“Impipatene, e guarda in alto”: Storia di un Moderno Feudatario.

Giuseppe Visconti di Modrone (1879-1941) fu uomo dotato di inventiva geniale e interessi poliedrici.

Sposato a Carla Erba, figlia dell’industriale farmaceutico, si dilettava ad inventar profumi che poi faceva battezzare a D’Annunzio (Acqua di Fiume, Subdola, Tabacco d’Harar, Dimmi di sì ecc); appassionato di sport fu presidente dell’Intermelomane accanito fu sovrintendente alla Scalaintenditore d’arte, era a sua volta pittore di certo pregio.

Alla fine dell’Ottocento la sua famiglia ricevette in eredità un castellocostruito nel 1395 dall’ava Beatrice.

Il maniero era imponente, ma estremamente malridotto; il terreno, popolato da vetuste casupole contadine, squallido e triste.

Ma Giuseppe ebbe un’idea per renderlo unico nell’aspetto e utile alla società.

Convocato il celebre architetto liberty Alfredo Campanili gli disse che occorreva rimettere a nuovo il castello , la chiesa, le strade, tirar su nuove case, edificare botteghe che servissero da scuola artigiana, ricostruire il verde attorno: insomma, creare un intero paese operante e abitato, ma esattamente identico a un villaggio del Medioevo.

I due si misero immediatamente al lavoro disegnando, progettando e molto probabilmente divertendosi come matti.

In soli tre anni (1905-1908) il lavoro era finito; un regio decreto del 1915 decretò che al nome antico di quel paese, Grazzanodovesse aggiungersi “Visconti”, come doveroso omaggio al suo creatore.

sette figli di Giuseppe passarono intere estati in quello che aveva, e ha, tutta l’apparenza di un immenso parco giochi ambientato nel 1300 i cui abitantidi ogni età – per volere di papà Visconti – giravano vestiti con abiti dell’epoca.

E pare logico che il figlio numero quattro, Luchino, già da bimbo trascorresse il tempo a disegnare quei costumiorganizzare recite e rievocazioni storiche, esercitandosi così al suo futuro mestiere di regista.

La famiglia Visconti , e la sua vita, lì è presente ovunque; ad esempio nel 1910 venne inaugurato l’asilo.
Tutte le pareti della costruzione sono decorate con fili di perle che ricordano la preziosissima collana che mamma Carla diede come ex voto per la guarigione del terzogenito; venduta la collana, venne fabbricato l’edificio.

E sotto il porticato del Palazzotto dell’Istituzione vi è un affresco –dipinto, come tutti quelli del villaggio, dallo stesso Visconti – raffigurante la Madonna in trono con in braccio il Bambino.
Di fronte a lei è inginocchiato il Giuseppe circondato dalla truppa di figli e nipoti, colto nel gesto di offrire Grazzano Visconti alla protezione della Vergine.

E poiché in molti avevano contestato l’idea della ricostruzione del paese, dando del megalomane al Visconti e criticando ferocemente l’alone lievemente “kitsch” di tutta l’ambientazione, su numerosi muri del borgo Giuseppe dipinse un garofano rosso con attorno un cartiglio riportante la misteriosa frase otla ni adraug e enetapipmi”.

Letta al contrario è la risposta del Visconti ai suoi detrattori: “Impipatene e guarda in alto”.

© Mitì Vigliero

 

 

Il Lazio è un Grande Set Cinematografico

Quando si pensa al cinema italiano, una delle prime cose che vengono alla mente è Cinecittà, immensa fabbrica del fasullo, e soprattutto grandiosa fiera dello scenario ricostruito; ma  nel Lazio esistono molti luoghi che da sempre sono serviti da set naturale – e a volte anche improbabile – di film che per ambientazione dovevano trovarsi in posti lontani migliaia di km dall’Italia.
Ad esempio Ladispoli; i suoi boschi e la spiaggia di Borgo di Palo nel 1953 si travestirono da Maracaibo e Isola di Tortuga per ospitare le gesta di “Jolanda la figlia del Corsaro Nero” diretto da Mario Soldati: nel 1966 gli stessi luoghi – soprattutto quelli attorno alla Torre Flavia –  si tramutarono nel Paradiso Terrestre de “La Bibbia” di John Huston.

(immagine da qui)
Il passeggere che nell’Oasi di Ninfa (Latina) passando vicino al Lago di Fogliano spesso aveva visioni di truppe di Scipione l’Africano, o di polinesiani di Bora Bora o di Tigrotti della Malesia; e della cosa poteva anche non stupirsi più di tanto vedendo il paesaggio sabbioso e pieno di palme.
Qualche dubbio però poté nascergli nel 1960 quando Luchino Visconti, causa dissapori con le amministrazioni pubbliche lombarde che gli avevano negato dei permessi di ripresa per “Rocco e i suoi fratelli”, proprio a Fogliano spianò le dune sabbiose, eliminò le palme e piantò un grande cartello con su scritto “Idroscalo di Milano”.
Grottarossa sulla via Flaminia, dove ora si trova il mega Centro Tecnico della Rai, il paesaggio ameno dato da una cava abbandonata di pozzolana e da una specie di pozzanghera stagnante e puteolente che si crede una succursale della palude dello Stige, negli anni ‘70 è stato scenario perfetto per dozzine di film dell’orrore brulicanti morti viventi, mummie, fantasmi e vampiri.
In Brancaleone alle crociate, Gasmann sbarcava sulle rive del Lago di Bracciano; i protagonisi di Tre uomini e una gamba nuotavano nel Laghetto di Vulci.
Ma di sicuro uno dei luoghi più utilizzati come “fondale” di film di ogni genere è la zona di Mazzano Romano, nel Parco Regionale della Valle del Treja; ogni volta che in un film italiano si vedono un bosco, un laghetto e tre piccole cascatelle che vi cadono dentro, si è certi che si tratti delle cascate di Montegelato.
Il primo ad usarle come set pare sia stato nel 1950 Roberto Rossellini in “Francesco giullare di Dio”; ma le cascatelle compaiono spessissimo, ad esempio in “Per grazia ricevuta” con Manfredi, in “Sogni mostruosamente proibiti” con Villaggio, in “Per qualche dollaro in più” di Sergio Leone e in decine di western all’italiana anni ’60 oltre che in dozzine di film erotici.

 

E sono presenti in innumerevoli film mitologici e storici (in quelle acque si sono bagnati dozzine di Sigfridi, Lancillotti, Maghi Merlini, Tarzan, Veneri e Macisti) oltre che in quelli di Bud Spencer e Terence Hill, che di solito ci finivano dentro scazzottandosi.

Le troviamo persino in “Storia di una capinera” di Zeffirelli, quando la protagonista invitata dal padre a fare una passeggiatina intorno alle falde dell’Etna, passin passetto arriva alle tre cascate laziali pullulanti ragazzini siculi che fanno il bagno nudi: magìe del cinema.