Negli affreschi delle varie tombe sparse nelle Valle dei Re, possiamo notare che i Faraoni indossavano gonnellini fittamente plissettati, così come i nobili della civiltà minoica rappresentati in quelli di Santorini nelle Cicladi; pure le Cariatidi sfoggiano i “kitoni“, tuniche a pieghe.
Ergo, anche i tessuti di 4000 anni fa venivano stirati.
Gli Egiziani usavano un pesante “lisciatoio” piatto di pietra o legno che veniva passato a freddo sui tessuti immersi in una soluzione di acqua e gomma per formare la plissettatura.
I primi che usarono il calore furono i Cinesi che attaccarono lunghi manici in legno ai fornelli che fungevano da “bruciatori di profumo“; esiste un esemplare risalente alla dinastia Han, in bronzo inciso di simboli beneauguranti, così come il dragone in bronzo in cui è infilato il manico raffigurante una dea protettrice della casa: tutti questi portafortuna dovevano tutelare dalle inevitabili ustioni.
Per le stoffe pesanti e resistenti, il ferro veniva riempito di braci; di sabbia calda invece per le sete sottili.
E il lavoro non poteva essere compiuto da una sola persona, come minimo bisognava mettercisi in tre: due ai lati che tenevano steso il tessuto, e uno al centro che ci passava su il ferro.
A Roma 2000 anni fa esistevano già i funiculum, botteghe-lavanderia dove la stiratura delle pieghe era fatta a freddo con lo stesso metodo degli egizi: ma al posto della gomma i nostri antenati usavano un appretto probabilmente efficace ma decisamente disgustoso: acqua, sapone e pipì.
Più tardi vennero usate piastre in bronzo, anche loro munite di lunghi manici come i ferri cinesi, che però venivano riscaldate direttamente sul fuoco.
Nel 1200 dC in Olanda venne inventato il primo ferro dalla forma simile ai nostri; fatto a barchetta, il manico era posto sopra lo strumento solo che era in ferro pure esso e per afferrarlo bisognava indossare un guantone scomodissimo.
Si scaldava ponendolo direttamente nei forni di casa; strinava, più che stirare, e macchiava i tessuti di cenere.
Nel ‘400, grazie alla moda che imponeva vestimenta di tessuti pesanti quali damaschi, velluti, rasi, il ferro venne reso più pratico, con fornello interno riempito di braci o sabbia e il manico in legno per isolare dal calore.
Questo “modello”, variando leggermente nella forma, durò per secoli.
Nell 1800 negli USA apparve l’illuminazione a gas e si crearono dei ferri da collegare direttamente al tubo del gas; le esplosioni furono innumerevoli e le donne preferirono tornare ai vecchi ferri battuti a carbonella.
Nel 1891 tal Henry Seeley brevettò l’Electric Flat Iron, il primo ferro con piastra che si scaldava elettricamente: l’idea era geniale ma non ebbe immediato successo visto che quel coso pesava quasi 7 kg.
Perfezionata l’invenzione, i ferri elettrici divennero d’uso comune; nel 1926 a New York nacque Eldec il primo ferro elettrico a vapore; anche lui era talmente grosso e ingombrante, da venir utilizzato solo nelle lavanderie professionali.
Fu solo alla fine degli anni ’70 che i modelli vennero finalment rimpiccioliti e utilizzati in massa da milioni di casalinghe riconoscenti.