Tutti conoscono Castel Sant’Angelo a Roma, l’ex mausoleo (Mole Adriana) voluto appunto da Adriano nel 123 dC , divenuto poi fortezza e in seguito sede papale; ma pochi forse sanno che l’immenso angelo in bronzo che svetta sulla sua cima è solo l’ultimo di una lunga serie.
Innanzitutto l’angelo è l’arcangelo Michele; Papa Gregorio Magno, nel tentativo di implorare l’intervento divino per porre termine alla tremenda peste che nel 590 flagellava la città, organizzò una solenne processione: quando il corteo giunse di fronte alla Mole Adriana, Gregorio ebbe la mistica visione dell’arcangelo che – imponente sulla cima del tetto – riponeva nel fodero la sua spada fiammeggiante, simboleggiando così il termine dell’epidemia.
Così nacque il nome di Castel Sant’Angelo, e la prima statua raffigurante l’apparizione prodigiosa venne posta prima del 1277; era in legno, e venne distrutta durante un assedio nel 1379.
Allora venne sostituita da un angelo in marmo, ma probabilmente il materiale era scadente tanto che dopo poco si sbriciolò e cadde giù.
Nel 1453, Papa Alessandro VI Borgia ordinò che venisse fabbricata una terza statua sempre in marmo unito però ad alcune parti metalliche per renderla più robusta.
Ma l’accorgimento servì a poco quando, il 29 ottobre del 1497, l’angelo spiccò letteralmente il volo non per miracolo ma saltando in aria a causa di un’esplosione di cui Giovanni Burchkardt, cerimoniere pontificio, ci ha lasciato la cronaca:
“ Verso l’ora XIV una folgore con un colpo solo bruciò la torre superiore e principale di Castel S. Angelo; le polveri che stavano lassù per la munizione di detto Castello scoppiarono, per cui tutta la parte superiore della torre comprese le mura e il grossissimo angelo marmoreo furono totalmente ed a grande distanza scagliati.”
Di fretta e furia venne costruito un quarto angelo, questa volta in bronzo: materiale che fu estremamente utile durante il Sacco di Roma del 1527, per essere fuso e trasformato in cannoni.
Nel 1544 lo scultore Raffaello da Montelupo ricevette da Papa Paolo III Farnese l’incarico di forgiare nel marmo un quinto angelo dalle ali di bronzo; questo durò per due secoli sino a quando il Cardinal Costanzo Caracciolo Santobono non convinse il pontefice Benedetto XIV Lambertini a sostituirlo, visto che le intemperie lo avevano assai rovinato e rischiava a sua volta di rovinar di sotto.
Messo l’angelo del Montelupo in pensione nel cortile d’onore del Castello ( detto anche “cortile delle palle”, per via di mucchi di palle da cannone di ogni calibro che lì sono ordinatamente ammassati) dove ancora si può vedere, Papa Lambertini incaricò il fiammingo Pietro van Verschaffelt di fabbricarne un altro; il più grande di tutti e di robustissimo bronzo.
Dal 1752 il sesto angelo svetta dorato (quand’è pulito, altrimenti è verderame) sulla cima del Castello; cambiò colore solo nel 1798 durante la discesa napoleonica in Italia, quando i francesi lo dipinsero di bianco, rosso e blu, gli misero in testa un berretto frigio battezzandolo – con fiero sprezzo del ridicolo – “Genio della Francia liberatrice di Roma”.