Brevissime curiosità su Genova scritte da chi ha fretta per chi ha fretta
– I facchini della Stazione Marittima addetti ai bagagli dei passeggeri venivano detti camalletti, per distinguerli dai camalli del Porto che trasportavano merci ben più pesanti.
– Secondo i vecchi genovesi, le 3 statue poste sulla facciata della Basilica di Santa Maria Assunta in Carignano, parlano.
San Pietro, a sinistra, con le mani giunte dice: “Quante balle han faeto i Sauli!”
San Paolo, a destra, toccandosi la fronte: “Non ho tanti cavelli in scia testa…”
La Madonna, in alto e centrale, con aria smarrita risponde: “E mi cossa ne posso?”
– La Casa dello Studente fu costruita sul terreno di un vecchio edificio color verdastro, l’osteria “Palazzo Verde“, dove sostavano i besagnini con i loro carri al rientro dal mercato. Pare avesse fama di essere abitata dagli spiriti. Casa degli orrori lo fu veramente dal 1943 al 1945, quando divenne sede della Gestapo; mostruoso luogo di reclusione e tortura di molti esponenti dell’antifascismo; fra questi, il mio indimenticabile Nonno Migio
– Nel 1346 Gani Bek Khan, assediando la città genovese di Caffa, per costringerla alla resa vi catapultò dentro i cadaveri dei suoi soldati mongoli ammalati di Peste Nera. Fu il primo caso di bombardamento con armi batteriologiche.
– Nel cortile di Palazzo Spinola di Pellicceria si trova una colonna che se picchiettata con una monetina dà un suono argentino (dicono sia la seconda a sinistra)
(*)
– Decorare il primo piano dei palazzi privati con fasce bianche e nere era un privilegio concesso soltanto a famiglie con grandi meriti: Doria, Fieschi, Spinola, Grimaldi.
– Le mattonelle di maiolica che nel 1100 – 1200 decoravano alcune guglie di campanili (in foto quella di Sant’Agostino), oltre che una funzione decorativa indicavano ai pellegrini la possibilità di essere ospitati per 48 ore.
– In via Giulia (odierna via XX Settembre) si trovava il Caffè del Genio, frequentato assiduamente da Cavour quando era giovane sottotenente del Genio Militare in forza a Genova (e faceva soffrire per amore la bella Nina)
– Un modo di dire genovese ormai quasi scomparso e usato per definire una cosa che piace moltissimo, quasi in maniera eccessiva è “A l’è ‘l me Miché“, è il mio Michele. Deriva da San Michele Arcangelo, detto anche Angelo della Morte. E’ l’odierno “Mi piace da morire“.