La palla di Garibaldi: una storia medica poco conosciuta

Che Garibaldi “fu ferito ad una gamba” sull’Aspromonte il 28 agosto 1862 è cosa nota a tutti; un po’ meno lo è quello che gli accadde dopo.

A colpirlo nel malleolo destro era stata una grossa palla conica da carabina di bersagliere; visitato sul campo dal suo medico Enrico Albanese, il Generale gli disse: “Secondo me la palla è rimasta dentro: tirala fuori”.

L’Albanese fece un’incisione tegumenale, esplorò la ferita ma venne bloccato dai regi ufficiali che spedirono immediatamente lui e Garibaldi in barella dall’Aspromonte sino a Scilla dove vennero imbarcati sulla pirofregata Duca di Genova e depositati infine come prigionieri – il 4 settembre – alVarignano, allora ospedale-fortezza della Regia Marina a La Spezia.

Qui, alle 2 di notte, attorno al letto del Corsaro si riunirono 9 luminari, convocati d’urgenza dal Ministero degli Interni per cercare di capire se la palla ci fosse o no; tra questi il prof. Luigi Porta di Pavia, e il prof.Francesco Rizzoli, futuro fondatore dell’Istituto Ortopedico bolognese.

Tutti e nove a turno gli scavarono nella ferita, negando la presenza della palla.

Intanto Garibaldi aveva una febbre da cavallo, la gamba gonfia e bollente, la lesione piena di pus.

Ci si rivolse allora a specialisti esteri; il 16 settembre arrivò da Londra il prof. Richard Partridge, dell’Ospedale Reale, che affermò che della palla non v’era traccia.

Il 9 ottobre Garibaldi delirava per la febbre e la gamba si era gonfiata sino all’inguine.

Il 17 giunse da Milano il prof. Agostino Bertani il quale disse: “Che la palla ci sia o meno, è troppo tardi: bisognerà amputare”.

Ministri e patrioti ebbero un mancamento: amputare?
Manco per sogno!

E così il 29 riunirono in consulto attorno alla gamba garibaldina 18 medici di varie nazionalità; fra questi il chimico francese Auguste Nélaton, inventore di un particolare strumento d’indagine clinica, sorta di uncino sottilissimo e flessibile che aveva in punta un bottone di porcellana bianca grezza il quale, infilato nell’osso e sfregato sull’eventuale palla, tingendosi di nero ne avrebbe rivelata la presenza.

Tornato a Parigi, spedì al Varignano una coppia di specilli, delegando agli esimi colleghi l’ispezione.

Questi ovviamente dovevano prenderci la mano e, saliti intanto i medici al numero di 23, provarono per giorni ad infilare gli specilli su e giù per il canale della ferita, alla vana ricerca della stramaledetta palla.

Il 20 novembre un Garibaldi stravolto e furibondo venne trasportato a Pisa dove il prof Paolo Tassinari, finalmente, riuscì a infilare in modo giusto lo specillo e trovare tracce di piombo.

Il 23 novembre, dopo 3 mesi, con gran sollievo di Ministri, Garibaldini, ma soprattutto dell’Eroe dei Due Mondi, la palla venne individuata nel malleolo dal giovane dottor Giuseppe Basile di Siculiana (Agrigento) e materialmente estratta durante una lunga operazione – ovviamente senza anestesia – dal professor Zannetti all’Ospedale di San Giovanni di Firenze.

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Qui nel 1948, l’allora primario prof. Giovanni Cavina, trovò un’antica cartella di cuoio con su scritto: “Strumenti del Senatore Prof Ferdinando Zannetti, serviti per estrarre la palla al generale Garibaldi”.

Dentro, i due arrugginiti specilli.
Ma niente palla.

Essa si trova oggi al Museo del Risorgimento di Torino.

© Mitì Vigliero