Quale il vino, tale il latino

Proverbi e Modi di Dire sul Vino

Bacco del Caravaggio

“Se Dio avesse proibito il vino, perché mai l’avrebbe fatto così buono?” si chiedeva il Cardinale Richelieu.

Per gli spagnoliun pasto senza vino è come un giardino senza fiori”, ma deve essere sempre dei migliori perché “la vita è troppo breve per bere del vino cattivo”.

A questo proposito esiste il curioso modo di dire “quale il vino, tale il latino” la cui origine è questa; un professore di latino, invitato a pranzo un suo scolaro, gli offrì un vinello insipido e molto giovane: chiedendogli come lo trovasse si sentì rispondere “Bonus vinum”.
Allora gli diede un bicchiere di vino vecchio e profumato, gli domandò come fosse e la risposta fu: “Bonum vinum”.
E quando il professore fece notare l’errore grammaticale della prima risposta, l’allievo rispose: “Quale vinum, tale latinum”.

A proposito di intellettuali, Baudelaire era convinto che “Chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere”, forse perché “in vino veritas”. 

Se per i piemontesichi beve barbera ha la mente sincera”, i francesi osservano che anche gli stati d’animo influiscono sulla scelta del vino: “chi beve bianco è vicino al pianto, chi beve rosso ha la gioia indosso” e in ogni caso, concludono i tedeschi sempre estremamente logici, “anche il vino bianco fa il naso rosso”.

Ma i veneti ammoniscono di non mescolare troppi vini: “bianco e negro, menami a casa”, bianco e rosso, portami a casa perché avendoli bevuti tutti e due, sono talmente ciucco che non sto in piedi.

Per questo gli olandesi dicono: “il vino è un buon cavallo, ma spesso getta a terra il cavaliere”.

E se per i romagnoli  è “mej puzé ‘d ven che ‘d zera”, meglio puzzare di vino che di cera, quella dei 4 moccoloni sistemati solitamente attorno alle bare, può essere anche giudicato musulmanamenteil dolce veleno di Satana”, tentatore gradevole che può far molti danni rendendo, come minimo, l’uomo troppo bevitore “da leone a co***” (la rima mettetecela un po’ voi ;-)).

Sì lo sappiamo tutti che “buon vino fa buon sangue” e “l’acqua fa ammalare e il vino fa cantare”; lo dicevano anche Maria Monti e Giorgio Gaber in quella vecchia canzone da osteria in cui per ogni male era consigliato un vino diverso.
Ad esempio: “Se ti viene l’insolazione/ non far uso di rinfresco/ bevi bevi del barbaresco/ e ogni mal ti passerà” e che terminava così  “Per gli uomini dabbene/generoso il vin si versi/ che l’acqua serve pei perversi/ Il Diluvio lo provò”. 

E sempre la Monti cantava come annegare i dispiaceri nel vino: E’ meglio un bicchier di dalmato-che l’amor mio….

Vabbé che secondo i friulanifruts e i cjòcs e’ àn simpri l’agnul custode cun lôr“, bambini e ubriachi han sempre accanto l’angelo custode: ma anche ai miracoli c’è un limite.

Infatti “chi va a letto ubriaco si leva invecchiato”, a meno che non vi si sia andati “ubriachi d’amore e di felicità”, perché l’ubriachezza, dicono i saggi cinesinon è colpa del vino, ma di chi lo beve”.

©Mitì Vigliero

Come nacquero i giornali

 Giulio Cesare nel 59 aC istituì gli Acta diurna (fatti del giorno), bollettini ufficiali delle notizie provenienti dall’Urbe che venivano letti nelle piazze o affissi sui muri delle città delle province dell’Impero; raccontavano leggi emanate, spostamenti di truppe, carestie, pestilenze, decreti, processi ecc.

Settimio Severo, che non concepiva che il vulgo fosse tenuto informato dei fatti che lo riguardavano, li abolì; seguì un lungo periodo di silenzio interrotto soltanto dalle notizie spesso rivedute e corrette divulgate a pagamento dai subrostrani (lett. “fannulloni sotto i rostri”) la cui “redazione” si trovava nel Foro.

In epoca di Repubbliche Marinare i mercanti, che avevano assoluto bisogno di conoscere le situazioni politico/economiche dei luoghi lontani, assoldavano informatori nelle capitali estere; per risparmiare formarono cooperative per assumerne uno solo per grande città.
Costui, per organizzare meglio il lavoro di agenzia, ingaggiava a sua volta altri informatori sparsi nei centri vicini; si arrivò così in breve a un “costo copia”, ossia a un prezzo fisso per ogni lettera di informazione.

Il sistema fu utilizzato anche dai menanti  che nella Roma del 1450 compilavano i Fogli d’Avviso per i forestieri  lì in visita  che avrebbero sennò ignorato per mesi le notizie di casa loro.
I menanti assoldavano informatori (oggi li chiameremo “inviati“) sia nell’ambiente del Papato sia in quello diplomatico, oltre tanti copisti (da qui copia) ai quali dettavano le notizie che questi scrivevano manualmente.
A Venezia i Fogli d’Avviso costavano 2 soldi cioè unagazzetta”: da qui l’origine del nome.

Nel 1465 iniziarono a diffondersi i primi giornali stampati; in realtà si trattava di fascicoli composti di 4-8 pagine che raccontavano un solo avvenimento politico, religioso o di cronaca: venendo distribuiti nei territori da corrieri a cavallo, presero il nome di “Corriere” in Italia e di “Post”  nei paesi anglosassoni.

Il primo giornale stampato regolarmente uscì nel 1609 a Stoccarda, un foglio settimanale (Aviso-relation der Zeitung) edito da J. Carolus: fu un enorme successo commerciale che diede vita ad altri fogli sparsi per il mondo.

Presto però i governanti dei vari paesi si accorsero che era nato un potere forse più grande del loro: la diffusione rapida e capillare delle notizie  pesava sull’opinione pubblica scatenando talvolta elogi, ma più spesso critiche e polemiche.
Nacque così la censura: ogni foglio, prima di poter essere messo in vendita, doveva ottenere l’imprimatur governativo.

L’unico che intuì l’importanza della stampa fu il cardinal Richelieu che volle un organo ufficiale nazionale, avendo capito quanto fosse meglio dirigere le notizie piuttosto che tentare di soffocarle.

Nel 1631 fondò la Gazette de France diretta da Théophraste Renaudot al quale fu concesso di tramandarne la direzione ai suoi posteri.
La Gazette ebbe un immenso successo per un semplice motivo: diffusa in tutta Europa, tradotta in italiano, inglese e tedesco pubblicava tutte le notizie che erano state censurate in quei paesi.

Nel 1695 in Inghilterra venne abolita la censura; questo scatenò una prolificazione di testate private e fece del giornalismo una vera professione.
Proprio a Londra nacquero il primo quotidiano The Daily Courant (1702) e il primo giornale della sera Evening Post ; nel 1711 uscì il quotidiano Spectator, il più simile ai nostri odierni per la vastità delle rubriche; politica, scienza, cultura spettacoli, viaggi, moda, critica, arte, pettegolezzi eccetera: e quell’anno stesso nacque ovviamente anche la querela per diffamazione a mezzo stampa.

© Mitì Vigliero