Vi Racconto Perché Si Dice “Avere il Magone”

magone

Il magone è quella sensazione di stretta alla gola data da un dolore, dalla malinconia o da qualunque cosa provochi tristezza.

Qualcuno, anzi, diciamo pure quasi tutti i vocabolari d’italiano, senza dare spiegazioni, lo fan derivare dal tedesco magen, stomaco, ventriglio.
E il Cortellazzo-Zolli indica, come periodo di diffusione della parola, il XV secolo.

Ma  le origini pare siano molto, molto più antiche e prettamente genovesi.

Era il 205 a.C., e imperversava la Seconda Guerra Punica, romani contro cartaginesi.

Genova era una fedele alleata di Roma; invece quasi tutti gli altri popoli liguri tifavano Cartagine.

Federico Mario Boero, signore delle vernici e scrittore appassionato di storia, nel suo Genova, genovesi e foresti – da Giano a Colombo (ed. Stringa, 1983), così descrisse brevemente quel periodo

Da tre lustri c’è in Italia Annibale: è arrivato quasi in inverno, valicando le Alpi con gli elefanti. Ha incontrato i romani alla Trebbia e li ha riempiti di botte; ha proseguito e li ha riempiti ancora di botte al Trasimeno; è sceso e li ha nuovamente riempiti di botte a Canne. Per anni ha vissuto con il suo esercito nel meridione, ed è il terrore di Roma. Quando le cose cominciano ad andare un po’ meglio per i romani, chiama in aiuto il fratello Asdrubale il quale si precipita in Italia: ma i romani distruggono il suo esercito al Metauro e mandano la sua testa ad Annibale perché sappia.

E qui salta fuori Magone, il fratello più piccolo di Asdrubale e Annibale.

Per aiutare quest’ultimo, partendo dalle Baleari – come narra Tito Livio – piomba all’improvviso con più di 30 navi rostrate e un numero imprecisato di navi da carico su Genova, sbarcandole addosso 12.000 fanti e 2.000 cavalieri.

Fu una rovina; la città venne messa a ferro e fuoco, praticamente distrutta.

Rase completamente al suolo le mura, incendiate le case, le navi, gli orti.

Saccheggiata ogni ricchezza, che Magone portò trionfante nell’oppidum di Savona, sua alleata.

L’inaudita violenza dell’attacco e le spaventose perdite di vite, case e beni, segnarono talmente in profondo l’animo e la memoria dei genovesi che da allora ogni sensazione d’ansia, paura, travaglio, patema e sofferenza venne espressa col modo di dire avéi o magon (pron: u magùn), in perenne ricordo dell’artefice del primo dei tanti momenti brutti che Genova, nella sua lunga storia, purtroppo sarà destinata a vivere.

© Mitì Vigliero

Noli: La Gloriosa e Libera Quinta MiniRepubblica Marinara

Quando Gesù e Pietro andavano in giro per il mondo, accadeva che là dove il Signore si addormentava sorgesse un paese.

Una notte arrivarono in una piccolissima baia della Liguria di Ponente e Gesù, pieno di sonno, decise di dormirvi.
Ma Pietro gli disse: “Noli facere! (non lo fare, ndr) . Non vedi che c’è troppo poco spazio per un paese?”.

Ma Gesù gli rispose “Bene, così ci sarà meno spazio anche per i peccati”.
E in memoria delle parole di Pietro il paese che nacque si chiamò Noli.

Così narra la leggenda ma comunque sia, a passeggiare ora per le sue belle stradine antiche di minuscolo paesino di mare, pare incredibile  pensare  che lì vi sia stata tanta storia concentrata tutta a cercare l’indipendenza da ogni padrone.

Nel 217 aC, completamente distrutta dai cartaginesi invidiosi, Noli non si perse d’animo e si ricostruì diventando un municipium piccolo, ma tanto potente da essere ufficialmente riconosciuto e rispettato da Roma.

Nel 641 d.C.  venne nuovamente distrutta e stavolta dai Longobardi; a ‘sto punto Noli s’incavolò e decise di munirsi di mura e torri “antiforesti” (“foresto” per un ligure è qualunque essere che viva oltre i confini della sua città); ora di torri ne restano solo 8, ma nell’XI sec. erano addiritttura 72.

Però totalmente libera non riusciva ancora ad esserlo, visto che divenne feudo dei savonesi Carretto; e avere quei marchesi sul cranio non le andava proprio giù. Così pensò di cercare aiuto altrove iniziando a guardare con simpatia verso Genova che allora voleva impadronirsi di Spotorno, proprietà del vescovado di Savona nonché acerrima nemica di Noli.

Per ingraziarsi i genovesi, i nolesi nel 1120 devastarono Spotorno consentendo alla Superba di accaparrarsela per un tozzo di pane; in cambio ottennero l’aiuto per sbarazzarsi definitivamente dei Carretto e quando nel 1169 Capo Noli venne dichiarato confine estremo della  Repubblica Genovese, Noli colse la palla al balzo per confederarsi ufficialmente con lei e dichiararsi prima Libero Comune e poi, nel 1192, Repubblica  Indipendente al pari di Genova, Amalfi, Pisa e Venezia, diventando in tal modo a tutti gli effetti la Quinta Repubblica Marinara.

Iniziò così un lungo periodo felice.
Abilissimi maestri d’ascia costruivano  navi agili e veloci perché la minuscola Repubblica era prolifica madre di grandi naviganti: un nome per tutti, Antoniotto Usodimare, vulgo Antonio da Noli, che nel 1460 scoprì le isole di Capoverde.

Sempre moralmente fedele alla Superba, con  la quale  aveva anche combattuto nelle spedizioni antislamiche in Spagna e nelle Crociate del Levante, ottenne sostanziosi privilegi commerciali e mercantili dal re di Gerusalemme e dalla stessa Genova.

Si viveva molto bene in quella microscopica Repubblica ricca, alacre e sicura, dominata dall’alto da un castello così inerpicato sul monte Ursino da impressionare persino l’Alighieri che, secondo la tradizione, lo prese come “progetto” della forma del suo Purgatorio.

Nel 1797, con la distruzione delle Repubbliche da parte di Napoleone,  forse non tutti sanno che  l’ultima ad arrendersi fu proprio Noli, la più ostinata e gloriosa mini Repubblica Marinara che sia mai esistita.

© Mitì Vigliero

(©Corma)

Perché si Dice: Avere il Magone

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Il magone è quella sensazione di stretta alla gola data da un dolore, dalla malinconia o da qualunque cosa provochi tristezza.

Qualcuno, anzi, diciamo pure quasi tutti i vocabolari d’italiano, senza dare spiegazioni, lo fan derivare dal tedesco magen, stomaco, ventriglio.
E il Cortellazzo-Zolli indica, come periodo di diffusione della parola, il XV secolo.

Ma  le origini pare siano molto, molto più antiche e prettamente genovesi.

Era il 205 a.C., e imperversava la Seconda Guerra Punica, romani contro cartaginesi.

Genova era una fedele alleata di Roma; invece quasi tutti gli altri popoli liguri tifavano Cartagine.

Federico Mario Boero, signore delle vernici e scrittore appassionato di storia, nel suo Genova, genovesi e foresti – da Giano a Colombo (ed. Stringa, 1983), così descrive brevemente quel periodo

Da tre lustri c’è in Italia Annibale: è arrivato quasi in inverno, valicando le Alpi con gli elefanti. Ha incontrato i romani alla Trebbia e li ha riempiti di botte; ha proseguito e li ha riempiti ancora di botte al Trasimeno; è sceso e li ha nuovamente riempiti di botte a Canne. Per anni ha vissuto con il suo esercito nel meridione, ed è il terrore di Roma. Quando le cose cominciano ad andare un po’ meglio per i romani, chiama in aiuto il fratello Asdrubale il quale si precipita in Italia: ma i romani distruggono il suo esercito al Metauro e mandano la sua testa ad Annibale perché sappia

E qui salta fuori Magone, il fratello più piccolo di Asdrubale e Annibale.

Per aiutare quest’ultimo, partendo dalle Baleari – come narra Tito Livio – piomba all‘improvviso con più di 30 navi rostrate e un numero imprecisato di navi da carico su Genova, sbarcandole addosso 12.000 fanti e 2.000 cavalieri.

Fu una rovina; la città venne messa a ferro e fuoco, praticamente distrutta.

Rase completamente al suolo le mura, incendiate le case, le navi, gli orti.

Saccheggiata ogni ricchezza, che Magone portò trionfante nell’oppidum di Savona, sua alleata.

L’inaudita violenza dell’attacco e le spaventose perdite di vite, case e beni, segnarono talmente in profondo l’animo e la memoria dei genovesi che da allora ogni sensazione d’ansia, paura, travaglio, patema e sofferenza venne espressa col modo di dire avéi o magon (pron: u magùn), in perenne ricordo dell’artefice del primo dei tanti momenti brutti  che Genova, nella sua lunga storia, purtroppo sarà destinata a vivere.

© Mitì Vigliero