Fisionomia, questa sconosciuta

A Monica, amica ritrovata e “riconosciuta” ;-*


Ho sempre ammirato quegli individui che vedono una persona per la prima volta e possibilmente per non più di 3 minuti, che però sono in grado dopo 7 mesi di descriverla accuratamente a Chi l’ha visto.

Io mi dimentico le facce, sempre.
Oppure ricordo le facce, ma non riesco ad avvitarle sul giusto collo.

E i nomi? O insisto a chiamare “Fabrizio” uno che si chiama “Maurizio” (colpa mia se ha la facca da Maurizio?), oppure proprio niente, nulla, il vuoto, tabula rasa. E non posso sempre chiamare tutti con un generico tesoro

Spesso mi succede di venir salutata per strada da sigori o signore di cui non ricordo affatto nè il nome né il viso: eppure loro mi conoscono benissimo, pare.

E ogni volta si creano imbarazzanti dialoghi farfugliati e vacui:

“Cara Mitì come va?”
“Bene! e lei?”
“Mi dai del lei, ora?”
“Scherzavo…Tutto bene?”
“Bene. E tu?”
“Io sto bene”

E poi?
Chi ha il coraggio di porre domande dirette?

L’ho sempre detto, io, che preferirei tanto vivere in quei piccoli, minuscoli paesi dove tutti si conoscono e, soprattutto, si chiamano tutti nello stesso modo, possibilmente con un diminutivo…
Un mio amico, Dario Giannozzi, descrivendo una volta gli abitanti di un paesino della Valdossola, disse:
“Lo spazzacamino comunale si chiama Merio; questo Merio non ha a confondersi col farmacista, che si chiama Merio. Neppure si deve confondere col dottore, col parroco, col sindaco, col messo comunale e col postino che si chiamano rispettivamente Merio, Merio, Merio, Merio e Merio.”

Ma per riconoscere una persona, non è sempre sufficiente ricordarsene il nome o il viso; il proverbio l’abito non fa il monaco è falso, perché l’abbigliamento ha spesso una grandissima importanza.

Infatti mi è capitato un inverno, all’uscita da un cinema, di incontrare un giovane avvocato che da anni viene al mare nella mia stessa spiaggia.

Egli, che teneva per mano una bella fanciulla bionda, mi salutò molto gentilmente.

Io rimasi un attimo interdetta perché, abituata com’ero a vederlo sempre e soltanto in costume da bagno, non l’avevo riconosciuto col cappotto.

Una volta capito chi era, gli dissi festante:
“O carissimo, scusami, non ti avevo riconosciuto. Sai, sono abituata a vederti sempre nudo!”

Evito di descrivere l’occhiata che mi lanciò la fanciulla bionda…

©Mitì Vigliero


QUI i commenti su FriendFeed

Perché si Dice: Legarsela al Dito

Nella Bibbia (DeuteronomioEsodo) e nel Vangelo di Matteo si accenna all’antichissima usanza di portare in mano una cosa qualunque per ricordarsi di qualcos’altro.

In Turchia i cavalieri, prima di partire per la battaglia, erano soliti legare all’anulare sinistro delle dame del cuore un filo d’oro, affinché queste, guardandolo, non li dimenticassero.

L’usanza si sviluppò in seguito con l’anello di fidanzamento, simbolo di una dolce promessa da non scordare.
In questo caso, il dito era (ed è) l’anulare (da anulus, anello) sinistro, che si pensava collegato da una vena direttamente al cuore.

Oggi, bandito ogni romanticismo,  “legarsela al dito” significa sempre “non dimenticare”, ma viene riferito al non scordare un torto, un’offesa, uno sgarbo, rimanendo nella paziente attesa che venga il momento di vendicarsi.

© Mitì Vigliero

Pigrizia e Memoria

 

snoopy

In questi giorni mi è tornata all’improvviso in mente la primissima poesia studiata alle elementari:

La Pigrizia andò al mercato
ed un cavolo comprò,
mezzogiorno era suonato
quando a casa ritornò.
Prese l’acqua,
accese il fuoco,
si sedette e riposò
ed intanto a poco a poco
anche il sole tramontò.
Così persa ormai la lena,
sola al buio ella restò
ed a letto senza cena
la comare se ne andò
.

E’ La Pigrizia, di Francesco Pastonchi.

Perché sia resuscitata così di colpo dai meandri della mia memoria, lo ignoro.
O forse posso supporlo: in questo periodo non ho né la forza né la voglia di fare assolutamente niente.
Ergo, sono pigrissima. E mi identifico perfettamente con l’ultima battuta di Snoopy, lassù.

Però è sorprendente rammentare  una cosa di 46 anni fa e mai più ripetuta o ascoltata, e poi magari non riuscire a ricordarsi il menù della cena fatta 12 ore prima…

Voi ricordate ancora le poesie studiate a memoria da bambini? E se sì, quali?