Da una biglia nacque la biro

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Era l’estate del 1936 quando il trentasettenne pittore ungherese Ladislao Biro, osservando dei bambini giocare a biglie sulla spiaggia, vedendo le sferette di vetro lasciare tracce nitide e precise al loro passaggio sulla sabbia, fu colpito da una folgorazione: inventare una penna che sostituisse la stilografica.

Nel 1938 ottenne il brevetto della prima “biro”, detta anche penna a sfera.
Nel ’40 si recò in Francia alla ricerca di finanziatori, e dopo averli trovati lo stesso anno salpò per l’Argentina, allora terra piena di promesse; qui perfezionò la sua rivoluzionaria invenzione con l’aiuto del fratello Georg, chimico, che inventò un inchiostro pastoso e a veloce essiccamento a base d’olio; quindi iniziò a produrla in proprio.
Ma non intendendosi di amministrazione contabile, il risultato fu disastroso e la ditta fallì.

Deluso e arrabbiato, nel 1944 Ladislao vendette per una cifra irrisoria il brevetto ad uno dei suoi finanziatori francesi.

Col ricavato comprò una piccola fattoria, deciso stavolta a mettersi a fare l’allevatore; ma dato che non aveva la minima esperienza di bovini, l’impresa si rivelò nuovamente un fallimento.

Trascorse anni di piena miseria e oberato dai debiti; nel Sessanta, venne assunto con un piccolo incarico dalla Commissione Nazionale Argentina per l’Energia Atomica.

Morì in assoluta povertà a 86 anni, il 25 ottobre del 1985, a Buenos Ayres.

Le prime penne biro arrivarono in Italia subito dopo la Seconda Guerra Mondiale; erano carissime, e soprattutto vennero immediatamente contestate dai maestri e professori della scuola i quali imponevano agli studenti l’uso del pennino e dell’inchiostro o della stilografica perché, e forse non avevano tutti i torti, dichiaravano che con quelli i ragazzi avrebbero avuto una migliore grafia.

Effettivamente io, senza essere affatto centenaria, ricordo bene che sino alle mie scuole elementari l’utilizzo delle biro era ferocemente proibito in classe.

Ma anche tutta la burocrazia italiana contestò le penne a sfera, dichiarandole strumento diabolico: sino al 1960 era assolutamente vietato usarle negli uffici pubblici e alle Poste , per compilare documenti e certificati di qualunque tipo o stendere scritti di esami statali.

Altre nemiche feroci della biro furono le banche: le ultime in assoluto a voler riconoscere gli assegni firmati con la penna a sfera.

E lo sapete chi fu il fortunato signore che acquistò il brevetto dell’infelice Biro?

Marcel Bich, un barone francese nato  a Torino in corso Re Umberto 60 e morto settantanovenne a Parigi il 30 maggio del 1994, passato alla storia come “il re dell’usa e getta” grazie a tre fantastici colpi di genio partoriti nel nome del “tutto si crea e tutto si distrugge”.

In primis l’acquisizione del brevetto della penna biro, che ben presto scoprì più atta ad esser fabbricata nei semplici tubetti di plastica trasparente e non nei costosi vetro, ceramica e lacca; poi i rasoi monouso e infine gli accendini senza ricarica.

Bich fu accusato perciò di essere uno dei fondatori del consumismo; può darsi, ma è indubbio che i suoi prodotti hanno facilitato un po’ la nostra vita e soprattutto reso estremamente felici i suoi undici figli, oggi plurimiliardari.

© Mitì Vigliero