Se quattro anni fa qualcuno m’avesse predetto “Da ora in poi la tua vita sarà fatta soprattutto di Case”, l’avrei preso per matto.
E invece è accaduto.
Tutto iniziato con quella in cui vivo, che ho avuto la bella idea di ampliare e ristrutturare con me dentro, vivendo 8 mesi d’inferno tra calcinacci e muratori folli.
Non era ancora finita, che ho dovuto occuparmi di quella di Mamma, disabitata da cinque anni e quindi venduta.
Svuotarla completamente è stata una ginnastica dell’anima fisicamente e spiritualmente massacrante, durata più di 5 mesi.
E ora mi aspetta un’altra Casa, forse la più difficile.
Se gli altri erano appartamenti, questa è una Casa un po’ più grande.
La Casa dei quadrisavoli, quella che racchiude nelle fondamenta le nostre radici.
Una Casa che ora ha tanto bisogno d’amore, di cure, di attenzioni, di pulizia, di risate, di ritornare a essere quel Nido sereno che era.
E così mi ritufferò nel solito vortice di Truppe Cammellate (e conseguenti, inevitabili miei sčiupùn de futta), di scatoloni, di allergie, di colpi della strega, di traslochi, di ricordi, di magoni, di progetti.
Siamo una famiglia conservatrice, nel senso che qui si conserva tutto, non si butta via niente, ché-può-sempre-venir-bene.
Ad esempio. Immersi per lavoro e passione fra numerosi strumenti tecnologici, le scatole di detti strumenti non si eliminano, mai; perché nel caso si rompessero, quegli aggeggi andranno spediti all’assistenza delle case madri accuratamente chiusi nei loro imballaggi originali.
E così viviamo assediati da decine e decine di scatole vuote d’ogni forma e dimensione (e quando dico diogni dimensione intendo proprio ogni dimensione; si va da cosettine 7×5 cm a mostri di cm. 40×150), accuratamente celate sugli armadi, impilate nelle dispense, incastrate sotto i letti.
E poi se si prende uno scanner che fa 80 cose in più di quello vecchio, quello vecchio ma ancora funzionante vorrai mica eliminarlo no? Per adesso infilalolì. Così come la vecchia tv che stava in cucina, va ancora benino: per ora mettiamola lì che poi ci pensiamo. E il monitor piccolo sostituito da quello grande? Posa lì, poi si vedrà.
E i libri? Insomma, lo sapete che in questa famiglia si venerano, i libri. Non solo quelli che si comprano in libreria o su IBS o sulle bancarelle o che arrivano dalle case editrici. No. Qualunque allegato esca con una rivista o un quotidiano, deve essere nostro.
Ricordate, per esempio, l’Enciclopedia di Repubblicadel 2003? L’ho raccolta allora io qui a Genova, Fabio a Bologna e mia suocera a Roma, perché poteva venirci utile a Campagnano. Morale, 3 enciclopedieidentiche sparse in 3 case diverse. Noi, se abbiamo bisogno di sapere velocemente una data o un nome, pur con tutte le precauzioni del caso andiamo su Wikipedia. O su San Google. Se debbo informarmi approfonditamente su un argomento antico, posseggo una libreria ( fatta da più librerie, intese come mobili) ormai composta da circa 4000 volumi. E poi, esiston sempre le Biblioteche, no?
Senza parlare del fatto che quell’enciclopedia occupava uno spazio preziosissimo che potevo riempire con le pile di altri libri che da mesi stazionavano sul tavolo in studio in attesa di trovare un posto dove esser sistemati. Insomma, essendo la biblioteca dell’avita vecchia casa ormai arrivata a tappo, l’Enciclopedia è presto finita qui, nella camera degli ospiti, in 2 scatoloni che sono andati a far compagnia ai 6 dove già riposavano romanzi e saggi da cui non voglio assolutamente separarmi, e ai 12 ancora pieni dei libri di mamma che mi piacciono e serviranno, prima o poi, di sicuro; ai 10 zeppi dei miei articoli cartacei, agli 8 delle recensioni ai miei libri. Gli ospiti dormivano circondati da Cultura Incartonata (senza protestare devo dire, soprattutto se insonni e muniti di unghie affilate per tagliare lo scotch che li chiudeva, alla caccia di qualcosa da leggere)
Però, proprio mentre cominciavo a meditare seriamente come soppalcare completamente uno stupido appartamento privo di stupida cantina ove sistemare una volta per sempre i sempre più odiati scatoloni, ho visto che vicino a casa un signore stava appiccicando il cartello VENDESI alla saracinesca di un vecchio fondo, ex negozio da decenni adibito a magazzino.
Dopo due settimane stringevo fra i denti il rogito notarile e in mano le chiavidella mia salvezza: un nido tutto da riempire di scaffali di libri sino al soffitto, e di scatole vuote.
Insieme alle chiavi e a vari papiri, mi han consegnato anche il Regolamento di Condominio dello stabile, un bel palazzo annata1935.
Devo proprio fotocopiarlo e spedirlo a Enrica, che colleziona per studio documenti storico-sociali dell’epoca; certi articoli del Regolamento, poi, sono fantastici.
Ve ne riporto alcuni, affinché li teniate a mente durante i soliti litigi delle vostre odierne Assemblee Condominiali, e lasciando a voi i commenti sul “come eravamo“:
Art.26 L’ascensore funziona ininterrottamente a tutto rischio e pericolo di chi l’usa. Fa servizio solo in ascesa e per l’accesso agli appartamenti, eccetto i casi comprovati di persone in età avanzata o affette da infermità. Non possono usufruire dell’ascensore i ragazzi fino agli anni 13 se non accompagnati, le persone di servizio in genere, i fornitori, le persone affette da malattie contagiose, coloro che non fossero decentemente vestiti.
Art.28 Il consumo dell’acqua non dovrà superare i 400 litri ad appartamento. L’acqua calda verrà pagata in base al consumo. Durante la stagione estiva e cioè dal 1° giugno al 1° ottobre, la temperatura rilevata dal termometro del riscaldatore (ebollitore) non dovrà superare i 40 centigradi. A richiesta della maggioranza dei condomini o qualora il consumo importasse una spesa eccessiva, l’Amministratore dovrà disporre che la caldaia venga accesa limitatamente a 3 giorni per settimana.
Art.29 Il calorifero sarà tenuto acceso dal 15 Novembre al 15 marzo in modo da dare negli appartamenti una temperatura costante di 17°. Se nel periodo di normale accensione la temperatura esterna alle ore 10 a Nord del caseggiato superasse i 10°, l’Amministratore dovrà ordinare che la pressione sia ridotta.
Art.30 E’ assolutamente proibito destinare gli appartamenti ad uffici per enti pubblici, ad affitta camere professionali, ambulatori, sanatori, gabinetti per cura di malattie infettive, pensioni, ristoranti ed in genere di farne uso contrario alla moralità, alla tranquillità, alla decenza, ed in genere al buon nome del caseggiato.
(I miei scatoloni vuoti e i miei libri sono serissimi e morigerati: lo giuro.)
…lentamente, molto lentamente; metronomo perfetto per scandire la velocità con cui svuoto gli scatoloni.
Sono riuscita a ricoprire 100mq del pavimento del salone pianoterra, oltre ogni superficie piana lì presente, con gli oggetti più disparati.
Tre servizi di piatti, due di bicchieri; pentole, ciotole, posate.
Tele per quadri e sei cassette di colori e pennelli di mamma, ora passati alla suocera – allieva di Morandi – che che farà buon uso.
Coperte, copriletti, mezzari, tende; lenzuola e asciugamani. Il Libro Segreto degli Gnomi, 25 volumi della Fabbri comprati quando tutti noi 4 eravamo troppo grandi per leggerli, ma che piacevano troppo a tutti noi 4 adulti…Ora li ha in cameretta la nipotina bionda, e vedo nei suoi occhi lo stesso sguardo mio quando li guardavo.
Tazze, tazzine, vasi da fiori, vassoi, piatti di peltro.
Monopoli, Risiko, la Tombola in Napoletano (fantastica), Trivial Pursuit; per le lunghe serate invernali con gli amici, col ricordo di altre lontane – dio, quanto lontane…- serate in un’altra casa in un’altra città.
Appliques e lampadari; aspirapolvere e lucidatrice.
Il servizio in rame per la bourguignonne, che a Torino usavamo soprattutto per la bagnacauda; e una volta papà, portandola trionfante in tavola, inciampò. Evitammo le ustioni, ma il bukara del tinello, nonostante la lavanderia, puzzò d’aglio per anni.
E poi non so, sono ancora più d’una decina gli scatoloni chiusi; e fuori pioviggina lentamente, molto lentamente. Mentre i ricordi mi abbracciano in fretta, troppo in fretta.
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