Nel primo cassetto del comò

como

Purtroppo capita a tutti prima o poi di dover svuotare le case di nonni, zii e genitori che non ci sono più. Io in questi ultimi anni ne ho svuotate tante… E mi sono accorta che i contenuti del primo cassetto dei vecchi comò – ampi, profondissimi, capaci di contenere un mondo intero – appartenuti a persone nate all’inizio dell’Ottocento o ai primi del Novecento sono praticamente identici.

santini

Libretti da Messa, immaginette, santini, miriadi di medagliette di santi attaccate a minuscole spille da balia. E veli da messa in pizzo, bianchi e neri. Fazzoletti ricamati, minuscoli se femminili, enormi e cifrati, di spesso lino e cotone se maschili; nuovissimi, intonsi perché “troppo belli per essere usati”.

guanti

Poi guanti di pizzo sottile come ragnatela o di pelle divenuta dura come cartone; minuscoli bottoni in madreperla, tondi bottoni per colletti di camicia. Colletti e polsini di cotone inamidato o in celluloide; carte veline sottilissime contenenti fiori secchi, bomboniere ancora con i confetti dentro.

manicure

Scatoline di stoffa ricamata con il necessaire per la manicure; pettini d’osso, spazzole morbidissime che spolveravano i capelli più che districarli. Scatolette metalliche piene di monetine fuori corso; portafogli e borsellini d’ogni materiale o dimensione con dentro monete di carta da 1 lira, biglietti di teatro, ricevute d’offerte alla parrocchia o tessere di qualche associazione.

lettere

Pacchi di lettere scritte con inchiostro e pennino, legate con cordini o nastrini di seta, tutte con la minuta allegata. Lettere d’amore, lettere d’auguri, lettere dal fronte; lettere di parenti lontani che annunciavano visite, matrimoni, nascite e morti. Le partecipazioni di quelle nascite, matrimoni, morti. E lettere “d’affari”; testamenti, preventivi di lavori in muratura, acquisto beni vari, contratti, elenchi notarili di dote, note di affitto, ricevute d’acquisti, quadernini contenenti le spese di ogni mese, anche le più piccole; calendarietti e agendine mai usate.

villa Ida

E fotografie, tante fotografie; piccole, spesso dai bordi ondulati, carta spessa, color seppia o in bianco e nero. La più belle venivano tramutate in cartoline, da spedire a persone lontane. Foto di case, paesaggi, animali, paesi. Volti di amici, parenti, coscritti, compagni d’arme, di scuola, di caccia; neonati fasciati come mummie o nudi su pelli bianche; bimbi battezzandi, comunicandi e cresimandi; gruppi di persone in gita, raggruppati vicino a una sposa, a tavola, seduti sui prati, su panchine in giardino, su scogli in riva al mare. Persone appoggiate – col vestito bello – a colonne di marmo o poltrone da scena con dietro tendoni drappeggiati; ore di posa in studi di fotografi professionisti, lampi di magnesio, volti un po’ perplessi, serissimi, sempre.

In questi anni ho ricostruito vite intere grazie a quelle lettere, biglietti, quadernini, fotografie.

Ho visto i volti di quadrisnonni e trisnonni, ho conosciuto il prezzo e il giorno d’acquisto di
oggetti ancora in casa, ho scoperto che il centrino di lievissimo pizzo posato da sempre sul tavolino in salotto è in realtà è un pezzotto genovese regalato da una futura suocera a una futura nuora; ho finalmente capito perché avevano murato porte per riaprirle altrove (“troppo dappresso alla canna fumaria del camino” scriveva al muratore una bisnonna “ogni volta si crepa lo smalto dell’uscio”); ho condiviso l’ansia di mogli coi mariti al fronte, ho saputo il giorno esatto in cui una madre scoprì d’essere incinta e ciò che fu servito durante un pranzo di nozze del 1933.

E mi sono chiesta: i nostri figli e nipoti e i figli dei nipoti potranno ricostruire in modo così accurato le vite familiari passate?
Le fotografie ormai sono tutte digitali; tranne rari casi in cui vengono stampate, rimangono in computer o cellulari. E dopo 10, 20, 40 anni, di sicuro il sistema di lettura di quei file sarà cambiato. La stessa cosa accaduta con le videocassette che contenevano i filmini dei matrimoni; o per vederle ora le riversi in altro sistema, o ti procuri un videoregistratore ancora funzionante.
E le lettere? Fra telefonate ed email resterà ben poca traccia delle nostre comunicazioni, importanti o meno…

Di sicuro chi svuoterà i futuri cassetti dei suoi vecchi – e non cassetti come quelli, non si usa già più il monumentale comò nelle camere da letto – farà più in fretta.

Ma forse – lo chiedo a voi – non avrà, nella sua vita, radici più sottili?

alberogenealogico© Mitì Vigliero 

La Luna: un po’ Fata, un po’ Strega. Ma sempre Magica.

Dopo una giornata trascorsa con gli occhi rivolti all’ingiù per leggere pratiche e documenti,  scrivere al pc, seguire brutte notizie su monitor e schermi, affrontare  terrene, banali e solite grane, per disintossicarsi è bello la sera affacciarsi alla finestra e alzarli finalmente, quegli occhi, a guardare la Luna.

Pallida e luminosa, più dolce del Sole perché se lui è simbolo di forza, concretezza, razionalità, lei è introspezionesenso del sovrannaturale, della poesiariflessione, ingredienti di cui l’umanità pare sempre più carente.

La Luna rimarrà sempre un mistero, nonostante l’uomo sia riuscito a passeggiarci sopra seminando sui crateri sismografi, microfilm, palline da golf, bottigliette di Coca Cola, bandierine di plastica, dimostrando una volta di più che ovunque il Bipede Raziocinante passi debba lasciare segni tangibili della sua superba presenza con cumuli di spazzatura.

Ma per me resta sempre l’intatta Luna, quella che dialogava col Pastore Errante e sorniona non rispondeva alla domanda

Che fai tu Luna in ciel,
dimmi che fai, silenziosa Luna.

Anche ora continua a guardarci dall’alto, e credo che sia un po’ malinconica perché le mancano le poetiche dediche passate, sensuali come la dannunziana

O falce di luna calante 
che brilli sull’acque deserte

o la stranamente dolce definizione di un futurista come Luciano Folgore

…morbida
come un cuscino di piume

fino alla gozzaniana

…romantica Luna fra un nimbo leggero, che baci le chiome
dei pioppi, arcata siccome un sopracciglio di bimbo…

Signora solo apparentemente incurante dei nostri dubbi e delle nostre cure, rimane serena lassù, la bella faccia tonda e un po’ attonita china ad osservare noi, sempre più simili a formichine omologate costrette a camminare in fila seguendo non più istinti, ma comandi.

Talvolta si commuove, e per risvegliare la nostra fantasia tenta di stupirci vestendosi di rosso fuoco, o sembrando appesa apposta nel cielo da qualche Cupido che voglia ammaliarci: chi è che in una placida notte di chiaro di luna non ha almeno sognato di poter dare e ricevere un bacio, e poi due e poi mille ancora?

La guardo e mi chiedo quanti sospiri d’amore corrisposto o di lancinante solitudine abbia ascoltato in questi millenni; quante lacrime e quanti sorrisi abbia tinto d’argento; quanta gioia e quanto dolore abbia carezzato e assorbito coi suoi raggi.


(foto©Tiziano)

Perché la Luna, come l’amore e tutti gli altri sentimenti, è volubile. E della volubilità è il perfetto simbolo.

Varia il suo aspetto da pieno a tre quarti, da mezzo a unghia sottile; lunatico è detto chi cambia spesso umore e non per nulla dominato dalla Luna è l’ipersensibile e dolce segno del Cancro, capace di passare dal riso al pianto nel giro di un battito di ciglia…

Per tutto questo mi affascina la Luna, un po’ fata e un po’ strega: proprio come le umani passioni può dare emozioni, ma fare anche paura.


(foto©Flowery Luza)

Regola maree, flussi, parti, semine e raccolti; però alla sua luce si svegliano pure i lupi mannari, si acuiscono i mali della mente.

Otello, subito prima di tirare il collo a Desdemona, diceva “è colpa della Luna; quando si avvicina di più alla terra rende gli uomini folli”.

In questi ultimi tempi deve essersi avvicinata un po’ troppo, vista l’imperante e collettiva pazzia che ci circonda.

Continuo a guardarla, e ricordo l’Ariosto quando raccontava che sulla Luna finiscono tutte le cose perdute e dimenticate dagli uomini: ideali, lumi della ragione, giuramenti, progetti, reputazioni, onestà, giustizie, obiettività, amori, senno, promesse, amicizie…

E riabbassando gli occhi a terra realizzo di colpo che se Astolfo ci tornasse ora, sulla Luna, troverebbe il materiale aumentato a dismisura.

©Mitì Vigliero

Stasera alle 22:22.56 ci sarà la Luna dei Regalini: avete pronti i 3 desideri?

L’Ombra che illumina: Bologna, un Amico, Pensieri.

Questi giorni di assenza li ho passati a Bologna, città che grazie all’uomo che amo e che condivide la mia vita, da tanto tempo ormai ho imparato a conoscere ed amare.
Tornarci di solito per noi è una gioia, ma questa volta è stato doloroso; è mancato un nostro carissimo amico. 
Adorava la sua vita, che trascorreva con entusiasmo, continuamente pieno di progetti ed idee.
Aveva un lavoro che gli piaceva moltissimo e a cui si dedicava con passione; una donna innamorata al fianco, amici, solidità economica, serenità.
Aveva la nostra età; non beveva, non fumava, era sportivissimo, iper attento alla dieta e alla salute. 
Eppure in soli nove mesi, quello che eufemisticamente viene definito un brutto male, se l’è portato via.
E questi giorni passati in una Bologna sempre più bella e piena di sole, sono trascorsi come in un’altra dimensione silenziosa, “ferma” e ovattata, in cui i pensieri si univano ad altri pensieri da me purtroppo già vissuti in altre occasioni simili.

Perché la Morte insinua sempre la riflessione introspettiva in chi resta. E Lei, che solitamente viene definita Buio e Ombra, in realtà – e in modo paradossale – mostra più chiare le situazioni, illumina tutto ciò che sino a quel momento è seminascosto dall’ombra, svelando a chi resta il Senso dell’Esistenza umana.

Che è semplicemente quello di vivere giorno per giorno godendo di ogni momento bello, ridimensionando il più possibile rabbia o scontentezza.
Basarsi solo sul concreto, su ciò che si può toccare, vedere e sentire da vicino e di persona; sfuggire gli urli e ascoltare soltanto parole modulate con voci calme ed obiettive; non dar corda agli arroganti, ignorare gli isterici, isolare la maleducazione, sfuggire la malafede. Non farsi accecare dalle ideologie e dai preconcetti. Di ogni cosa, osservare sempre ogni angolazione, cogliendone ogni sfumatura: e poi trarne le conclusioni. Scansare progetti faraonici, concentrarsi soprattutto sul piccolo ma necessario e urgente. Non lottare coi mulini a vento. Se qualcosa si rompe – in senso metaforico – tentare di metterne insieme i cocci, ma senza intestardirsi ossessivamente, perdendoci troppo tempo: è prezioso, il Tempo. E anche galantuomo; può darsi che risistemi tutto lui, può darsi che invece faccia in modo di farci capire che non ne valeva proprio la pena. Non rinunciare a troppo, non pretendere troppo. Stare vicino agli amici, pochi ma veri. E dire “ti amo” a chi si ama, ogni giorno. 

Lo so, può sembrare estremamente difficile; però basta pensare che la nostra vita è davvero una e una sola, fragile come cristallo, instabile come una piuma. 
Ma è meravigliosa e degna di essere goduta appieno, attimo per attimo. Sempre.