Le Perle: Storia e Curiosità

Prezioso dono del mare agli umani, fu la perla ornamento preferito da Polimnia, la Musa addetta agli inni, ai canti e all’eloquenza.

Pare che anche Venere non ne potesse fare a meno e che anzi fosse nata dalla spuma del mare completamente nuda, ma con perle attorno al collo.

E le perle anche in astrologia sono strettamente legate al mare, essendo la pietra portafortuna del Cancro.

La perla, sin dai primordi simbolo di purezza attribuito dai pagani alla Dea dell’Amore, lo divenne poi, dai cristiani, della Vergine Maria. Difatti nell’iconografia sacra sono parecchi i quadri che raffigurano la Madonna adornata di perle e nei testi religiosi più volte lei stessa è definita Perla, nel senso di “pura“.

E nei quadri è adorna di perle anche la Sibilla, quella profetessa pagana che per prima, come dicono i Padri della Chiesa, annunciò l’avvento di Cristo.

Già nei testi orientali dell’VIII secolo a.C. si parla di perle come di cose fantastiche; secondo una leggenda araba le perle altro non sono che gocce di rugiada cadute in mare durante una notte di luna piena e “bevute” dalle ostriche.
Leggenda ripresa da Plinio il quale asserì che le ostriche nel tempo degli amori “si aprono quasi sbadigliassero, si riempiono di rugiada che le feconda e partoriscono poi perle.

Credenze a parte, l’unica cosa certa è che da sempre furono considerate preziosissime.

L’imperatore Caligola (21-41 dC) donò al suo cavallo (quello che aveva già nominato senatore) una collana di perle; ma affinché la moglie non fosse gelosa, ne regalò una anche a lei spendendo qualcosina tipo quaranta milioni di sesterzi (un miliardo di lire, circa; il conto in euro fatevelo un po’ voi).

E lo storico Svetonio (70-140 dC) ci racconta che il generale romano Aulio Vitellio (15-60 dC) riuscì a finanziare un’intera campagna militarevendendo un solo orecchino di perle della madre.

Gli antichi inoltre attribuivano loro moltissime virtù: calmavano l’ira, lenivano i dolori di stomaco, rinsaldavano le amicizie, accendevano la passione perché afrodisiache, rinforzavano le ossa sbiancavano la pelle; per questo Cleopatra era solita berne un po’ sciolte nell’aceto di vino, costosa usanza seguita da molte nobili dame sino al Settecento.

In generale erano considerate una panacea contro ogni malattia; quandoLorenzo il Magnifico fu in punto di morte, gli diedero da bere una pozione di vino con dentro cinque etti di perle tritate.
Ovviamente non servì a nulla, se non a sprecare un patrimonio e a dargli probabilmente il colpo di grazia.

Nel Medioevo qualcuno iniziò a sparger la voce che “portavan lacrime”, seguendo la leggenda che fossero nate dalle lacrime degli angeli ribelli: in realtà le perle fan piangere di gioia le donne non superstiziose che le ricevono in dono. E se proprio vien loro da pensare “non è vero, ma ci credo”, per scongiurare ogni rischio basta “pagarle” dando una monetina al donatore.

© Mitì Vigliero

Perché si dice: Bischero


(foto ©aldoaldoz)

Tutti sanno che “bischero” è un vocabolo usatissimo in tutta la Toscana per definire – se detto in tono affettuoso – un “ingenuo, stupidotto” (un po’ come il “belinùn” genovese) o, in  tono più duro e tagliente, decisamente un “grullo, buono a nulla, persona che si crede furba e invece si rivela stupida e minchiona”.

Sono molti i modi di dire che lo contengono; ad esempio “tre volte bono vol di’ bischero” (se sì è troppo buoni si passa regolarmente per cretini); “avere il quarto d’ora del bischero” (vivere un momento di pura stupidéra); “tra bischeri s’annusano” (e di conseguenza si associano); “andare/fare a bischero sciolto” (comportarsi inconsultamente), per i’ malato c’è la china ma pè i’ bischero un c’è medicina e così via.

A Santa Maria del Fiore,  vicino alla porta detta “del campanile” è murata una targa di marmo con su scritto “Lotti dei Bischeri”: la storia leggendaria del bischero nasce proprio da lì.

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Alla fine del 1200 il Comune di Firenze decise di costruire un nuovo Duomo; quello vecchio, Santa Reparata, come scriveva il Villanicrollava per l’estrema età” e di fianco al nuovissimo battistero di San Giovanni non faceva una bella figura, “apparendo di molto grossa forma”.

La prima simbolica pietra della facciata venne posta l’8 settembre 1296; per arrivare alla conclusione dei lavori ci vollero circa 170 anni, perché si trattò d’un lavoro complesso, intervallato da problemi quali guerre, pestilenze, lotte intestine e, nel loro piccolo, anche bischeri.

Santa Maria del Fiore sarebbe stata immensa, quindi c’era bisogno di molto spazio per costruirla; il Comune deliberò così di acquistare tutte le case e i terreni che si trovavano nel perimetro del progetto.
Proprietaria degli immobili compresi fra l’edificando Duomo e via dell’Oriuolo (dove ora c’è la targa succitata) era l’importante e facoltosa famiglia Bischeri, che fra il 1309 e il 1431 annoverò fra i suoi componenti ben 4 gonfalonieri e 15 priori: insomma, una genìa tutt’altro che sprovveduta.

Però si sa che l’avidità e la consapevolezza d’appartenere alla razza VIP spesso obnubilano gli umani cervelli; fatto sta che, quando il Comune propose ai Bischeri l’acquisto delle loro proprietà, questi, a differenza di tutti gli altri interpellati, iniziarono un’estenuante trattativa sul prezzo, trascinandola per anni, mostrando pubblicamente di volerne fare una mera speculazione edilizia, comportandosi insomma in modo testardo e, giudicato coralmente dalla cittadinanza tutta, pure decisamente stupido.

Poiché la già limitata pazienza fiorentina ha un limite, accadde che una notte un violento ma soprattutto misterioso incendio bruciò tutte le case dei Bischeri, i quali si ritrovarono con qualche tonnellata di cenere e la beffa di dover cedere i terreni ad un prezzo irrisorio.
Altre fonti dicono invece che il Comune si limitò ad espropriare e sbatter giù le case bischeriane senza sborsare manco un fiorino: in ogni caso il risultato scornante per quella famiglia fu lo stesso.

Pare che i signori Bischeri, dopo la bischerata fatta, s’allontanassero dalla città e che i loro posteri tornassero dopo lungo tempo ma solo dopo aver adottato, forse per orgogliosa sfida, un altro cognome: Guadagni.

© Mitì Vigliero

PlacideSegnalazio’

Ecco un po’ di cose belle, divertenti, commoventi, intelligenti, buffe, tenere, golose e interessanti che vi consiglio vivamente di leggere:

Il mare d’inverno, di Ilenia

Mi ricordo di cose e persone che non so, di Mauro Gasparini

Non è facile conquistare l’amicizia di un gatto, di Skip

The Mighty Flying Penguin – Numero Sette, di Xabaras (questo è anche da ascoltare)

Mus Plätzchen e Brombeerbusserl (Blackberry Smacks), di ComidaDeMama

Sensi, di Alessandro Bonino

Il mio minestrone, di Stefano Bonilli

Il post dell’organo Bontempi, di Adamo Lanna

Scrittori, di Maia

Addio agli antichi, di Leonardo

Di fronte all’orto brinato, di Lapiccolacuoca

Il grande raccordo anelare, di Chiagia

Il ghiaccio trasparente, di Dario Bressanini

Il tumblr di Puscic

Il tumblr All Creatures

Il tumblr di Claire

– Per la serie Libri Belli di Blogger: il delizioso Due cuori e un fornello (convivenza con cucina), di Ilaria Mazzarotta

– L’intervista doppia che Camu ha fatto a me e Matteo Pelliti