(nella foto, il primo giallo pubblicato da Mondadori)
Il primo testo di narrativa “gialla” della storia riconosciuto ufficialmente risale al 1841 ed è “I delitti della Rue Morgue” di Edgar Allan Poe; per la prima volta un delitto, l’analisi della vicenda e la deduzione per scoprire il colpevole prendono il posto del sentimento e della trama storica.
Erano gli anni del Positivismo, che induceva allo studio della società umana tramite strumenti scientifici; la nascita delle grandi città portò inevitabilmente allo sviluppo di una nuova e particolare forma di criminalità, quella urbana: infatti fu proprio allora che nacque la scienza dell’ Antropologia Criminale.
Il termine “giallo” attribuito ai romanzi che trattassero argomenti polizieschi e delinquenziali nacque in Italia nel 1929: fu l’editore Arnoldo Mondadori a lanciare sul mercato una nuova collana, molto popolare, che si poteva acquistare non solo in libreria ma anche in edicola: per distinguerla dagli altri libri, fu caratterizzata proprio da una copertina color giallo vivo.
Il Giallo doveva e deve seguire una struttura semplice ma scandita da norme classiche: da leggere assolutamente, a questo proposito, le 20 Regole scritte da S.S. Van Dine (1888 – 1939), proprio l’autore del primo giallo Mondadori.
La base della narrazione è elementare ma rigorosa: ci deve essere un delitto, poi un’indagine e infine una soluzione.
Ciò lo distingue da altri generi simili di narrativa come il “romanzo criminale” in cui l’eroe non è un detective più o meno professionista (Maigret o Miss Marple) ma un delinquente (Lupin o Fantomas), o il “thriller” (letteralmente “che dà i brividi”) in cui i protagonisti, buoni e cattivi, sono ugualmente protagonisti e le loro avventure spesso truculente tengono il lettore col fiato sospeso in un’atmosfera più orrorifica che scientifica (basti pensare ai romanzi della Cornwell o all’inquietante Hannibal).
Nel Giallo il delitto è la causa scatenante della storia; un omicidio improvviso che solitamente spezza una situazione di placida tranquillità: mai gratuito ma sempre spiegabile da un movente, è spesso il primo di altri; però pure quelli sono tutti correlati e “logici” (eliminazione di testimoni o complici, ecc).
Il “luogo” è solitamente preciso e ristretto: una camera chiusa, uno scompartimento di un treno, una cabina di nave, una villa isolata (le ambientazioni predilette da Agatha Christie).
L’ “alibi” e il “movente” sono di legge fondamentali, lucidi e credibili, mai basati solo su crisi improvvise di follia o inspiegabili attacchi di ferine crudeltà.
Il colpevole deve rigorosamente essere la persona meno sospettabile, la più tranquilla, mite e apparentemente innocua.
Infine l’ “indagine”, che è la parte centrale di tutta la storia, completamenteincentrata sulla figura e il carattere dell’investigatore.
Si va dal metodo tranquillamente deduttivo di Sherlock Holmes (“Elementare, Watson”) e Poirot (che usava le sue celeberrime “celluline grigie”), a quello apparentemente immobile di Nero Wolfe (che risolveva i casi facendo galoppare il suo assistente Archie Goodwin mentre lui se ne stava sparapanzato sulla poltrona dietro la scrivania o barricato nella serra di orchidee), a quello attivo e rischioso di Marlowe, a quello più induttivo di Montalbano, Derrick o Colombo.