La sera del 23 marzo del 2004, dopo quasi 3 anni di commenti nei blog altrui, decisi di aprirne uno tutto mio.
In 11 anni Placida Signora ha cambiato piattaforma (ricordate Splinder?), tre o quattro template, s’è rinnovato più volte e, come accade in tutti i traslochi, qualcosa s’è rotto. Ma io non butto mai via nulla; tengo in soffitta e ogni tanto lo vado a trovare.
Per quasi 10 anni ho scritto un post al giorno; ultimamente ho rallentato, perché è accelerata la mia vita, il galòp formato da mille nuovi impegni, responsabilità, incombenze, ha avuto il sopravvento, e un po’ – lo confesso – mi ero stancata di subire plagi e tentativi d’imitazione.
Però spero proprio, fra non molto, di poter ricominciare a vivere in modo più tranquillo, placido davvero e quindi di poter di nuovo scrivere su queste mie amatissime pagine raccontandovi le cose che più amo; le storie di Genova, le curiosità del passato, l’avventura dei cibi e delle parole nonché l’analisi sorridente della nostra quotidiana esistenza.
Il primissimo post che scrissi è conservato in un archivio; ribadisco ogni parola, e vi abbraccio uno a una.
Sono passati 10 anni da quella data; eppure la ricordo come fosse ieri.
Da qualche mese questo blog è “in sonno”; i motivi sono tanti, ma soprattutto è il tempo che mi manca. E poi la lieve, sottile paura di fare, riaprendolo, una fatica inutile che servirebbe forse solo a qualcuno per scopiazzare e imitare i miei testi, le mie storie e il placido stile. E anche l’impressione netta che i vari Social Network (che pur amo e frequento molto), abbiano cambiato definitivamente il modo di raccontare e recepire idee e notizie; la rapidità, l’immediatezza di un Twitter ad esempio è assai diversa dalla pacatezza lenta e “introspettiva” che caratterizzava questo blog.
Però… però la voglia di tornare è tanta; tante sono le cose che vorrei raccontarvi. Tante le storie strane e belle di Genova e di altre città italiane. Tante le curiosità antiche che vorrei condividere con voi, tante le ricette di cucina, tante le cose buffe, tante le riflessioni e i pensieri che in 140 caratteri non stanno…
E poi voi mi mancate troppo!
Guardando via webcam, come sempre da 10 anni, il tramonto di stasera, ho così deciso che sì, tornerò. Magari non tutti i santi giorni, magari con testi a volte brevi, magari soltanto con una piccola segnalazione di qualcosa di bello però sì, tornerò.
Come tutti gli avvenimenti inspiegabili, strani o semplicemente rari, l’eclissi lunare – così come quella solare – ha sempre colpito molto la fantasia popolare, che le diede connotazioni di negativi presagi o manifestazioni diaboliche.
Nel 1504 Cristoforo Colombo, il quale sapeva da testi scientifici che ci sarebbe stata un’eclissi, la sfruttò in modo bieco per ottenere l’aiuto degli Indios della Giamaica: fece finta di pregare Dio dicendo più o meno “Fai vedere a questi oscuri selvaggi quanto sei potente: oscura la Luna!”. Cosa che regolarmente avvenne e convinse i giamaicani.
Effettivamente vedere il disco luminoso e candido della Luna venire lentamente coperto da un altro disco estraneo, nero e buio come gli Inferi, sottolinea il presunto carattere magico del fenomeno: come se le tenebre volessero letteralmente “mangiare” la luce, come se la morte prendesse il sopravvento sulla vita.
Per questo gli antichi e pagani guerrieri degli eserciti, se vedevano la notte prima della battaglia un’eclissi lunare, di comune accordo con l’avversario rinviavano la tenzone ad un altro momento; non solo, ma si mettevano tutti insieme a ululare in direzione della Luna, per spaventare il nero Essere mostruoso che secondo loro la stava “divorando”.
Se il popolo Mayanon aveva affatto paura dell’eclissi lunari, anzi sapeva predirle con estrema esattezza, i Persiani credevano che l’eclissi fosse una punizione divina nei confronti degli uomini. Pensavano che tutte le volte che qualcuno stava per compiere o aveva compiuto gesta malvage (tradimenti, infanticidi ecc), gli dei chiudessero in una specie di tubo l’astro celeste (luna o sole che fosse), lasciando gli umani nel buio più completo, con la sola compagnia di Incubi e Rimorsi.
E nel Medioevo i contadini erano convinti che le eclissi fossero causate da certe parole magiche pronunciate da streghe cattive; queste parole avevano il potere di “ipnotizzare” la Luna, obbligandola ad avvicinarsi alla terra per deporre una sorta di rugiada schiumosa sulla erbe che poi sarebbero servite alle fattucchiere per compiere ogni sorta di nefandi sortilegi.
Quindi, per impedire che la Luna udisse le stregonesche parole, all’inizio dell’eclissi tutti gli abitanti dei villaggi si mettevano a correre sui campi facendo un fracasso infernale, agitando campanacci da mucca, martellando lastre di rame e di bronzo, percuotendo incudini e urlando come pazzi.
Infine, per i napoletani, le eclissi di Luna devono essere guardate non da dietro i vetri della finestra, bensì all’aperto, a viso nudo: e il giorno dopo bisognerà correre alla prima ricevitoria del Lotto a giocare il numero 70.
Guardandola lì stanotte potrete anche esprimere i 3 desideri ascoltando come colonna sonora, ovviamente, questa.
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