Storie Brividose: Il Museo Delle Anime Del Purgatorio A Roma

Padre Victor Jouet era un missionario francese di stanza a Roma; nel 1893 comprò un terreno sul Lungotevere Prati e l’anno dopo, su progetto dell’ingegnere Giuseppe Gualandi,  diede inizio ai lavori di costruzione della Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio, detta dai romani “il piccolo Duomo di Milano” proprio perché ne sembra la miniatura.

Il 15 settembre 1897, mentre il sacerdote stava celebrando Messa in una cappellina  provvisoria  (l’edificazione chiesa infatti venne terminata solo nel 1917), l’altare prese misteriosamente fuoco: spente le fiamme con l’aiuto dei fedeli che stavano assistendo alla funzione, tutti si accorsero che sul muro dietro l’altare era comparso un sofferente volto maschile.

Padre Jouet si convinse che si trattasse di un’anima del Purgatorio che si era manifestata in quel modo per chiedere suffragi e da quel momento, con l’appoggio di Papa Pio X, dedicò la sua vita a viaggiare per l’Europa alla ricerca di testimonianze concrete di altre simili apparizioni.

Trovò molto materiale e lo trasferì nella sacrestia della chiesa, al numero 18 di via Lungotevere Prati all’angolo con via Paolo Mercuri, dando vita in tal modo all’inquietante “Museo Cristiano dell’Oltretomba”; nel 1920 gran parte delle testimonianze venne eliminata perché giudicata decisamente fasulla: ora ne resta una piccola parte racchiusa in una teca.

Le anime del Purgatorio, quando si materializzano a parenti o amici per implorare preghiere atte ad alleviare le loro pene e a velocizzare la loro andata in Paradiso, lo fanno lasciando impronte di fuoco: per questo nella teca sono visibili stoffe, libri, tavole e oggetti di legno sui quali spiccano manate e ditate carbonizzate.

Tutte le reliquie sono accompagnate da meticolosi scritti che ne raccontano la storia.

Ad esempio c’è quella della camicia da notte di suor Isabelle Fornari, badessa delle Clarisse di Todi, alla quale il 1° novembre del 1731 apparve il “defunto padre Panzini, abbate olivetano di Mantova” il quale le lasciò sulla manica della camicia ben quattro impronte infuocate e sanguinanti.

Poi c’è una berretta da notte maschile, con tanto di fiocco lungo 45 cm, appartenuta a tal Luigi Le Sénéchal che porta stampate le cinque dita infuocate della moglie  apparsagli la notte del 7 maggio 1875.

C’è la federa del cuscino di suor Margherita del Sacro Cuore dove spicca la bruciatura lasciata dal dito della consorella Maria manifestatasi il 5 giugno 1894 nel monastero di Santa Chiara a Bastia Umbra, e c’è la mano che la defunta Clara Scholers fece sfrigolare sulla sottoveste di suor Margherita Herendorps la notte del 13 ottobre 1696 nel monastero di Winnedorf in Westfalia.

Notevole è infine la fotocopia di una delle 30 banconote da 10 lire (ovviamente bruciacchiate) lasciate le notti tra il 18 agosto e il 9 novembre 1920 nel monastero di San Leonardo di Montefalco da un sacerdote defunto che intendeva così pagare Messe per la sua anima.

Ma dove la purgante anima trovasse il danaro da lasciare in chiesa, resta il mistero più grande.

© Mitì Vigliero

Notturno

In campagna esiste davvero il silenzio.

Silenzio che in una Casa come questa è rumorosissimo.

Il legno dei vecchi mobili e delle travi d’improvviso emette scricchiolii tanto violenti da sembrare spari.

E spesso, nelle stanze semibuie, accade di captare con gli angoli degli occhi ombre sfuggenti: topi o fantasmi?

Le antiche terre come questa sono impregnate di vita altrui.

E’ impossibile che i vivi passati, così tanto legati al loro suolo, non abbiamo lasciato qualcosa: non può esistere impermeabilità, quando ci sono muri così umidi.

Per questo di notte in Casa si sentono ovunque sussurri, tonfi, scricchiolii, scalpiccii, schiocchi.

Per questo di notte dal cortile e dal giardino giungono arcani borbogli, rugghi, scrosci, mormorii, tonfi, ciottolii, ronzii, scricchi, stropicciamenti, zirlii.

E’ un continuo pissi pissi, cric cric, taf tunf, tuppete tappete, tic tac, tri tri.

Altro che solingo fru fru tra le fratte: qui rumoreggia un intero Universo.

© Mitì Vigliero

Brividi a Genova: Fantasmi e Misteri della Superba

 

(Foto ©Roby64)

La Superba pullula di luoghi ove “ghe se vedde, ghe se sente”, ossia si vedono, captano e ricordano sensazioni e accadimenti inquietanti.

Ad esempio, forse non tutti gli abitanti di Salita Emanuele Cavallo e di Salita Accinelli – nel quartiere di Castelletto – sanno di abitare in quelle che sino al 1865 si chiamavano, rispettivamente,  Salita (Muntà) dell’Agonia e Salita della Morte.

Questo perché i condannati alla forca, che dal 1509 si trovava in via del Castellaccio,  percorrevano da vivi la prima salita, e scendevano defunti dall’altra.

Nel ‘700 le impiccagioni costituivano, come in altre parti d’Italia, un vero spettacolo per la popolazione; nella folla di spettatori spiccavano eleganti nobildonne che, sedute a tavolinetti portatili stile picnic, insieme ad amiche, cicisbei e valletti assistevano all’esecuzione intingendo biscottini in tazze di cioccolata calda se era inverno, o gustando sorbetti in estate.

Invece la spianata dell’Acquasola, vicina a piazza Corvetto, è da sempre nota come luogo di presenze occulte; questo potrebbe avere una spiegazione con i suoi sotterranei che vennero usati come cimitero durante la peste del 1657 che fece fuori 80.000 genovesi; tuttora quei sotterranei pullulano ossa e crani.

Nel quartiere di Portoria, danneggiato in parte dai bombardamenti e infine buttato giù e completamente ricostruito negli anni ’60/’70 per creare “la nuova Genova”, vaga – anche di giorno- il fantasma della vecchina di vico Librai, che cerca la sua casa e il suo vicolo chiedendo indicazioni ai passanti. Dicono che una sera di non molti anni fa sia entrata persino in un bar, e abbia dimenticato il portafoglio contenente monete del Regno, immaginette e un piccolo rosario, che sono stati stimati quali oggetti autentici dell’Ottocento.

Marassi, dietro i “distinti” dello stadio Luigi Ferraris, si trova Villa Centurione Musso Piantelli, nota per ospitare spiriti maneschi; infatti chi vi andava veniva regolarmente preso a schiaffoni da mani invisibili.

Proprio a fianco della villa, e precisamente al civico 7, sesto piano, nel febbraio del 1933 una coppia di novelli sposi venne terrorizzata di notte da colpi mostruosi che dalle 23 all’1,30 venivano picchiati contro la porta d’ingresso; fecero benedire la casa, tramite i giornali dell’epoca chiesero aiuto ad esperti, ma senza risultato.

Dicono anche che a quella Villa sia legata una maledizione particolare lanciata da una manente alla squadra del Genoa

Altro episodio tenebroso riguarda due pappagalli brasiliani i quali, venduti da un marinaio a due persone abitanti rispettivamente in corso Torino 9 e via San Fruttuoso 11, nel marzo del 1897 uccisero con un misterioso virus tutti i componenti delle due famiglie oltre un bel po’ di loro conoscenti, per un totale di 14 persone: si narra che nelle notti di luna si vedano svolazzare nelle due strade i due untori pennuti.

Infine nell’Ottocento, nel Bosco della Crosa del Diavolo (odierno Largo San Giuseppe)  col calar del buio comparivano fantasmi che terrorizzavano la popolazione; si trattava in realtà degli appartenenti alla Confraternita di San Germano i quali ufficialmente si occupavano di religione, ma in realtà cospiravano politicamente e raccoglievano fondi dedicandosi al contrabbando e ad altri affarucci non propriamente legali.

Non volendo nessun rompiscatole tra i piedi durante le riunioni, si mettevano un lenzuolo addosso, sotto il lenzuolo una lanterna accesa, indossavano lunghi trampoli e così, giganti illuminati e ululanti, si avventavano sui passanti.

Curiosità: come colonna sonora utilizzavano un tacchino legato a catenelle di ferro il quale, sbatacchiando le ali, produceva un’infernale armonia.

© Mitì Vigliero