Elemento considerato da sempre preziosissimo, tanto che veniva dato come stipendio (salario) ai magistrati e i soldati romani.
Per questo gli antichi romani l’offrivano agli ospiti in segno di amicizia: lasciarlo cadere significava infrangere quel sacro vincolo, e perciò era un gesto che menava gramo.
E quando una città era stata vinta e rasa al suolo, i vincitori facevano spargere sul suo terreno molto sale per renderlo sterile; quindi anche qui il sale versato portava disgrazia.
Anche oggi quando si rovescia la saliera non è considerato beneaugurante; per evitare la jattura, occorre prendere un pizzico del sale sparso e gettarlo dietro la spalla sinistra.
Però il sale in se stesso ha un valore altamente positivo e benefico, perché è elemento incorruttibile.
Durante i battesimi si posa sulle labbra dei neonati un pizzichino di sale, per infonder loro la sapienza; infatti per definire una persona poco sveglia si dice che “ha poco sale in zucca”.
Il sale porta bene agli esaminandi; basta tenerne un paio di granelli nascosti in tasca il giorno dell’esame.
E da sempre si pensa che protegga dal malocchio: ad esempio (credenza siciliana) ponendo sotto il letto, all’altezza della testa, una tazza piena di sale.
E se una cuoca sala troppo una pietanza, significa che è innamorata.
C’era una volta a Cornigliano, nel ponente genovese, un bellissimo castello in riva al mare, con a fianco una spiaggia dall’acqua limpida. Una spiaggia anche letteraria; fu proprio lì che cadde la Luigia…
Il castello somigliava un poco a quello del Miramare di Trieste e il suo proprietario era Edilio Raggio (1840-1906) , personaggio amatissimo dai genovesi e considerato allora l’uomo più ricco d’Italia.
Fornitore ufficiale di carbone della Marina e delle Ferrovie, creatore della Società Trasporti Marittimi Raggio&C, fondatore a Sestri Ponente del primo stabilimento di siderurgia della Ferriera, proprietario di miniere, altoforni, industrie di macinati, zuccherifici, cotonifici, assicurazioni, banche. La sua fortuna oscillava dai 150 ai 200 milioni di lire annue.
Per erigere il castello, Edilio nel 1879 pagò il terreno 50.000 lire (1000 lire di allora valevano circa 3.500 euro). Per costruirlo, ne spese 660.000.
In quel maniero, sia con lui che con suo figlio Carlo, venne ospitata la Storia: Umberto I, la regina Margherita, Giolitti e nel ’22 i rappresentanti di 34 nazioni, capitanati dal ministro Facta, in una Conferenza destinata a riorganizzare l’economia del dopoguerra.
In quegli anni (e precisamente nel 1926) nacque l’idea di far nascere “la Grande Genova”, realizzando un’area industriale con grandi impianti siderugici, e nel ‘38 iniziarono i lavori dell’aeroporto. Poi tornò la Guerra; gli eredi di Raggio sfollarono nel basso Piemonte, e la Storia si scatenò, ma non in modo positivo. Sulla spiaggia a fianco del Castello deserto, dapprima vennero create rudimentali saline ove s’evaporava l’acqua di mare su lamiere scaldate da fornelli.
C’era bisogno di legna da ardere; vennero distrutte le piante del giardino, e i fumi danneggiarono le pareti interne. Nel 1940l‘Ansaldo pose sempre sulla spiaggia i cannoni per collaudarli, danneggiando con le vibrazioni gli affreschi e gli stucchi dei grandi saloni; poi venne occupato da un presidio militare di 300 soldati austriaci agli ordini delComando Tedesco e, infine, il 25 aprile del ’45 i partigiani lo assaltarono.
Nel ‘46, del Castello rimaneva solo lo scheletro in muratura; spariti arredi, gradini e balaustre di marmo, serramenti, orditure del tetto, tubature. La gente tornava lentamente alla spiaggia, libera dai cannoni e dall’acqua ancora limpidissima; i bambini giocavano nell’immenso rudere, sotto gli alti soffitti completamente sfondati dai quali si vedeva un cielo ancora azzurrissimo.
Poi la Finsider (Iri) iniziò a mettere in pratica il Piano Sinigaglia
Il 18 aprile 1950, Edilio Raggio marchese D’Azeglio (figlio di Carlo) vendette per 12 milioni (1000 lire del ’50 valevano circa 12 euro) il castello all’ingegner Mario Ricci.
Il 14 aprile del ’51, uomini vestiti con le tipiche divise di velluto a coste dei minatori, minarono il rudere; suonò la tromba d’avviso, vi fu un’esplosione: alle 17,50 era tutto finito e scomparso.
Però sono ancora in molti a vedere con gli occhi della mente, di fianco alle acciaierie di Cornigliano, la figura del Castello Raggio: impalpabile e pallido fantasma di tempi, regni, fortune svaniti dalla terra, ma non dalla memoria.
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