Nella Biblioteca Braidense si trova un opuscolo di 67 pagine intitolato “Giornale circostanziato di quanto ha fatto la Bestia feroce nell’Alto Milanese dai primi di Luglio dell’anno 1792”.
L’anonimo autore, gazzettiere (giornalista) dell’epoca, racconta in tempo reale ciò che iniziò il 4 luglio del 1792, a Cusago.
Domenico Cattaneo, 13 anni, aveva portato la vacca al pascolo; giunta sera però non era tornato a casa.
Il padre allarmato cose a cercarlo insieme ad altri; nel bosco trovò la vacca che pascolava, le vesti del bimbo sporche di sangue e accanto il corpo del bimbo, quasi del tutto divorato.
Livido n’ era, e sommamente gonfio il volto; ma mancante del naso: mangiato n’ era il petto, e quanto restava esposto alla voracità della Fiera di quel corpo supino: le braccia, le gambe, e gli intestini separati dal corpo erano rimasti come un rifiuto; ma il fegato era stato mangiato in parte: del vestito non vedeasi, che qualche resto di camiscia lorda di sangue.
Ma divorato da chi?
I lupi, si disse.
La zona ne era piena, come gran parte di quella campagna lombarda.
Ma l’8 luglio, a Limbiate, fra dei bambini che pascolavano mucche piombò “una brutta bestia simile a un grosso cane, ma d’orribil ceffo e di strana forma. Testa molto larga, muso acuto, grandi denti esterni e macchiato al disopra, bianchiccio al di sotto, coda folta e riccia” che afferò alla gola Carlo Oca, 8 anni, trascinandolo nel bosco e sbranandolo.
L’11 luglio a Corbetta, Giuseppa Soracchi di anni 6 tornava verso casa insieme alla sorella e le mucche; all’improvviso la Bestia balzò da un cespuglio e l’afferrò alla gola, trascinandola via.
Il Governo promulgò disposizioni di Caccia Generale in cui s’invitavano tutti, contadini e cacciatori, ad armarsi usando armi proprie o prese in prestito dalla Civica Armeria:
LA Congregazione Municipale di Milano notifica al pubblico d’ avere in via sussidiaria alle providenze già date dalla Regia Conferenza Governativa, ed attese le straordinarie circostanze del caso, stabilito un premio di Zecchini 50 per l’ uccisione di quella qualunque Bestia, che da qualche tempo infesta la Provincia, e diè morte ad alcuni fanciulli riportandosi per la prova, e pagamento al disposto nel recente Avviso della prefata Regia Conferenza, e di avere inoltre ordinata per agevolare tale uccisione la consegna de’ fucili, e bajonette dell’ armerìa civica, che si richiederanno per le Comunità dai Regi Cancellieri distrettuali muniti delle opportune facoltà contro loro obbligo in iscritto di farne la restituzione in istato lodevole tosto cessato il bisogno.
C’era anche una taglia per chi l’avesse uccisa, e aumentava di giorno in giorno: da 50 zecchini a 150, oltre la gloria imperitura.
Il Sig. Cavalier Sannazzari, proprietario di “un ricco Museo del Regno Animale”, aggiunse altri 20 zecchini pur di averne la spoglia.
I cacciatori, venuti anche da altre zone, battevano i luoghi dei primi “omicidi” scortando i bimbi ai pascoli; ma la Bestia l’1 d’agosto colpì a Senago divorando Antonia Beretta, anni 8.
Un testimone disse che la “predatrice Fiera era alta due braccia, alta uno e mezzo, testa porcina, orecchie cavalline, pelo caprino, bianchiccia sotto, rossiccia sopra, gambe sottili, piede largo, ugne lunghe e grosse, largo petto, stretto fianco”.
Le descrizioni dei superstiti convinsero gli esperti che non di lupi doveva trattarsi, bensì di una jena; un tal Bartolommeo Cappellini, girovago, ne aveva tempo prima portate due a Milano, racchiuse in una gabbia: le mostrava al pubblico come “curiosità esotica”, facendo pagare il biglietto.
Ma ultimamente di jene il Cappellini ne aveva una sola; interrogato dalle autorità l’uomo dapprima si mostrò evasivo dicendo che una era morta, poi se la diede a gambe prima che i gendarmi potessero torchiarlo a dovere.
Intanto la Bestia era vicinissima alla città: l’11 agosto colpì a San Siro, solo un miglio “fuor di Porta Vercellina”; la vittima fu Regina Mosca, anni 12, in un campo di granturco.
La sera, a Boldinasco, sbranò un altro dodicenne, Dionigi Giussani.
Si moltiplicarono gli avvisi, le taglie, gli allarmi, gli attacchi, sino a quando il 18 settembre giunse la notizia che la Bestia era finalmente caduta nella trappola di una delle tante “fosse lupaje” scavate nei terreni proprio nella speranza di acciuffarla; era una lupa, alla quale venne fatta regolare autopsia prima d’esser imbalsamata ed esposta al pubblico.
Le analisi però lasciarono molti dubbi; le ferite lasciate dai denti e dalle unghie sulle carni delle povere vittime non coincidevano con quelle lupesche. Però a lupon catturato non si guarda in bocca, e questa storia finisce qui.