“Dottore mi go ‘l Cinciùt!” Viaggio Fra I Folletti Italiani

Non trovate più occhiali, chiavi o orecchini appena posati sul tavolo?

Inciampate su un pavimento di piattissimo marmo?

Non preoccupatevi, non siete distratti o maldestri: è tutta colpa dei Folletti.

Ormai le nostre menti razionali li hanno dimenticati, eppure per secoli tutta Italia vi ha creduto e ciascuna regione ha il suo, dotato di particolari caratteristiche.

Ad esempio i Maget (Valtellina) provocano le valanghe; i Mamucca (Messina) e gli Augurielli (Puglia e meridione in genere) nascondono gli oggetti con particolare predilezione per quelli di metallo luccicante, prezioso o meno; i Mazzamorelli (Macerata) sono i responsabili degli inquietanti scricchiolii delle vecchie case mentre in Calabria Fajetti, che vivono nei solai e nelle cantine, provocano rumori terribili obbligando gli umani a correre col cuore in gola sul posto – ogni volta inutilmente – per vedere che diavolo sia accaduto.

Napoli e dintorni imperversa il Munaciello, un omino pelato, massiccio e vestito di sacco che entra nelle case rubando preziosi e denaro o nascondendoli da altre parti.

A Foggia lo Scazzamuredd’. Dicono sia l’anima di un bambino mai nato alla ricerca di una famiglia; è dispettoso, ma se lo si rispetta e gli si lascia sempre qualche dolcino, dona fortuna e denaro. Però se si confida a qualcuno di avere uno Scazzamuredd’ in casa, questo fuggirà alla ricerca di un’altra casa e portandosi dietro la fortuna.

In Alto Adige ci sono i Morkies, gelosi dei loro sentieri di montagna pullulanti turisti, prendono la forma di strane radici e rami contorti fissando chi passa con occhi malefici; il tapino, sentendosi improvvisamente a disagio, si allontana rapidissimo togliendosi dai piedi.

Quasi simili sono i valtellinesi Palendrùns, responsabili di piccoli fastidi agli escursionisti: improvvisi crampi, pruriti, starnuti a raffica ecc.

Invece i Barbanèn (o Cardinalèn perché veston di rosso) della zona di Imola si divertono a creare per terra invisibili ostacoli per far inciampare la gente.

Sulle coste triestine il Foléto Marin straccia le vele delle barche; il veneto Gamberetòl anfratta gli attrezzi da lavoro di contadini e giardinieri; il bergamasco Gambastorta sposta le tegole sui tetti mentre il cattivissimo ticinese Encof ostruisce di notte gli scarichi delle stufe per intossicare i dormienti.

Vostro figlio piccolissimo improvvisamente scoppia a piangere disperato e poi si mette di botto a ridere?

Tutta colpa del piemontese Luo Barabiccu: è lui che prima spaventa i bambini, e poi fa loro il solletico.

Più simpatico è il lucchese Giosalpino, che li fa divertire come matti; gli adulti si accorgono della sua presenza perché i pargoli diventano di colpo scatenati, correndo come posseduti in ogni dove e sghignazzando in preda a irrefrenabili attacchi di stupidéra acuta.

A sua volta il calabrese Fudeddu, mentre i bimbi dormono nei lettini, gioca con loro come fossero bambolotti, scoprendoli in continuazione e mettendoli nelle posizioni più strane.

Invece Calcaròt (Veneto), Fragòa (ToscanaCiappin (Lombardia), Manteillon (Val d’Aosta), Gaguro (Puglia) e molti altri hanno l’insana abitudine di sedersi sul petto degli adulti addormentati, provocando loro un senso d’ansia e soffocamento.

Per questo accade che medici chiamati d’urgenza da ansimanti vecchiette triestine, alla domanda “Signora, ma cosa si sente di preciso?” ottengano come decisa risposta: “Mi go ‘l Cinciùt!”

© Mitì Vigliero

Come dite voi “Chiacchierona”?

VAL D’AOSTA
bavàrda, brahòla, brehulì, giacatàna.
 
LIGURIA
ciancèta, ciaciarùna, ciarlàna, ciarlùnna, petegolòna, martiéla
 
PIEMONTE
babiàcia, bavàrda, cerevèla, ciaciarùna, cianciùnna, ciapulèra, ciaramelìara, ciarlùna, ciciarùnna, ganascèra, ganasùnna, lenguàza
 
LOMBARDIA
bausùna, ciaculùna, cicerùna, ciciarùna, lenguasciùna, slenguasùna, tambèrla, terlèca.
 
EMILIA-ROMAGNA
bacaiàn-na, bacaiòna, bartavèla, cicaràn-na, ciciaròna, cucaròna, slinguasòn-na, zbabaròna.
 
TRENTINO
baiòna, bàtula, batulòna, ciaceròna, ciaculòna, lengualùnga, zlambrotòna.
 
VENETO
ciaciaròna, ciacugliòna, ciacolòna, ciaquiòna, sigaiòna.
 
FRIULI
ciacaròna, petezzòna.
 
TOSCANA

ciarlòna, pettegolòna.
 
UMBRIA
ciarlòna
 
MARCHE
ciarlòna, chiacchiaràna
 
LAZIO
ciarlòna
 
ABRUZZO
chiacchiarésse
 
MOLISE
ciacciòsa, ciarlatàra
 
CAMPANIA
chiacchieréssa, ciaulòna, tràcchena.
 
PUGLIA
chiacchiarèsse, chiacchiaròsa, malalénga, quacquarèra.
 
BASILICATA
lennalònna.
 
CALABRIA
ciarratàna, lingualònga, parrettèra, vatalàra.
 
SICILIA
lingualònga, sciusciulùna, sparratùra.
 
SARDEGNA
ciacciaròna, limbimànna, limbùta, zarròna.

Altri?

Nicola Mattina: A Roma una che parla molto la chiamano “bocca a ciavatta”… invece una che bofonchia continuamente “pentola de facioli” :-)

Skip: In napoletano si dice nciucèssa ( ma significa pettegola). “Stancacervelli”, non è un termine dialettale, ma in uso nella mia famiglia e rende bene l’idea :)

Alianorah: Il figlio del Capo mi dice che sono come una grondaia sfondata in un giorno di pioggia. Ma non è un’espressione dialettale :-)

Roger: In Toscana CIANA….Ciana l’è una comare a bocca larga… sta attent’a quella là, perché l’è una ciana! (continua)

Caravaggio: in siciliano si dice anche liguapizzuta .

Maurizio: Culu te jaddhina (culo di gallina), nel leccese. *

Catepol: A Vibo/Calabria si dice “pittula

Marea di Luce: sempre in calabria, sulla costa tirrena: lingùta e cianciara.

Eli: …e se chiacchierando fa pure tanto chiasso, alla romana si dice che e’ una “caciarona

Tittieco: A Genova si dice anche: “ciattélla”.

Stefi: In prov di Milano si dice anche betonega [be’tonega], con “o” aperta. E vuol dire pettegola.

JillL: a Ferrara ciacarona  (parché la ciacara tant!!!)

Andrea Perotti: se non sbaglio in Ticino per dire che una persona è un chiacchierone si dice: “L’è un lapòn!” (deriva da “Lapa”) :)*