di piombare in Francia dall’Oriente con un esercito di centomila uomini armati sino ai denti non per combattere i Cristiani, ma solo per impadronirsi del cavallo di Rinaldo (Baiardo) e della spada di Orlando (Durlindana).

Altro personaggio letterario entrato a far parte del linguaggio comune è la Perpetua dei manzoniani Promessi Sposi, celeberrima governante di Don Abbondio.
Grazie a lei vennero da allora chiamate familiarmente così tutte quelle donne che, per una professione ormai in via di estinzione, facevano da “colf” ai parroci che arrivavano privi di familiari nelle parrocchie di paesi lontani.
Oggi perpetua viene usato soprattutto per definire una donna  particolarmente intrigante, pettegola e curiosa e irrimediabilmente zitella.

Definiamo Circe – come la maga dell’omerica Odissea, una donna che d’abitudine ammalia i maschietti per poterli usare a proprio esclusivo vantaggio per poi – dopo averli usati e rovinati nella reputazione e nello spirito (rovina simboleggiata dai porci in cui la Circe tramutava gli uomini) – farli soffrire abbandonandoli o trattandoli malissimo.

Figura assai simile alle sempre omeriche sirene , malefiche figure (oggi d’ambo i sessi, o sottoforma di miraggi di successo) che con canti, complimenti, coccole, promesse sottintese, lusinghe e gnegnè riescono ad illudere e far perdere la testa persino agli individui più posati e raziocinanti. 

Invece il ricordo di una cattiva azione o di una colpa diventa la nostra privata ombra di Banco, spettro ossessionante descritto da Shakespeare nel Macbeth.
Questo modo di dire è un po’ passato di moda, forse perché le cattive azioni oggi spesso sono motivo di premio e vanto, o forse perché Shakespeare in Italia lo conoscono sempre più in pochi…

Al contrario, chi ha un vocabolario superiore alle 100 parole,  continua a definire pantagruelico un pranzo estremamente succulento e abbondante; degno di Pantagruel, il golosissimo e famelico personaggio inventato nel ‘500 da Rabelais

Infine, anche il mondo delle fiabe ha contribuito a “eternare” dei tipi precisi: chi corre dietro le donne è un dongiovanni, come il Don Giovanni protagonista della celeberrima leggenda spagnola del XIV sec. che ispirò molti autori; una fanciulla trattata male in famiglia è una cenerentola, come l’eroina di Charles Perrault e il gatto e la volpe collodiani rappresentano – nel mondo degli affari – una coppia di individui mica tanto perbene.

©Mitì Vigliero

Ve ne vengono in mente altri?

MimosaFiorita: Per esempio,essere come L’Araba Fenice, risorgere dalle proprie ceneri o disgrazie. Di solito,quando si cerca una persona, e non si trova mai, si dice: e’ come la Primula Rossa. E quanti di noi hanno per amico un Grillo Parlante che ci da’ consigli, quasi sempre inascoltati?

Luca: Forse il più citato in questi tempi “sei un pinocchio

Antar: Lavorando in uno studio legale non posso esimermi dal nomiare il manzoniano azzeccagarbugli.

Beppe: Nabocov si troverebbe a suo agio qui dove lavoro: è pieno di lolite (alcune hanno 35 anni, lolite passite…;)

Skip: Bertoldo ( uomo grossolano ma furbo, da un racconto di Giulio Cesare Croce) e Cacasenno (sputasentenze , da un’altra novella)

ZiaPaperina: Un bacio veloce, Pla’, prima che arrivi quel cerbero del mio socio….;oD

Brian: Direi:  Giuda e Paparazzo (il fotografo della Dolce Vita)

MaxG: In amore sono un otello (geloso). Che poi non è vero, ma non mi suonava bene scrivere “in amore mia moglie è un otello”

Anna: “Casanova” per indicare un seduttore, “Narciso” (anche se mitologico) per indicare chi, anche in forma patologica, ha troppa cura della propria immagine…