Nel quartiere di San Fruttuoso, tra la via omonima e via Torti, esiste una strada che s’insinua tra gli alti palazzoni e che si chiama Via dell’Albero d’Oro. (Grazie ad Andrea Beggi per il link)
Sembra strano quel nome in una zona che oggi è tra le più cementificate della città grazie all’urbanizzazione selvaggia che investì Genova dalla fine dal dopoguerra in poi, rendendola da così a così .
Eppure vi fu un tempo lontano lontano, in cui quella località era celebre per i boschi e gli orti e i frutteti coltivati da contadini che vivevano in piccole cascine nascoste nel fittissimo verde.
Ed è qui che nasce la nostra leggenda.
Il proprietario di gran parte di quei terreni era un ricco signorotto viziato che rifuggiva ogni forma di lavoro, fosse anche quello dell’amministrazione dei suoi beni.
Amava vivere in pompa magna, spendere e spandere allegramente, organizzar sontuose feste, frequentare nobili danarosissimi gareggiando con loro in lusso e corteggiare dame particolarmente “allegre” riempiendole di regali.
Ma soprattutto amava giocare ai dadi, attività che considerava un modo divertente e poco faticoso per guadagnare.
E proprio con il gioco riuscì velocemente a perdere tutto il suo patrimonio, tranne un pezzetto minuscolo di terra dove c’era solo uno striminzito albero d’alloro.
Annaspando tra i debiti, terrorizzato dal futuro che vedeva buio e cupo, una sera al tavolo da gioco pose come posta dell’ultima giocata proprio quell’albero.
E stranamente da quel giorno ricominciò a vincere, recuperando tutti i beni che aveva perduto.
Ma era cambiato. Aveva capito che quell’alberello gracile rappresentava la dignità, l’amor proprio, il coraggio di prendersi le proprie responsabilità.
Un albero scialbo, banale, semplice, comune, che poco destava ammirazione era l’esatto contrario di tutto quello che – rutilante, lussuoso, affascinante, appariscente e dannoso – l’aveva attratto portandolo ad un passo dalla rovina.
Un albero così prezioso che la fantasia popolare, conosciuta la storia, chiamò l’Albero d’Oro.
E un albero d’alloro vi fu sempre in quella strada che conduce a Villa Imperiale .
Uno, antichissimo, venne abbattuto negli anni Ottanta perché malato.
Ma subito sostituito con uno più giovane e forte, come buon auspicio.