La Mansarda Sparita nel Nulla

Dopo tante paturnie e ansie, qui si vuole tornare a sorridere.
Perciò oggi vi racconto

Gli scherzi migliori fatti da personaggi insospettabili

Non è detto che gli scherzi siano da farsi solo al primo d’aprile, anzi: i migliori riescono proprio quando sono assolutamente inaspettati.

Alcuni personaggi famosi descrissero a Marcello Marchesi e Gustavo Palazio gli scherzi più belli che conoscevano e i magnifici due li   raccolsero in due libri -purtroppo ormai introvabili– editi dalla Sugarco : Scherzi a parte, titolo ripreso oggi da  una famosa trasmissione tv, e Vivendo e scherzando.

Vi racconto i miei preferiti.

L’appartamento fantasma

Un tremendo scherzo fatto dal  regista Duccio Tessari   a un suo amico di Torino che abitava nella  mansarda del suo stesso condominio.
Per arrivarvi l’amico prendeva l’ascensore sino all’ultimo piano, saliva quattro gradini e alla fine si trovava di fronte alla porta del suo appartamento.

Un giorno questo signore partì, assentandosi per due mesi. Da quel momento iniziò un brulicante via vai di operai che, ufficialmente, andavano a fare lavori dal Tessari che abitava al quarto piano, proprio sotto di lui.

Finalmente il signore tornò: era notte, arrivò con un taxi, pagò, scese ed entrò nel portone del palazzo.

Prese l’ascensore, arrivò all’ultimo piano, fece per salire i quattro gradini…ma si trovò di fronte un muro alto sino al soffitto.

Convinto di aver sbagliato casa a causa della stanchezza, riprese l’ascensore, scese, uscì dal portone, controllò il numero civico e vide che era esatto.

Allora rientrò nel palazzo, risalì con l’ascensore e ritrovò il muro.

A quel punto, preso dal panico corse a suonare il campanello dell’amico Duccio, ma si trovò di fronte un tizio sconosciuto in pigiama al quale gridò: “Aiuto! E’ sparito il mio appartamento in mansarda!” 

E quello (ovviamente complice del Tessari) rispose:
“Appartamento? Ma lei chi è? In mansarda? Ma qui non c’è mai stata una mansarda…”.

Lo scherzo finì quando il signore svenne.


Il Pallino del Direttore

Guglielmo Zucconi invece raccontò uno scherzo fatto nella redazione del Corriere della Sera, nel 1941.

Il direttore era Aldo Borrelli, e in redazione lavorava Dario Ortolani, giovane cronista assai in gamba, ma gran burlone.
Un giorno arrivò un nuovo giornalista, un signore anzianotto e distintissimo.

Ortolani, d’accordo con altri colleghi, iniziò a parlargli del Direttore il quale, a suo dire, era un meridionale verace affetto da uno strano pallino: “Anche tu dovrai sottoporti, vedrai…”, gli diceva in tono misterioso.

Lo tenne sulla corda per un paio di giorni, senza rivelargli quale fosse ‘sto benedetto “pallino”; poi finamente gli svelò che tutti i redattori del Corsera, appena assunti, dovevano cantare una canzone a Borrelli, così, come omaggio.
Però non dovevano cantargliela in un momento qualsiasi, no: solo alle undici del mattino, quando il barbiere andava in via Solferino per fargli la barba.

Così il giornalista, terrorizzato, una mattina si presentò puntuale di fronte all’ufficio. Bussò. Entrò.

Borrelli stava lì con la faccia insaponata; il giornalista imbarazzatissimo disse: “Direttore… ehm… io sarei qui per…comincio?”.

Il Direttore, già seccato per l’intrusione, ringhiò: “E comincia!” e quello a tutta voce iniziò: “O sole miooo…”.

Gliela cantò tutta, e Borrelli stava a guardarlo esterrefatto insieme al barbiere che era rimasto col rasoio a mezz’aria.

Alla fine il Direttore si mise a gridare: “Ma che c… succede?”.

Il tapino, balbettando e scusandosi, spiegò e fuggì: ma andò a finire che l’Ortolani rimase tutto il giorno barricato in un gabinetto del secondo piano, poiché la sua vittima lo stava cercando brandendo un paio di forbici e dichiarando che voleva mettergli le budella attorno al collo.


La Crescita Miracolosa

Sempre Zucconi raccontò un altro scherzo , fatto stavolta a un redattore del Resto del Carlino; costui era un signore molto bravo,  poeta ipersensibile che diceva di essere un”sensitivo”, di sentire delle “voci interne”, di avvertire “presenze” e così via.

Aveva un’unica debolezza: soffriva moltissimo per la sua bassa statura, quand’era seduto i suoi piedi non toccavano neppure il pavimento… e proprio per questo fu vittima di un tiro feroce.

Un collega, con pazienza certosina, per circa quindici giorni gli limò ogni giorno un pezzetto delle quattro gambe della seggiola; il redattore probabilmente si  accorse che qualcosa stava accadendo, che riusciva quasi a sfiorare il pavimento…Pensò di stare aumentando di statura grazie ad un miracolo, ma non disse nulla sino a quando un mattino la redazione fu lacerata da un urlo sovrumano: “Tooccoooo!”.

Come andò a finire però nessuno lo dice.

 

©Mitì Vigliero