Dagli Analfabeti Alla Mugliéra: Proverbi e Modi di Dire Con La Parola “Croce”

Chissà se esiste ancora qualcuno che “firma con la croce”, come un tempo facevano gli analfabeti.

Di certo ci sono sempre quelle che ricamano “a punto croce”; quelli che ammirano di notte la “Croce del Sud”; quelli che tengono “le dita incrociate” per scaramanzia o quelli che semplicemente, avendo gli “occhi a croce”, soffrono di strabismo.

Per non parlare di quelli che paiono nati apposta per “Farsi tirare la croce addosso”, ossia farsi affibbiare tutte le colpe, o di quei figli scapestrati che diventano “una croce” per i genitori, che vengono “Messi in croce” dai continui guai che questi combinano.

La croce può essere egizia, greca, latina, amalfitana, pisana, antoniana, papale, ortodossa, ripotenziata, aguzza, patente, stellata, ritrinciata, gigliata, pomata, gemellata ecc.

Quella decussata, detta “croce di Sant’Andrea”, segnala sulle strade i passaggi a livello: ma poiché questi sono quasi tutti incustoditi, spesso automobilisti o pedoni prima di passare dovrebbero farsi il “Segno della Croce” sperando di non dover chiamare poi la “Croce rossa” o bianca, o verde, poco cambia.

Per ogni grande pericolo vissuto e superato con straordinaria fortuna, i milanesi suggeriscono di “Segnass col gombet”, farsi il segno della Croce usando il gomito anziché la mano, ringraziando cioè il Cielo in modo altrettanto straordinario.

In compenso ci sono quelli talmente sfortunati o imbranati a cui non van dritte le cose più banali: “Vaco pe’ me fa ‘a croce e me ceco l’ uocchie”, vado per farmi il segno della Croce e mi caccio un dito in un occhio dicono a Napoli, ossia cerco di fare qualcosa di buono e semplice, e ogni volta combino un guaio.

Nella vita  “Non si può cantare e portar la croce”, le cose van fatte con calma e una per volta; occorre buon senso e praticità nel capire quali sono le cose per noi veramente fondamentali nella vita, evitando l’ “Amor di tarlo, che per risparmiar la Croce si mangiò il Cristo”.

L’abuso del pressapochismo, dell’ “Occhio e croce” spesso porta a delusioni, obbligando a “Mettere una croce sopra” a progetti e speranze.

Invece il destino a volte può aiutare; il “Fare testa o croce” talvolta da’ risultati sorprendenti; l’importante è sapere che “O di rovere o di noce ciascuno ha la sua croce”: tutti noi abbiamo dei problemi e per tutti, prima o poi ma inevitabilmente, la vita in certi periodi può tramutarsi una “Via Crucis”.

Certo, come recita un detto romano, c’è chi se ne lamenta – “Er monno l’aregge Iddio, la croce l’areggo io” – e chi invece, secondo un bel detto siciliano, sopporta e tace mostrando un’apparente serenità: “E cui pari ca dormi e riposa, chiddu porta la croce chiù gravusa” (colui che pare dormire e riposare – esser cioè più calmo e sereno – in realtà è quello che porta la croce più pesante).

Persino l’amore, “croce e delizia” del genere umano, spesso fa patire.

C’è chi teme di rimanere solo, come le friulane che filosofeggiano “A vê il morôs ‘e jè una crôs, a no vêlu a’ son dôs” (avere il fidanzato è una croce, non averlo sono due) e chi è infelice quando è stabilmente accompagnato: non per nulla i campani rassegnati, ma sempre ironici, dicono ridacchiando: “A muglièra è na croce: abbracciatela in nome di Dio”.

© Mitì Vigliero

La Felicità: Proverbi e Modi di Dire

Gli antichi greci dicevano “La felicità è la dote della gioventù”, forse perchè da ragazzi si è più incoscienti, ma soprattutto più pieni di speranze e slancio vitale; per questo Mark Twain era solito ripetere “La vita sarebbe infinitamente più felice se nascessimo a 80 anni e gradualmente ci avvicinassimo ai 18”.

In realtà il bipede implume nomato uomo va alla caccia della Felicità sia da giovane che da vecchio, perché essere felici fa bene alla salute: “Gioia in cuore fa bel colore” e l’”Allegria fa bello il viso”.

Quando si è sereni sembra che tutti ci vogliano più bene, i musi lunghi non piacciono a nessuno: “Ridi e il mondo riderà con te, piangi e sarai solo a piangere” diceva  Herbert Wilcox.

Però è anche indubbio che “Non tutti son felici quelli che sembran tali” e  a questo proposito il Metastasio scriveva :

Se a ciascun l’interno affanno
si leggesse in fronte scritto
quanti mai che invidia fanno
ci farebbero pietà
.

E’ la dura legge della convivenza civile e di alcuni mestieri: “Spesso la bocca ride mentre il cor piange”, da qui il drammatico grido “Ridi pagliaccio!” del Leoncavallo, o il cinico motto hollywoodiano Show must go on , lo spettacolo deve continuare.

Però è anche indubbio che “Gioia e sciagura sempre non dura”, nonostante qualche saccente ci tenga a sottolineare che “Non v’è gioia senza noia”.

Il percorso per essere felici è difficoltoso e pieno di ostacoli; “La gioia è sospesa alle spine”, qualche volta per raggiungerla si soffre molto e una volta arrivati con estrema fatica, si ha sempre paura di perderla:

Felicità raggiunta, si cammina
per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede teso ghiaccio che s’incrina
.

(Montale).

In ogni caso non bisogna mai dimenticare che “Un momento di gioia compensa cent’ anni di amarezze”; infatti da sempre “I numi danno la gioia dopo il dolore” e “Dopo la pioggia torna il sereno”: un po’ d’ottimismo è fondamentale, e quello possiamo trovarlo solo dentro di noi.

Ma anche un po’ d’aiuto esterno non guasta; per i napoletani “E denare non fanno felicità, quanno sun poche…”; i soldi non daranno la felicità, però indubbiamente aiutano a sopportare meglio il dolore.

L’importante è rendersi conto di essere – nonostante tutto – felici almeno un po’, dato che “La felicità e l’arcobaleno non si vedono mai sulla propria casa ma solo su quelle altrui”. E a volte forse basta un minimo di attenzione, per trovarla: La felicita’ e’ un bene vicinissimo, alla portata di tutti: basta fermarsi e raccoglierla. (Seneca).

Bisognerebbe anche imparare ad essere felici con poco:

C’è un’ape che se posa su un bottone di rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa
.
(Trilussa)

E infine, o tenere sempre a mente quella che forse è l’unica vera ricetta della Felicità: Chi vuol vivere e star bene, pigli il mondo come viene. Oppure scrollar le spalle e ripetere ciò che diceva  Marcello Marchesi:  Chi è felice è stupido; non e’ vero, ma consola.

© Mitì Vigliero

I Proverbi di Natale

Francesi dicono “Tant crie l’on Noël, qu’il vient”, a furia di dire Natale, questo arriva: e infatti è già quasi qua.

E dato che i Milanesi ricordano che “L’è minga Nadal sénza règall”, le case iniziano a pullulare di pacchettini multicolori contenenti la nostra sempre più magra tredicesima: ciò dimostra la verità del proverbio spagnolo “A Natale senza soldi si sta male”.

Un tempo, per molti il Natale era l’unico periodo dell’anno in cui si mangiava in abbondanza: “A Natale, grosso o piccino, su ogni tavola c’è un tacchino”; questa era condizione comune ovunque, dalla Germania – “Fino a Natale lardo e pane, dopo Natale freddo e fame”- alla Sicilia Avanti Natali, né friddu né fami; doppu Natali lu friddu e la fami”.

In ogni modo, secondo l’Antica Saggezza Popolare, la vera importanza del Natale pare essere quella delle condizioni atmosferiche.

Innanzitutto, in quasi tutta l’Europa si crede che la condizione atmosferica del 25 dicembre sarà uguale a quella del 1° novembre: “Il tempo dei Santi è quello di Natale”, ergo fate uno sforzo di memoria e abbigliatevi di conseguenza.
Nel Salernitano invece si dice  “Come catarinéa, accussì nataléa”, “come caterineggia così nataleggia” : ossia il meteo del giorno di Santa Caterina (25 novembre) sarà lo stesso del giorno di Natale.

Poi, sempre in tutta Europa, pare indubbio che se a Natale splenderà il sole, a Pasqua il tempo sarà orribile, con tanto di neve e gelate: “Verde Natale bianca Pasqua”; “Natale al balcone e Pasqua al tizzone”; “A Natale il solicello, a Pasqua il focherello”; “Se Natale ha mosche, Pasqua ha ghiaccioli” e così via.

E se questo in fondo a noi può creare problemi solo per l’eventuale scelta del luogo dove trascorrere le vacanze pasquali, i problemi veri pare siano quelli delle campagne con previsione di pessimi raccolti: “Se lucciano le stelle la notte di Natale, semina ai monti e lascia star la valle”, “Quando Natale mette erba, se tu hai grano tu lo serba”, “Chiaro Natale, rari covoni”,“Natale sereno covoni di meno” e così via.

Però un Natale col ciel sereno fa felici i vignaioli perché “Natale bagnato, botti vuote” mentre “Luna chiara a Natale riempie cantina”.

L’importante per tutta l’Agricoltura e l’Economia in genere è che Natale venga a Luna Crescente, perché “Natale a luna calante, annata mancante”.

E infatti quest’anno di crisi indovinate come sarà la Luna a Natale? Calante. Ovvio.

In compenso, sole o neve che sia , da quel dì dovrebbe esserci un crescendo di freddo becco -“Da Nadal un fredo coral (che stringe il cuore), da la Vecia (Epifania) un fredo che se crepa” (Veneto)-  ma si allungheranno le giornate: “A Natale il giorno cresce un passo di mosca, a Capodanno un passo di gallo, all’Epifania un salto di cervo” dicono i Russi.
I Trentini invece “Da Nadal en pass da gal, da l’epifania el pass de ‘na stria , di una strega che, come si sa, si muove velocissima volando sulla scopa.

Se gli Inglesi osservano acutamente che “Natale viene una sola volta all’anno” e  Ambrose Bierce lo definiva poeticamente  “Giorno speciale, consacrato allo scambio di doni, all’ingordigia, all’ubbriachezza, al sentimentalismo più melenso, a domestiche virtù e alla noia generale”, Agatha Christie giurava che il 25 dicembre fosse “Il giorno perfetto per gli omicidi”.

Forse si riferiva al famigerato detto “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”, tradizione considerata da molti meravigliosa, da altri solo un pesante obbligo.

Comunque lo si passi, si spera sempre di trascorrerlo in serenità, possibilmente senza litigi (“A Nadal la mare cria al par” – friulano –  la madre litiga col padre) e armandosi di santa pazienza, ricordando rassegnati che in fondo tutta “La vita è come un albero di Natale: c’è sempre qualcuno che rompe le palle”.

© Mitì Vigliero