Il cantuccio della Dea Cloacina: Storia del W.C.

Abbiate pazienza miei lettori, non inorridite mie lettrici; ora debbo con voi visitare quell’oscuro e celato cantuccio della vostra abitazione dove il superbo figlio di Prometeo sacrifica alla dea Cloacina e dove una fatale eguaglianza non meno inesorabile di quella della tomba livella sotto la stessa forca caudina prìncipi e plebei, ricchi e poveri, vecchi e bambini”.

Per l’occasione faccio mie le parole scritte nel 1864 dal medico Paolo Mantegazza nei suoi Almanacchi d’Igiene (ristampati poi nel 1911 col nome “Enciclopedia igienica”), le cui auliche metafore si riferiscono al W.C., strumento poco elegante ma indispensabile e dotato di interessante storia.

Durante la Preistoria gli uomini, esattamente come molti animali, scavavano buche nel terreno e ricoprivano con terra gli escrementi; nelle civiltà più evolute (Cretese, Egiziana, Persiana ecc) si utilizzavano gabinetti stile “turca” con acqua elargita da tubi in terracotta in un sistema di distribuzione simile al nostro.

Roma Vespasiano tappezzò la città di orinatoi pubblici (vespasiani); il “raccolto” veniva poi venduto in particolari asteconciai e tintori, che la usavano come smacchiatore, diluente e disinfettante al posto dell’ammoniaca.

E intorno ai luoghi di riunione (teatri, fori, ecc), esistevano pubbliche latrine dove ci si sedeva tutti vicini continuando le conversazioni mondane o d’affari.

(© Wikipedia)

Roma era nota in tutto il mondo per le sue fognature davvero all’avanguardia: la Cloaca Massima, dopo un tortuoso e lungo tragitto, si scaricava nel Tevere.

Nel Medioevo crollarono tutte le norme igieniche; nelle città, il contenuto dei “vasi” usati giorno e notte veniva svuotato giù dalla finestra sulla pubblica strada, con gran gioia dei passanti.

Nel XIII° sec. tale gentile usanza venne regolamentata da severegrida” (leggi) che stabilivano ore apposite (quelle notturne) e l’obbligo di urlare un avvertimento prima del lancio.

Nei castelli e nei palazzi più eleganti, vi erano invece degli sgabuzzini a muro dotati di asse lignea con buco e una condotta verticale di tubi sempre in terracotta che scaricavano in una cisterna detta pozzo nero, il cui contenuto veniva ritirato – e ciò avvenne sino alla fine dell’Ottocento – da merdaioli (sic) autorizzati, che poi lo rivendevano come concime.

Il momento peggiore fu il Rinascimento; nei palazzi, tutti consideravano saloni isolati, ballatoi e retri delle porte come luoghi atti alla natural bisogna: pensate che Leonardo Da Vinci arrivò a progettare per re Francesco I delle “doppie porte tagliaodori” per isolare le singole stanze del castello di Amboise.

Solo durante Luigi XIV entrarono in uso stanze apposite con tante seggette affiancate, ove si potevano tenere nel frattempo amabili conversari.

(Comoda da camera)

(Comoda vittoriana)

Nell’800, nei primi condomini iniziarono ad apparire i servizi centralizzati; ma essendo i tubi sempre di fragile terracotta e continuando l’uso del pozzo nero, i disagi igienici persistevano; quando però Liebig (sì, quello del dado) scoprì la relazione tra feci e propagazione del colera, vennero inventate fosse settiche a più camere (1881, ma diffuse solo dopo il 1897) e approvvigionamenti idrici sotto pressione.

Infine, mentre continuava indefesso l’uso dei vasi (a sinistra nell’immagine potete per esempio vederne uno molto elegante risalente ai primi del ’900) e delle comode (sedie con un buco sotto il quale andava posto l’immancabile vaso mentre comodino era il mobiletto ove si conservava il vasino da notte) l’inglese Thomas Crapper inventò la flush toilet, wc a cassetta con il primo sifone, che divenne obbligatorio nelle case private dagli anni ’30 nei paesi anglosassoni e solo dal 1950 nel nostro.

© Mitì Vigliero