L’odore e il sapore delle cose: merendine e magia

Quando di un lontano passato niente più resta, dopo che i popoli sono morti, dopo che le cose sono andate distrutte, resta solo, più persistente, più fedele, l’odore e il sapore delle cose, che rimane sospeso per lungo tempo. È una presenza che risveglia la nostra memoria, e aspetta, sperando che arrivi il suo momento, in mezzo alle rovine di tutto il resto e vi porta con sé nella struttura sottile, quasi impalpabile nella sua realtà, la grandiosa bellezza del ricordo
Marcel Proust

barretta ovomaltina

E proprio ieri, sbocconcellando una merendina della mia infanzia che credevo estinta da tempo – le mitiche barrette di Ovomaltina – dopo il primo morso mi sono trovata a 7 anni, Torino, tragitto scuola-casa, via Madama Cristina via Canova.

La mano di mamma stretta attorno alla mia, la sosta in una piccola drogheria (Prodotti Coloniali scritto sull’insegna) per comprare le barrette, il grembiulino nero e il fiocco rosa, la cartella rossa come il cestino del pranzo (mangiavo là, uscivamo ogni giorno alle 16), la lunghissima treccia di Raffaella, gli occhi azzurrissimi di Elisa, compagne e amiche predilette, i quaderni con la copertina di plastica blu (Italiano) e verde (Matematica), il fruscìo delle foglie dei tigli in cortile, l’odore speciale che ha Torino in primavera…

Un viaggio-lampo a ritroso nel tempo.
Più di 50 anni annullati dal sapore di Cioccovo.

Ditemi: non è un po’ magia, questa?

© Mitì Vigliero

Ricordi in bianco e nero: voi ricordate come giocavate da bambini?

Riguardo alcune belle fotografie dell’archivio Gettyimages pubblicate da Repubblica.it anni fa.

Mi risvegliano ricordi in bianco e nero di giochi d’infanzia.

Tanti mi sono estremamente familiari; le tante sederate prese al parco del Valentino   cadendo dai pattini (foto 2), sulle discesine attorno la Fontana delle Stagioni

E poi le bambole coi servizi da tè (foto 10), il Meccano (foto 22), cavalluccio (foto 13), l’hulahop (foto 1), Campana (foto 7) e pallamuro (foto 13), lanciata a ripetizione recitando filastrocche surreali.

Questo invece (foto 25non so che sia… Una specie di Campana?

Di girandole (foto 3)  ne ho ancora una, piantata in un vaso di gardenie sul terrazzo.

Guardando quei giochi, rammentandone tanti altri  non lì presenti e confrontandoli con quelli di oggi, mi accorgo di quanto fossero semplici ed essenziali, un poco rozzi, senza tanti orpelli e meccanismi e colori e forme precise, imperfetti nella struttura…

Ma l’ingrediente che li rendeva speciali , facendoci concentrare su di loro per ore e ore, senza passare freneticamente da uno all’altro causa noia improvvisa, era la nostra Fantasia.

E voi li ricordate i vostri giochi?

© Mitì Vigliero

Volta la Carta e il Gioco dell’Oca. E voi, quali filastrocche o “conte” infantili conoscete?



(Lele Luzzati)

La donnina che semina il grano
volta la carta e si vede il villano.

Il villano che zappa la terra
volta la carta e si vede la guerra.

La guerra con tanti soldati
volta la carta e si vede i malati.

I malati con tanto dolore
volta la carta e si vede il dottore.

Il dottore che fa la ricetta
volta la carta e si vede Concetta.

La Concetta che fa i brigidini
volta la carta e ci sono i bambini.

I bambini che van per i campi
volta la carta e si vedono i lampi.

I lampi che fanno spavento
volta la carta e si vede il convento.

Il convento con frati in preghiera
volta la carta e si vede la fiera.

La fiera con burle e con lazzi
volta la carta e si vedono i pazzi.

I pazzi che cantano a letto
volta la carta e si vede lo spettro.

Uno spettro che appare e va via
volta la carta e si vede Lucia.

Lucia che fa un vestitino
volta la carta e si vede Arlecchino.

Arlecchino che fa gli sgambetti
volta la carta e ci sono i galletti.

I galletti che cantano forte
volta la carta e si vede la Morte.

La Morte che falcia la gente
volta la carta e non si vede più niente.

Questa è una delle tante versioni  di una delle più celebri filastrocche, che venne musicata anche da De Andrè (che ne variò il testo), e che forse però pochi sanno essere ispirata alle tavole del Gioco dell’Oca.

I primi esemplari del gioco, in stampe, li troviamo nel 1600; ma probabilmente esisteva anche prima.

Gli Enciclopedisti francesi nel 1792 pubblicarono lo schema tipico: 63 caselle nella caratteristica successione a spirale ellittica, che riportano disegnate oche in modo sparso e poi numeri fissi caratterizzati da figure fisse (6 il ponte, 19 l’ospedale, 26 e 53 i dadi , 58 la Morte ecc.)

Quei numeri e quelle immagini non sono affatto posti a caso; le oche sono messe tutte sul 9 e i suoi multipli (18, 27, 36 ecc).
E il 9 è considerato il numero della perfezione.

Tutto il gioco è diviso in 7 sezioni, e il 7 nella numerologia antica è il numero del “periodo vitale”: 7 i giorni della Creazione, 7 le Fasi Lunari, 7 le epoche della vita .
Infatti Dante stabilisce la metà del cammin di nostra vita (esistenza attiva) a 35 anni (multiplo di 7).

E le 63 (9×7) caselle del gioco dell’oca simboleggiano il “gran climaterio”, nel Seicento (tempi in cui la vita umana era più breve) considerato la fine del ciclo fisiologico della vita umana e il conseguente arrivo alla vecchiaia.

E propro con la vecchiaia finisce il gioco , col verso finale “La Morte che falcia la gente/volta la carta e non si vede più niente”.

©Mitì Vigliero

E voi quali filastrocche (o “conte”) conoscete?

(QUI i commenti su FriendFeed, che ha deciso di far sciopero e non traslocarli)