Goliardi e Sport: Un Vendicativo Scherzo Alle Olimpiadi Universitarie Di 42 Anni Fa

In queste notti insonni causa caldo e stress, leggo e soprattutto rileggo libri divertenti e  poco impegnativi.

Ora sul comodino ho Bacco, Tabacco e Venere. Usi, costumi, vita, tradizioni, scherzi e mattane della goliardia italiana  (di Franco Cristofori, ed. SugarCo, 1976).

In omaggio a questi giorni di Olimpiadi londinesi,   vi racconto in poche parole un episodio ambientato a Torino durante le Universiadi del 1970.

I numerosissimi Goliardi che avevano lavorato come buoi – e completamente a gratis – durante i preparativi della manifestazione sportiva, chiesero di avere almeno un riconoscimento sotto forma di tessere omaggio che permettessero loro di assistere a tutte le gare.

Ma l’ingrato Presidente della Fidal ne mise a disposizione solo 10, dicendo che di tessere omaggio ne erano state già distribuite sin troppe.

I Goliardi allora meditarono vendetta tremenda vendetta.

Poiché filavano in perfetto accordo con tutte le giovani e carine segretarie dell’Organizzazione, non faticarono a “trovare” 100 tessere di libero ingresso ovviamente vidimate, ma ancora da compilare con gli accrediti.

Riempirle con nomi e cognomi attendibili però sarebbe stato troppo serio e logico; e così vennero compilate in tal modo:

Alighieri Dante, Comitato Olimpionico. Incarico: Cronista.
D’Arco Giovanna, Servizi Tecnici. Incarico: Riscaldamento.
Monti Vincenzo, Comitato Olimpico. Incarico: Traduttore d.t.d.o. (dei traduttor d’Omero).
Verdi Giuseppe, Servizi Tecnici. Incarico: Capobanda.
Volta Alessandro, Servizi Tecnici. Incarico: Enel.
Leopardi Giacomo, Servizio Stampa. Incarico: Corrispondente della “Voce Adriatica”.
Marconi Guglielmo, Servizi Tecnici Sanità. Incarico: Radiologo.
E così via.

Riuscirono tutti ad entrare, giusto in tempo per cantare l’inno ufficiale: Gaudeamus Igitur.

Il giorno dopo, sulle pagine sportive de La Stampa si poteva leggere:

“All’ingresso si sono presentati insieme Mao Tse Tungredattore di “Pechino Sera”, e Richard Nixon, Ufficio Legale. Un usciere ha fatto storie perché “ufficio” era scritto con una sola effe; nel fattempo però entrava tranquillamente uno con un tesserino che recava la scritta Nembo KidRecordman.”

© Mitì Vigliero

La Vita: Proverbi e Modi di Dire

Contessa, che è mai la vita? E’ l’ombra d’un sogno fuggente
diceva Carducci.

Ma dato che non siamo gatti che ne di vite ne hanno sette (o nove, a seconda delle latitudini) mentre noi ne disponiamo di “una sola”, è giusto cercare di trascorrerla al meglio, senza “rovinarsela” troppo e armandoci di santa calma; in Costa d’Avorio dicono “La pazienza é il vero amuleto per la vita”: e in fondo il “quieto vivere” cos’altro è se non un “elisir di lunga vita”?

Gli eventi esterni fanno di tutto per complicarcela; “La vita è un ramo di palma piegato ai venti”, affermano nel Gabon e i cinesi meno aulici chiosano “La vita è come una cipolla: se ne stacca un pezzo alla volta e ogni tanto si piange”: in poche parole, alla tedesca,La vita è bella, ma costa cara”.

Certo darsi alla bella vita restando in panciolle sarebbe un sogno, ma si sa che “La vita è fatta a scale, c’è chi scende e chi le sale” e in ogni caso tutti abbiamo le nostre lotte quotidiane: “La vita dell’uom su questa terra, altro non è che una continua guerra” o “Vivere, mi Lucili, militare est” (Seneca), “La vie est un combat” (Voltaire) o, più pacificamente, “La vita dell’uomo è un mare quasi sempre in burrasca” (Shakespeare).

Secondo gli indùOgni giorno della tua vita è una pagina della tua storia” e occorre scriverla il meglio possibile per noi, ma soprattutto per chi ci ricorderà quando saremo “passati a miglior vita”.
Perciò è utile rammentare sempre, come dicono a Milano, che “La vitta l’è on bòof”, un soffio o semplicemente, alla napoletana, “N’affacciate de fenestre”, un affacciarsi rapido al balcone del mondo.

Cerchiamo quindi di tenercela buona il più possibile la nostra vita, senza correre stupidi rischi inutili, arrabbiarsi troppo o affogare negli stravizi; basta seguire semplici consigli che non includono terroristiche proibizioni salutistiche, ad esempio il salentinoLettu e manciare picca (poco), vita longa e ricca”.

Perché, come affermano gli spagnoli, “La vita non sta nel vivere, ma nello stare bene” sia mentalmente che fisicamente: occorre possedere spirito d’adattamento, “L’uomo sapiente è capace di adattarsi alle sorprese della vita come l’acqua si modella all’otre in cui è versata” dicono stavolta aulicamente i cinesi.

Far tesoro inoltre del proverbio lombardoGhè piuse temp che vitta”, c’è più tempo che vita; ergo non affannarsi più del necessario, ma nello stesso tempo accettare le novità di qualunque genere esse siano perché “Variety is the spice of life”, la varietà è il condimento della vita, e soprattutto dar ragione ai lodigiani quando constatano che “La vita l’é düra, ma la mòrt l’é peg”.

Infine, ricordarsi sempre che davver “Finché c’è vita c’è speranza” e che una delle armi migliori per vivere al meglio è il buon umore che ci esorta a stare “Su con la vita!”.

A questo proposito un bel proverbio giapponese recita (scrivo come mi dicono si pronunci, visto che la scrittura nipponica ho deciso di studiarla in una mia “prossima vita”) “Egao wa ikiru enerugi”: il tuo sorriso è la forza della tua vita.

© Mitì Vigliero

L’Ombra che illumina: Bologna, un Amico, Pensieri.

Questi giorni di assenza li ho passati a Bologna, città che grazie all’uomo che amo e che condivide la mia vita, da tanto tempo ormai ho imparato a conoscere ed amare.
Tornarci di solito per noi è una gioia, ma questa volta è stato doloroso; è mancato un nostro carissimo amico. 
Adorava la sua vita, che trascorreva con entusiasmo, continuamente pieno di progetti ed idee.
Aveva un lavoro che gli piaceva moltissimo e a cui si dedicava con passione; una donna innamorata al fianco, amici, solidità economica, serenità.
Aveva la nostra età; non beveva, non fumava, era sportivissimo, iper attento alla dieta e alla salute. 
Eppure in soli nove mesi, quello che eufemisticamente viene definito un brutto male, se l’è portato via.
E questi giorni passati in una Bologna sempre più bella e piena di sole, sono trascorsi come in un’altra dimensione silenziosa, “ferma” e ovattata, in cui i pensieri si univano ad altri pensieri da me purtroppo già vissuti in altre occasioni simili.

Perché la Morte insinua sempre la riflessione introspettiva in chi resta. E Lei, che solitamente viene definita Buio e Ombra, in realtà – e in modo paradossale – mostra più chiare le situazioni, illumina tutto ciò che sino a quel momento è seminascosto dall’ombra, svelando a chi resta il Senso dell’Esistenza umana.

Che è semplicemente quello di vivere giorno per giorno godendo di ogni momento bello, ridimensionando il più possibile rabbia o scontentezza.
Basarsi solo sul concreto, su ciò che si può toccare, vedere e sentire da vicino e di persona; sfuggire gli urli e ascoltare soltanto parole modulate con voci calme ed obiettive; non dar corda agli arroganti, ignorare gli isterici, isolare la maleducazione, sfuggire la malafede. Non farsi accecare dalle ideologie e dai preconcetti. Di ogni cosa, osservare sempre ogni angolazione, cogliendone ogni sfumatura: e poi trarne le conclusioni. Scansare progetti faraonici, concentrarsi soprattutto sul piccolo ma necessario e urgente. Non lottare coi mulini a vento. Se qualcosa si rompe – in senso metaforico – tentare di metterne insieme i cocci, ma senza intestardirsi ossessivamente, perdendoci troppo tempo: è prezioso, il Tempo. E anche galantuomo; può darsi che risistemi tutto lui, può darsi che invece faccia in modo di farci capire che non ne valeva proprio la pena. Non rinunciare a troppo, non pretendere troppo. Stare vicino agli amici, pochi ma veri. E dire “ti amo” a chi si ama, ogni giorno. 

Lo so, può sembrare estremamente difficile; però basta pensare che la nostra vita è davvero una e una sola, fragile come cristallo, instabile come una piuma. 
Ma è meravigliosa e degna di essere goduta appieno, attimo per attimo. Sempre.