L’Igienico Cavallino: Storia del Bidet

Nel 1700 in Francia, sua patria, venne battezzato “bidet” (cavallino); è uno dei sanitari che incredibilmente ha avuto (e ha tuttora) più difficoltà a farsi accettare nell’uso dell’igiene quotidiana, a causa delle sue origini.

Se all’inizio serviva a cavalieri e amazzoni per placare le irritazioni dovute alle lunghe ore passate in sella, divenne subito strumento utilizzato soprattutto dalle prostitute, sia da loro che – per obbligo di legge sanitaria – dai clienti prima e dopo le “consumazioni”.

Ricordiamo inoltre che il XVIII secolo fu assai restio all’igiene; molti medici erano convinti che l’acqua fosse dannosa per l’organismo umano, e il cristianesimo considerava un vero e proprio peccato guardarsi o toccarsi il corpo nudo durante le abluzioni.
Ma anche lo stesso illuminato Diderot nel 1768 insegnava alla figlia la vera base del decoro: “la necessità di celare a se stessi quelle parti del corpo la cui vista potesse indurre al vizio”.

Se quindi gli uomini associavano il bidé alle loro frequentazioni di donnine allegre, per le donne farne uso significava essere paragonate a quelle.

Furono solo lenobili più… disinvolte a utilizzarlo quotidianamente.
La prima testimonianza risale al 1726, nelle “Mémories” del ministro degli esteri francese Louis de Voyer, marchese D’Argenson, che racconta di aver un giorno sorpreso Madame de Pie, amante del duca Luigi Enrico di Borbone, mentre utilizzava la “sedia di pulizia”; una vaschetta di spesso legno, dalla forma di violino, supportata da uno sgabello a quattro piedi.

Allora erano gli ebanisti che fabbricavano preziosi bidé, e ciascuno aveva il suo modello esclusivo.
Nel 1739 Remy Pàverie lanciò sul mercato quello per coppie affiatate, doppio, con schienali affiancati; nel 1751 il laboratorio Duvaux ne forgiò per la Marchesa di Pompadour uno “con schienale impiallacciato in legno di rosa e modanature floreali, piedi e ornamenti in bronzo dorato”, e poi per M.me de Talmont Saint-Germain un altro in ciliegio selvatico con intarsi in legno d’amaranto, sgabello rivestito di pelle rosa e impunturato di borchie dorate.
Nel 1762 Jacques Dulin creò un vezzoso modello portatile di metallo laccato e decorato a fiori o scene mitologiche, con piedi svitabili.

Nell’Ottocento il bidé (“bidetto” o “bidello”, sic, come veniva chiamato in Italia), venne quasi ignorato dalle persone morigerate; la borghesia fascista anni Trenta lo tollerava solo come strumento atto a persone malate: era venduto alla Rinascente per £.60.

Molti artisti e intellettuali ne furono pubblicamente detrattori, come VerlaineIsadora DuncanHenry Miller; molti pittori lo rappresentarono, come Picasso, ForainLuigi Bartolini.

Negli anni Sessanta in Germania era ancora completamente sconosciuto; gli inglesi lo disprezzano, gli americani lo considerano tuttora una incomprensibile e un po’ scostumata bizzarria del vecchio continente.

Oggi viene usato dal 97% degli Italiani, dal 47% dei francesi e portoghesi, dal 13% degli inglesi americani e dal 10% dei tedeschi.

© Mitì Vigliero

bidet e americani

(immagine via Tamas)