Vi Racconto Perché Si Dice “Fare un Cancàn”

Non c’entra nulla il Can-Can del Moulin Rouge, ossia il celeberrimo e scatenato ballo francese il cui nome deriva da canardanatra, o meglio dal movimento del palmipede che – quando cammina impettito – agita velocissimo il sederino proprio come le ballerine nella citata e maliziosa danza prima del lancio delle gambe all’insù.

La vera origine riguarda sì sempre la Francia: però secondo me è assai più ridicola.

Alla metà dell’Ottocento un nutrito gruppo di distintissimi professori, intellettuali, letterati e latinisti francesi si riunì a congresso nel Procope, celeberrimo ristorante parigino, per decidere in maniera seria e accademica se la parola latina quamquam (“quantunque”) andasse pronunciata così come si leggeva o alla greca “kamkam“.

Come sempre accade in una comunità quando c’è da decidere fra due cose, si formarono immediatamente due fazioni agguerritissime.

Nacque così una feroce discussione fra studiosi esagitati che,  lanciandosi vicendevolmente piatti, tube, bicchieri, dizionari,  panini e salviette, non facevano che urlarsi rabbiosamente a vicenda “Quamquàm!” e “Kamkàn!” (essendo francesi, accentavano l’ultima vocale).

Fu un caos indescrivibile che finì quasi a botte, seguito da un grande scandalo causato dal comportamento selvaggio e ben poco “accademico” dei paludati intellettuali.

Da quel dì, e proprio negli ambienti letterati e colti, cancàn divenne sinonimo di baccano, chiassataarrabbiatura strillata, grande confusione isterica nata da futili – e spesso assolutamente idioti – motivi.

© Mitì Vigliero