La Signora Vestita Di Nulla: Proverbi e Modi di Dire sulla Morte

Certo si è tentati di non non pensarci troppo alla Morte; lo sappiamo benissimo che “Chi muore giace, chi vive si dà pace”, ma anche da vivi  continuiamo ossessivamente a usare nei nostri modi di dire quotidiani l’immagine di quella che Gozzano definiva la “Signora vestita di nulla” come simbolo della nostra avventura terrena.

Diciamo “ti amo da morire“, “mi fa morir dal ridere“, “ho un’ansia mortale“. Giochiamo a “Tresette col morto“.
Ce l’abbiamo spesso “a morte con qualcuno”; più volte al giorno ci capita di sentirci circondati da “morti di sonno”; ci sono sere che torniamo a casa definendoci “stanchi morti” o “più morti che vivi e magari le incertezze sul lavoro, causa fusioni esuberi chiari di luna, impediscono a molti di “sapere di che morte morire”, mentre il mobbing in ufficio  fa sentire vittime di “morte civile“ e per obbligo facciamo cose alle quali invece avremmo voglia di rispondere “manco morto“.

Ma in fondo sono esperienze che insegnano sempre qualcosa – “Fino alla bara sempre s’impara” – e “A tutto c’è rimedio, fuorché alla morte” che altro non è che “un debito comune” che abolisce ogni preoccupazione materiale: infatti “L’ultimo vestito ce lo fanno senza tasche” dato che, come rammentano i milanesi, “Se ven al mond biott (nudi), e se va via senza fagott”.

Qualcuno si consola sapendo che da Unica Vera Democratica, la Morte tocca veramente a tutti prima o poi, piombando in casa di chiunque, povero o ricco, umile o potente.

I salentini infatti dicono “Sulu la morte è giusta a stu mundu” e i napoletani chiosano “‘A morte nun tene crianza”, non conosce educazione o etichetta.
Arriva a qualunque ora del giorno – “Tanto è morire all’alba che a levar di sole”- in qualsiasi momento. Non rispetta feste e intimità né fa tanti complimenti: “La mort le ven denter senza piccà, le traffega senza parlà, e le te indormenta senza fatt ninà”, entra senza bussare, traffica senza parlare, e ti addormenta senza farti ninnare.

Assodato che “Si muore giovani per disgrazia e vecchi per dovere”, un poco provocano ansia quelle saggezze lievemente retoriche che proclamano “Un bel morir tutta la vita onora”. Si vabbé, ma se si potesse rimandare ancora un cicinìn, eh? Mica per nulla  i genovesi dicono “A pagare e a morire c’è sempre tempo“…

Siamo d’accordo, la vita non sarà sempre rose e fiori, però non hanno tutti i torti i veneti quando affermano “Tacai a on ciodo, ma vivi” (attaccati a un chiodo, ma vivi) o i toscani quando dicono “Piuttosto can vivo che leon morto”.

Perché la Signora vestita di Nulla non è lieve per niente;  lo ricordano bene gli spagnoli dicendo “A cavar di casa un morto, ce ne voglion quattro vivi”, mentre i parsimoniosi scozzesi aggiungono sospirando: “Persino la morte non è gratis: ci costa la vita”.

© Mitì Vigliero

Il Freddo: Proverbi e Modi di Dire

Potrà fare un freddo “cane, “boia”, persino un “ freddo ladro”, ma forse in qualche modo potremmo sempre difenderci più facilmente da lui piuttosto che da chi, con tono “freddo come il ghiaccio” ci spara “a freddo” una brutta notizia, un insulto, una minaccia,  sciogliendo magari “come neve al sole” la nostra felicità e le nostre speranze.
Sono momenti in cui “cala il gelo” tutt’attorno, e persino la nostra anima s’agghiaccia divenendo “fredda come il marmo”.

Dicono che “Dio manda il freddo secondo i panni”, cioè sottopone ogni uomo a prove e dolori adeguati alla sua capacità di sopportazione; ma talvolta il sospetto di venire un tantinello sopravvalutati può davvero far “sudare freddo”.

Meteorologicamente parlando invece, in questa stagione è ovvio che faccia freddo, che nevichi, che geli; sarà anche vero che, come dicono i pisani “’Ver che para ‘r freddo para anco ‘r cardo”, ciò che ripara dal freddo ripara anche dal caldo (chissà se girare ad agosto in città con berretto e  pelliccia funziona?), ma di sicuro hanno ragione i varesotti quando assicurano con un certo umorismo surrealista che “Ul frecc’ al séntan anca i sturni”, il freddo lo sentono anche i sordi.

Proverbi dell’Europa del Nord recitano lugubri “Contro il freddo poco giova tremare ma solo pregare”; “Nel freddo s’impara a tremare, e nella sventura a piangere”; “Il freddo fa la prova generale della morte”.

Ma è logico che il freddo ispiri sovente tristi pensieri, è una cosa collegata alla vita stessa: “Tutti nascon caldi e muoion freddi”.

L’odio è gelido e l’affetto è caldo, così, per definizione naturale; un “amore freddo” è orribile, così come un “caloroso nemico” inquietante, mentre dei “piedi freddi” danno di certo più noia che delle “mani calde”.

E a proposito di temperature di mani, Pitigrilli scriveva: “Mano fredda, cuore caldo. Anche in francese si dice così; anche in russo, anche in arabo. Ciò dimostra che l’imbecillità è universale”.

Infine poi non è mica detto che il freddo sia sempre sgradevole.

Nel campidanese infatti esiste il detto sorridente “Acqua e frius, annada de pipius”, pioggia e freddo annata di bambini, perché quando fa brutto tempo e fa freddo si sta tanto volentieri in due dentro un lettone caldo.

In Friuli invece consigliano un altro metodo per scaldarsi, leggermente meno romantico: “Quattro bicchieri fanno una bottiglia e tre litri fanno un tabarro” e magari fanno anche un fegato così, ma è difficile sottilizzare quando  il termometro segna meno venti gradi, e bisogna per forza affrontare quello che a Milano definiscono “On frecc de biss”, un freddo da biscia.

Vabbè che i friulani dicono anche “Cui ch’el à cjalt al è malàt, cui ch’el à frèt ‘l è inamoràt”, chi ha caldo è ammalato, chi ha freddo è innamorato; mentre barbelliamo alla fermata di un tram che non arriva mai, battendo i denti e col naso talmente congelato che pare proprio sul punto di staccarsi, potremmo sempre consolarci pensando che quei brividi probabilmente son tutta colpa di Cupido, e riscaldarci almeno il cuore.

© Mitì Vigliero