Nel 1866 il Capitano di Marina della cannoniera Veloce, mentre navigava in pieno oceano Atlantico, vide galleggiare sulle onde una figura femminile; issatala a bordo scoprì che si trattava di una polena raffigurante una donna dai lunghi capelli, coperta da una sorta di peplo, che mostrava un seno nudo: poiché un poco, nella forma del corpo e nel’espressione del viso, gli ricordava la Vergine Spartana Corritrice conservata nei Musei Vaticani, la battezzò col nome classicheggiante di Atalanta.
Appena sbarcato a Genova, la consegnò al Museo Navale di Pegli dove Atalanta rimase sino al 1870, quando fu collocata all’interno del Museo dell’Arsenale della Marina Militare a La Spezia.
Lì ebbe inizio la misteriosa malìa della polena, che consiste di far innamorare perdutamente di sé gli uomini che – per un motivo o per l’altro – le stanno vicini per un po’ di tempo: e quella seduzione è terribilmente distruttiva visto che ben tre sfortunati arrivarono ad uccidersi per “disperato amor”.
Il primo a subirne il fascino fu il custode del Museo spezzino il quale, appena la vide, se ne invaghì perdutamente; rimaneva ore e ore a guardarla, senza mangiare, bere, dormire sino a quando una notte si impiccò di fronte a lei.
La seconda vittima fu un giovane falegname al quale Atalanta fu affidata affinché la restaurasse.
Dopo 15 giorni di totale isolamento con lei, il poveretto venne trovato cadavere nel suo laboratorio, con un coltello nel cuore e bigliettino in cui raccontava la sua decisione d’ammazzarsi a causa della folle passione che la polena aveva scatenato in lui.
La terza vittima fu, nel secondo dopoguerra, un soldato tedesco di stanza a Spezia; la storia venne riportata da tutti i giornali dell’epoca.
Il soldato si recava ogni giorno al Museo, piazzandosi per ore di fronte ad Atalanta; e un giorno, o meglio, una notte, la “rapì” portandosela via.
Da quel momento scomparve.
Dopo una settimana di ricerche un suo commilitone sfondando la porta di un appartamento che il soldato aveva preso in affitto, lo trovò cadavere di fronte alla polena: di fianco a lui una breve lettera, conservata anche lei nel Museo, in cui spiegava di aver voluto offrire a lei la propria vita.
“Poiché nessuna donna all’infuori di te può darmi la vita che sogno,o Atalanta, io sacrifico a te la mia vita”
Da allora morti pare non ve ne siano più stati; ma ancora oggi, ogni anno e da ogni parte del mondo, arrivano infuocate lettere d’amore per Atalanta, novella Circe del Museo dell’Arsenale.