Storie di Gatti, Poeti e Case: Francesco Petrarca e Edward Lear

Alla fine del 1370 Petrarca, da Arquà, scriveva al fratello:

Qui fra i colli Euganei, a non più di dieci miglia da Padova, mi sono costruito una casa piccola ma deliziosa, cinta da un oliveto e da una vigna, che danno quanto basta ad una famiglia numerosa, ma modesta.
E qui, benché ammalato, vivo pienamente tranquillo, lontano da ogni confusione, ansia e preoccupazione, passando il mio tempo a leggere e a scrivere
”.

E nella Sala dei Giganti che si trova nella sede della Facoltà di Lettere aPadova, vi è un affresco d’autore anonimo del XIV sec. che ritrae proprio il poeta nello studio mentre, seduto alla scrivania e circondato dai libri, legge.

Acciambellato per terra davanti a lui, un gatto ronfa beatamente.

Di certo si tratta dell’amatissima micia del poeta, che con lui passò alla storia e alla quale vennero dedicati centinaia di studi, saggi e versi; persino il Tassoni nella “Secchia rapita” la cita ( nel canto VIII, 33-34):

…e ‘l bel colle d’Arquà poco in disparte,
che quinci il monte e quindi il pian vagheggia;
dove giace colui, ne le cui carte
l’alma fronda del sol lieta verdeggia,
e dove la sua gatta in secca spoglia
guarda da i topi ancor la dotta soglia
.

Il perché della fama imperitura della felina è spiegato dalla geniale idea (dal punto di vista pubblicitario)  che ebbe Girolamo Gabrielli, uno dei tanti curatori-proprietari di quella casa alla fine del ’500, quando già era meta di turisti letterati.

Egli, fra gli arredi personali del poeta, fece porre una gatta imbalsamata racchiusa in una teca di vetro; sotto, una lapide, la cui iscrizione latina – opera di Antonio Querenghi (1547–1634) – recita:

Il poeta toscano arse di un duplice amore: io ero la sua fiamma maggiore, Laura la seconda.
Perché ridi? Se lei la grazia della divina bellezza, me di tanto amante rese degna la fedeltà; se lei alle sacre carte diede i ritmi e l’ispirazione, io le difesi dai topi scellerati.
Quand’ero in vita tenevo lontani i topi dalla sacra soglia, perché non distruggessero gli scritti del mio padrone. E ora pur da morta li faccio tremare ancora di paura: nel mio petto esanime è sempre viva la fedeltà di un tempo
.”

E’ ancora lì, quella gatta, per la gioia (un po’ macabra) dei curiosi.

Altra storia che lega poeti, gatti e case, è quella di Edward Lear , il cantore dei Limerick.

Lear viveva a Sanremo col suo gatto Foss – ”il compagno delle mie giornate” – in una casa, Villa Emily, di fronte al mare.

Assentatosi, ovviamente col gatto, nel 1881 per un lungo periodo trascorso a viaggiar su e giù per l’India, al suo ritorno scoprì con disappunto che proprio davanti alla villa era stato costruito un grande albergo, che gli toglieva tutto il panorama.

E così acquistò un terreno sulla spiaggia, e fece costruire una nuova casa, Villa Tennyson ; ma la volle esattamente identica a villa Emily, una perfetta copia, perché era convinto che il suo micio, non più di primo pelo, non avrebbe “assolutamente apprezzato il cambiamento”.

Foss morì sedicenne alla fine del 1887; sei mesi dopo lui e Lear si ritrovarono inun’altra dimora, quella eterna.

La villa venne abbattuta dopo poco, per far posto ad un altro albergo.

© Mitì Vigliero

Il Tempo e la Fretta: Proverbi e Modi di Dire

In questa vita frenetica si perde spesso il senso del tempo; nessuno ha più tempo da perdere, persino i sentimenti come l’amore e l’amicizia sono presi in considerazione spesso solo nei ritagli di tempo e la bella arte di ingannare il tempo nei momenti d’ozio è quasi dimenticata, così come il rammentare che in realtà non è la gente che ammazza il tempo, ma il tempo che ammazza la gente.

Il tempo stringe! pare esser divenuto il nostro motto di vita; perché il tempo vola, il tempo fugge e come la vita   non s’arresta un’ora: ma soprattutto il tempo è denaro.

Perciò bisogna agire perennemente senza por tempo al mezzo, dato che son tempi buitempi duri occorre sempre produrre idee e cose che non lascino il tempo che trovano e che soprattutto siano innovative e non ricordino per nulla quelle che ormai han fatto il loro tempo.

Noi possiamo fare mille progetti, ma da cosa nasce cosa, però è il tempo che la governa; e purtroppo non è soltanto una lotta contro il tempo quella che quotidianamente conduciamo, barcamenandoci in fretta e furia fra orari e scadenze, ma anche una battaglia spesso persa in anticipo verso quelli che fanno il bello e il cattivo tempo in ogni ambiente, sentendosi onnipotenti come Giove Pluvio quando ci impongono tempestando ordini e volontà spesso capricciose o interessate ai fatti loro più che ai nostri.

Nessuno pare ricordare più che il tempo è relativo; cinque minuti passati sotto il trapano del dentista sembrano due ore, e due ore passate insieme alla persona amata sembrano durare cinque minuti.

Tutto, più che eterno, ora ci pare estremamente fugace; chi ha tempo non aspetti tempo, bisogna cogliere l’attimo, perché il momento fuggito più non torna.

Si ha un bel dire che col tempo la lumaca arriva dove vuole; la verità è che si ha sempre l’impressione che tutte le ore feriscono e l’ultima uccida.
Dato che il tempo cammina con le scarpe di lana non si sentono i suoi passi e il tempo perduto mai non si riacquista; ha una tale forza, il tempo, che consuma le pietre, figuriamoci gli uomini fatti di fragili ossa e ciccia.

E pensare che quando eravamo meno civilizzati, al tempo dei tempi, nell’Ecclesiaste (3, 1-8) venne scritto uno dei brani più belli al riguardo:

Per tutto c’è un momento e un tempo per ogni azione sotto il sole. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sbarbare il piantato. C’è un tempo per uccidere e un tempo per curare, un tempo per demolire e un tempo per costruire. C’è un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare. C’è un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per separarsi. C’è un tempo per guadagnare e un tempo per perdere, un tempo per serbare e un tempo per buttare via. C’è un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare. C’è un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace.

Insomma, dato che ogni cosa ha il suo tempo, ricordiamoci sempre di fermarci a tirare ogni tanto il fiato, senza sentirci assolutamente in colpa.

(Da che pulpito, eh? ;-)

©Mitì Vigliero