Storia dei Biglietti d’Auguri di Natale

L’àugure (da “augur-auguris”) presso i Romani era colui che prediceva il futuro interpretando  sogni, volo degli uccelli, fenomeni atmosferici e così via.

L’augùrio (“augurium”, presagio) è quindi la manifestazione del desiderio che si realizzi qualcosa di bello e buono per noi e per gli altri.
Per questo già  nell’antica Roma, nel periodo iniziale dell’anno ci si scambiavano verbalmente augùri nella speranza di futuri momenti felici.

Il primo biglietto augurale per le feste Capodanno risale al 1475 e fu scritto da uno studente tedesco a un suo insegnante; per tutto il Cinquecento studenti e professori avevano l’uso di scambiarsi goliardici auguri scritti in occasione del San Silvestro.

Fu solo alla fine del Settecento però che lo scambio di biglietti augurali divenne un uso anche esterno alla scuola, coinvolgendo pure la sacra festività del Natale; si trattava sempre però di biglietti vergati a mano e privi di decorazioni.

All’inizio dell’Ottocento, fra i nobili e ricchi venne la moda di spedire cartoncini preziosi incisi o litografati con opere di celebri artisti contemporanei; ma verso la metà del secolo, grazie allo sviluppo della stampa, l’invio di biglietti  per le Sante Feste divenne un fenomeno di massa.

La prima cartolina augurale “popolare” fu creata nel 1870 da un litografo inglese, tal John S. Day, che stampò su un’ufficiale e nuda cartolina postale da mezzo penny una cornicetta composta da vischio e agrifoglio, riportante nel centro la classica frase “Buon Natale e felice Anno Nuovo”.

Da lì, per tutto il periodo vittoriano (la Regina Vittoria fu una vera e propria fan dei biglietti d’auguri) fu un proliferare di fantasie; vennero commercializzati biglietti intagliati, simili a merlettiricamati, tridimensionali, luccicanti, riportanti immagini tipiche del periodo: candele, paesaggi innevati, comete, bambini festosi, presepi, Santa Claus, futuro Babbo Natale e abeti decorati.

I biglietti e le cartoline d’auguri ebbero il massimo successo nei primi anni del Novecento; grandi artisti specializzati in pubblicità come Dudovich disegnarono immagini bellissime, soprattutto raffiguranti donnine sorridenti avvolte in sciarpe e manicotti, mollemente adagiate su slitte foderate di pelliccia o intente a piroettare su piste da ghiaccio. All’estero il precursone dell’Art Nouveau Alphonse Mucha impazzava con le sue splendide femmine floreali.

 

E tutto il Nord Europa, da sempre specialista del gusto della decorazione natalizia, aveva creato vere industrie “editoriali” che rifornivano il mondo intero dei loro biglietti augurali grazie alla massiccia presenza degli emigranti sparsi per il globo.

Ma già alla fine della Prima Guerra Mondiale il biglietto raffinato e ricercato cadde in disuso; vi fu sempre un frenetico scambio, ma si era persa la qualità sia della carta che della decorazione, cadendo nella banalità.

Dalla fine del Novecento però i biglietti d’auguri divennero quasi sempre un semplice “accompagnapacco”; oggi ve ne sono sempre meno ad ingombrare le nostre scrivanie, sostituiti da altri messaggeri d’augurio quali e-mail, biglietti multimediali, sms o affini: auguri più rapidi, moderni e tecnologici certo, ma di sicuro molto meno romantici.

© Mitì Vigliero