(©Chabd)
Sì lo so; in questi giorni sono particolarmente “assente”.
Rispondo alle mail con una media di 7 giorni di ritardo, curo poco il blog, non dialogo, non telefono, non partecipo.
E’ che – da un bel po’ – sono in preda non al solito mio placido galòp, fatto di lavoro, scrittura, famiglia ecc.
Sto svuotando la casa di mia madre.
Una casa grande, molto vissuta, strapiena di roba, rimasta vuota per 5 anni.
Capita a tutti, prima o poi, di dover smontare la casa dei genitori o dei nonni.
E non è facile, per niente.
Ci son due scuole di pensiero; la prima dice prendi quel che ti serve, il resto caccialo via senza nemmeno guardarlo.
La seconda dice controlla foglio per foglio, lettera per lettera, oggetto per oggetto, stoffa per stoffa, mobile per mobile, libro per libro, quadro per quadro, cosa per cosa.
Prendi quel che ti serve, e quello da cui non hai cuore di separarti perché ha un significato forte; cerca di sistemare al meglio gli altri mobili e oggetti – non per guadagno, ma per farli andare a star bene, ché anche le Cose hanno un’Anima ; butta via solo la rumenta – roba rotta, malridotta, irrecuperabile: e ogni tanto accarezza ogni muro, ché l’Anima ce l’hanno anche le Case.
Conoscendomi, immagino sappiate quale scuola di pensiero io abbia scelto.
E’ che non si finisce mai.
Ci trascorro 5, 6 ore ogni volta; svuoto, guardo, vaglio, conservo, butto.
E butto tanto, ma proprio tanto.
Poi riempio scatoloni, divisi a mucchi a seconda delle loro destinazioni future; questo va su, questo giù, questo qui, quest’altro di là, questo da loro, questo a quegli altri…
Ma la cosa che mi affatica di più non è il camallar scatole o svuotare armadi, librerie, comò, credenze, mobili e mobilini.
No.
E’ il rivivere, quasi ad ogni cosa che io prendo in mano, il ricordo di un preciso momento.
E sono ricordi vivissimi, anche se spesso lontani lustri e lustri.
Resistono persino i profumi, di certi momenti lontani; e i suoni, le voci, le luci, i colori.
E’ come se ripassassi miliardi di momenti della mia vita, dall’infanzia a 5 anni fa.
Una specie di faticosa – ma volta per volta anche dolce, amara, buffa, malinconica, tenera – ginnastica dell’Anima: la mia, stavolta.