A Napoli, in via Francesco De Sanctis 19, si trova il Tempio della Pietà dei Sangro, meglio conosciuto come la Cappella Sansevero.
Marcello D’Orta nel suo “Nero napoletano” (Marsilio, 2004) – delizioso libro che consiglio vivamente di leggere – a pag. 101 scrive:
“A metà strada tra lo scienziato pazzo e quello savio era Raimondo di Sangro, duca di Torremaggiore e principe di Sansevero. Di certo fu una delle menti più illuminate del Settecento europeo: inventore, scrittore, pittore, scultore, fisico, medico, matematico, meccanico, alchimista. Una sorta di Leonardo da Vinci che tuttavia la fantasia popolare accosta più volentieri ai personaggi di Faust, Nostradamus o Dracula”.
Nel 1748 Raimondo (1710-1771) decise di restaurare la cappella funebre dei suoi avi annessa al cinquecentesco palazzo; convocando celebri pittori e scultori dell’epoca, ne fece uno dei luoghi barocchi più belli e misteriosi d’Europa.
Il Principe partecipava attivamente alla realizzazione delle opere sia progettandone la forma, sia facendo utilizzare materiali di sua invenzione; ad esempio il meraviglioso Cristo Velato, statua di marmo ricoperta di un velo trasparente che fece impazzire di curiosità professionale il Canova, è sì opera dello scultore Giuseppe Sammartino, ma negli archivi notarili di Napoli la studiosa Clara Miccinelli ha scoperto il contratto fra i Principe elo Scultore che si impegnava a forgiare una “’statua raffigurante un Cristo Velato steso sopra un materasso e che appoggia la testa su due cuscini”, mentre il Principe si impegnava a realizzare una “sindone tessuta la quale dovrà essere depositata sovra la scultura, dopo che il Principe l’haverà lavorata secondo sua propria creazione; e cioè una deposizione di strato minutioso di marmo composito in grana finissima sovrapposta al telo.”
Il Sammartino si impegnava inoltre a ripulire detta “sindone per renderla un tutt’uno con la statua stessa, e a non svelare a nessuno la ‘maniera escogitata dal Principe per la Sindone ricovrente la statua”: venne concordato infine che l’opera sarebbe stata “interamente attribuita al Sammartino”.
Morale, il Cristo Velato appare ricoperto da una stoffa trasparente – una sorta di “plastica” alabastrina – e così è per la rete da pesca che avvolge la statua funebre del padre del Principe ; tessuti ambedue probabilmente immersi in un liquido che li pietrificava mantenendo inalterata la naturalezza della trama e dei drappeggi.
Non è bella la storia, anche se leggendaria?
Comunque sia, il Principe di Sansevero resterà in gran parte per noi un mistero; le autorità ecclesiastiche (e parte del popolo che ne aveva paura) non lo potevano sopportare perché massone e considerato, proprio per i suoi esperimenti alchimistici, alla stregua di un adepto del diavolo.
Così, dopo la sua morte i suoi eredi, sotto minaccia di scomunica, distrussero completamente scritti, formule, testi, appunti, oggetti, mettendo così al rogo ogni testimonianza di un Genio troppo evoluto per la sua epoca.