I primi ad indossarla furono i legionari romani stanziati nelle regioni del Nord Europa; una striscia di tessuto detta focale stretta attorno al collo con un nodo, lasciando pencolare i due capi sul petto e che serviva soprattutto a ripararsi dal freddo.
La cravatta vera e propria, con mera funzione ornamentale, nacque solo all’inizio del 1600: una larga striscia di lino bianco o rosso : la kravatska (dallo slavo krvat, croato) che faceva parte della divisa delle milizie croate al soldo di Luigi XIV.
Aveva un significato romantico; si trattava del dono fatto da mogli, fidanzate e amanti ai soldati che partivano per la guerra in territori lontani: legato al collo era testimonianza di legame e segno di fedeltà verso la donna amata.
Sino agli inizi del ‘700, questo modello conosciuto anche come fasciola era indossata solo da religiosi, medici e anziani professionisti; gli altri preferivano lo jabot, una pettorina di pizzo arricciato o plissettato.
Durante il Direttorio, i nobili avvolgevano attorno al collo larghi foulard candidi mentre i rivoluzionari – in aperta polemica – ne sfoggiavano di neri che simboleggiavano “dannazione eterna”.
La cravatta più simile alla nostra moderna risale all’800: una stretta striscia di seta passata sotto il colletto della camicia e di solito annodata con un fiocco sul davanti.
Il “come” annodare il fiocco si tramutò in una questione altamente estetica e modaiola, tanto che in quel periodo vennero pubblicati innumerevoli manuali riguardanti “l’arte di annodarsi la cravatta”; uno di questi fu scritto da Honoré de Balzac.
Una delle cravatte più in voga allora fu quella detta alla Byron; il celebre poeta infatti la portava non sotto il colletto, ma appoggiata alta sulla nuca, passata attorno al collo subito sotto il mento avvolgendo le due estremità in un grande fiocco mai largo meno di dieci centimetri e terminate con due grandi cocche. Questa cravatta veniva usata soprattutto dai letterati, Leopardi in testa.
In compenso quella alla Lord Brummel fasciava completamente e “spessamente” il collo, stile medicazione dopo un colpo di frusta.
Alla fine del XIX secolo , in piena Belle Epoque, la stella del varietà francese Ève Lavallière (1866-1929), che si chiamava in realtà Eugenia Fenoglio ed era figlia di un sarto italiano emigrato a Parigi, lanciò quel tipo di cravatta larga e svolazzante che in suo onore venne chiamata alla Lavallière e che piaceva moltissimo a pittori e socialisti; gli anarchici invece allora preferivano distinguersi indossando una cravattina nera terminante con due palline.
Ma alla fine del secolo nacque l’uso di lasciare le cocche del fiocco sempre più lunghe, tanto che questo scomparve lasciando il posto al solo nodo, come nelle nostre cravatte odierne; e anche lì nacquero grandi studi sull’arte di farli, quei nodi:
Molti invece, non volendo rinunciare al fiocco, adottarono il papillon, detto anche cravattino o farfallino: un fiocchetto rigido in tessuto pregiato, oggi usato soprattutto con abiti eleganti.