La Casa dell’Uomo Selvatico

 

Ego sonto un homo salvadego per natura, chi me ofende ge fo pagura

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Quello dell’Uomo Selvatico è un mito affascinante e misterioso diffuso in tutto il mondo; un comune mortale che viveva isolato, su monti o in boschi, a stretto contatto con la natura, senza mai lavarsi né radersi, muscoloso e forte, grande conoscitore di animali e piante.

Timido e scorbutico, talvolta però provava il desiderio di avvicinarsi agli altri uomini che vivevano in comunità; quando ciò accadeva insegnava loro cose preziose come fare il burro e il formaggio, curare pascoli e armenti, usare le erbe come medicinali.

Ma tutte le volte gli uomini, quando non avevano più bisogno di lui perché convinti di aver ormai imparato tutto, e disturbati dalla sua presenza non certo esteticamente gradevole, con una scusa o con l’altra lo allontanavano, ingrati, perdendo per sempre un’infinita fonte di saggezza e cultura.

In Italia ha vari nomi: Selvagiu (Val di Lanzo), Om Pelos (Dolomiti), Omeon del busch (Bormio),  Salvanel (Trentino), Salvan (Val di Fiemme), Bàarba Tùus (Zio dei ragazzi, nel Cremonese), Bragula pelùs (Valchiavenna) ecc.

Suoi “ritratti” sono sparsi in tutta Europa e in Italia ; ad esempio a Bressanone, in una statua posta in alto nel punto d’incontro fra i Portici Maggiori e i Minori; nel Castello del Buonconsiglio di Trento,  a Tirano (Sondrio) dove vi sono ben due “salvadeghi” affrescati sulla Porta Poschiavina…

Ma il più bello si trova a Sacco, in Val Gerola nella bassa Valtellina.

Qui, in via Pirondini 14, c’è una casa rurale del XV sec. che ha nel suo interno una splendida “Camera Picta”; il proprietario era Agostino Zugnoni, ricco mercante della valle, che nel 1464 incaricò – come dice una scritta posta nella stanza – i due artisti Battistino e Simone di affrescare il secondo piano della casa con immagini sacre (una Pietà, dove inginocchiato in preghiera è raffigurato anche il padrone di casa, Augustinus de Zugnonibus), frasi in latino e in volgare (“Vivendo rettamente non temere alcuno”, “Quando la fortuna finisce spariscono gli amici”; “Un grande avere chi non lo sa conservare, presto lo vede consumare”),  ghirlande di fiori e il ritratto dell’Homo Salvadego caratterizzato dalla scritta “Ego sonto un homo salvadego per natura, chi me ofende ge fo paura”.

Il Salvadego è raffigurato come un uomo alto, snello, completamente ricoperto di folta peluria, a piedi nudi, tiene in mano una clava grande e nodosa. Ma ha il viso buono e gli occhi malinconici.

La Camera Picta, ora Museo, fu scoperta nel 1924 da Giacomo Pini, un appassionato di storia locale; la cosa curiosa è che quella casa venne sempre utilizzata dal proprietario come fienile e stalla.

Gli archeologici e gli storici si sono spesso domandati il perché lo Zugnoni avesse voluto lì dentro una tale ricchezza di dipinti.

La risposta forse è che lui, uomo colto e saggio, usasse quella casa come “buon ritiro”, un luogo dove – già allora! –  potesse vivere strettamente a contatto con la natura, nel silenzio, alla ricerca di quella virilità primitiva e di quella pace semplice che i “tempi moderni”, coi loro affanni e pensieri, spesso impediscono.

© Mitì Vigliero