Vi Racconto Perché La Festa Di San Valentino E’ In Febbraio E In Che Modo Poco Pucci Festeggiassero Gli Antichi Innamorati Romani

Il giorno di San Valentino, dolce e tenero, pullulante cuoricini, cioccolatini e pucci pucci tra innamorati, trae in realtà origine da una delle feste pagane più oscene e licenziose dell’antica romanità: i Lupercalia.

Pan Luperco (identificabile poi in Fauno) era il silvano dio della fertilità, delle messi e degli armenti, che proteggeva dagli assalti dei lupi.

Febbraio era il “mensis februarius” (da “februo”, purificare), consacrato alla Dea Iunio Februata (Giunone Purificatrice), considerato allora l’ultimo mese dell’anno e dedicato appunto alla Purificazione delle cose e degli uomini.

I riti iniziavano alle calende del mese col rito della Februatio, processioni di fanciulle che giravano per Roma tenendo in mano purificanti candele accese (la futura Candelora).

Invece alle idi (metà mese) i sacerdoti di Luperco, detti Luperci, gestivano due giorni di cerimonie dedicate alla purificazione dei corpi per favorire la fecondità, ben descritte da Plutarco nelle Vite parallele (Vita di Cesare, cap. 61).

La sera del 14 febbraio, le donne di qualunque età che non avevano mai partorito scrivevano il loro nome su pezzetti di coccio che venivano messi in un grande orcio; la stessa cosa facevano gli uomini in un altro orcio (ed ecco probabilmente l’orgine storica dei bigliettini di San Valentino).

Poi, in una sorta di lotteria, i nomi venivano estratti contemporaneamente a sorte formando delle coppie che il 15 febbraio, insieme alla popolazione tutta, si radunavano sul colle Palatino in una grotta chiamata Lupercale, dove la leggenda voleva che Romolo e Remo fossero stati allattati dalla Lupa.

I sacerdoti sacrificavano a Luperco delle capre e un cane, e consacravano Luperci due ragazzi patrizi segnandoli col sangue di capra sulla fronte e lavandoglielo poi con lana bianca bagnata di purificatore latte caprino.

Scuoiate le capre, ne tagliavano le pelli ancora calde e gocciolanti in strisce dette “februa” (purificatrici) o “amiculum Iunonis”, che i due ragazzi nudi si legavano ai fianchi a contatto dei genitali.

(Lupercalia, Domenico Beccafumi)

In realtà le februa erano fruste che i due novelli Luperci, correndo attorno al Palatino come forsennati, usavano per fustigare selvaggiamente chi capitava loro a tiro; soprattutto donne, che si offrivano volontariamente alle “februate”, considerate metodo sicuro per ottenere la fertilità.

Finita la corsa e le frustate, iniziavano ovunque feste, banchetti e libagioni ove le coppie che il caso aveva unito il giorno prima, erano da quel momento libere di congiungersi quando, dove e come gli pareva, sino alla gravidanza di lei.

Se avveniva, bene.

Se ci si piaceva, ci si sposava pure.

Sennò amici come prima e ci si riprovava il 14 febbraio dell’anno dopo.

I Lupercalia durarono sino al 496 dC, quando Papa Gelasio I li proibì, eleggendo il martire Valentino vescovo di Terni come santo protettore degli innamorati e stabilendone la festa proprio il 14 febbraio, e sostituendo definitivamente Luperco e la Dea Purificatrice Giunone con la ricorrenza, il 15, della Purificazione di Maria Vergine.

© Mitì Vigliero

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