Le Storie di Genova: Il 29 Agosto e la Madonna della Guardia

Come al solito, anche nel 1490 le cose a Genova non andavano bene: regnava una sorta di anarchia e, come ogni fine secolo, si era in piena decadenza ideologica e morale.

Mancavano punti fermi, i cittadini si sentivano allo sbando, non credevano più in nessuno e in nulla.

Il Doge Paolo Fregoso, pur essendo di professione arcivescovo, ne aveva combinate di tutti i colori, compreso fabbricare cinque figli, tanto da essere spedito in esilio; i Fieschi e gli Adorno si pestavano a sangue per ottenere il dominio sulla città e gli Sforza inciuciavano di nascosto coi Reali di Francia per dividersi la gestione della Repubblica Genovese.

Benedetto Pareto s’interessava poco a quello che accadeva nei Palazzi ; faceva il suo mestiere di pastore portando le sue pecore a brucare sul monte Figogna, precisamente nella zona chiamata Guardia perché sede di una torre di guardia d’epoca romana; da lassù infatti si gode una vista spettacolare che domina per km  monti, valli e mare.
E la mattina del 29 agosto, a Benedetto apparve la Madonna ; qui un meraviglioso film muto del 1938 che ne “racconta” la storia, delizioso nell’ingenuità e nella recitazione.

La notizia ebbe l’effetto di un calmante sui bollenti spiriti; furono tantissimi i genovesi che caddero in crisi mistica e decisero di ritornare a una vita più morale. E per prima cosa fecero costruire sul Figogna una chiesina piccola, m.2,75 per 2,50, ma già capace di attirare frotte di fedeli; nei secoli subì molti ampliamenti sino a quando, il 26 maggio del 1890, venne solennemente consacrata come Santuario nella forma odierna, a pianta di croce latina, con una lunghezza di 49 metri per 26 di larghezza.

(Il Santuario nel 1820)

Vado alla Guardia” è una frase che ogni ligure – anche il più ateo – ha detto o pensato almeno una volta in vita sua nel momento del bisogno, perché la Madonna della Guardia pare sia estremamente generosa nel tirar fuori gli umani dai pasticci concedendo grazie; infatti nel Santuario vi sono migliaia di ex voto di ogni epoca e tipo, che vale realmente la pena osservare uno per uno.

Ci sono quadri che raccontano la grazia ricevuta, indumenti insanguinati che provano ferite, pallottole, schegge, oggetti estratti da corpi, migliaia di lettere che raccontano la sventura subita e che hanno accanto un oggetto (gioielli, orologi) donato alla Guardia…Insomma, da passarci ore, saltando da un’epoca storica all’altra.

(1929)

(1944)

(1893)

Uno dei pellegrinaggi più toccanti fatto “per grazia ricevuta” fu quello reso, nel 1940, dai superstiti della motonave genovese Orazio, distrutta da un incendio a sud di Tolone; aveva a bordo 412 passeggeri e 231 membri d’equipaggio; morirono in 114.

Il pellegrinaggio popolare al Santuario, un tempo era intriso di ritualità mistica e contrita: la lunghissima strada che partiva da Bolzaneto non era asfaltata come ora, ma un’interminabile mulattiera che saliva serpeggiando tra i castagni.

(1950)

I pellegrini spesso, recitando il rosario, la percorrevano a piedi ; alcuni scalzi, alcuni in ginocchio, altri pancia a terra trascinandosi coi gomiti. Una fatica immane anche oggi ripetuta da qualcuno, ma sempre più raramente.

Altre strade erano quelle che da San Carlo, Sestri, Morigallo e Murta, conducevano proprio al piazzale antistante la chiesa; dal 1929 al 1967 fu in servizio una guidovia, una specie di trenino che, partendo da Serro di San Quirico e fermandosi alle stazioni di San Biagio, San Pietro e Ceranesi, s’inerpicava sino alla vetta del monte percorrendo in salita ben 8.800 metri. (Qui un altro bel video con la storia della guidovia e alcuni progetti sostitutivi)

(Madonna della Guardia di Tortona, foto ©Giulio Baldi)

Ogni 29 di agosto, ormai da secoli, al santuario si celebra una solenne festa; i fedeli arrivano da ogni parte della Liguria e del Piemonte, soprattutto da  Tortona, dove il culto venne “importato” con enorme successo da don Orione: non per nulla l’enorme statua dorata che, visibilissima dall’autostrada, troneggia alta sulla cittadina, è quella di Nostra Signora della Guardia.

Il rito religioso inizia ufficialmente il 20 del mese con la Novena che si svolge non solo alla Guardia, ma contemporaneamente in tutte le parrocchie genovesi, soprattutto in quelle della Valpolcevera le quali, alla fine dell’Ottocento, contribuirono enormemente all’innalzamento del Santuario e che, ancora oggi in segno di giubilo, illuminano ogni sera i loro campanili.

Il 28 agosto è la data che vede, alle sette di sera, partire dalla località Fonti Madonna della Guardia il canonico e affollatissimo pellegrinaggio popolare diocesano, guidato dal cardinale di Genova.

E il 29 la solennità della festa raggiunge il culmine. Due messe solenni, alle 7 e alle 8; poi alle 10, esatto momento dell’apparizione miracolosa, inizia la spettacolare processione ove, al suono della banda, viene portata a spalla dai membri di varie confraternite la bella statua (opera in legno di Antonio Canepa) di Maria ritratta con Benedetto Pareto prostrato ai Suoi piedi.
Vi sono anche i meravigliosi, enormi Cristi lignei e argentei, provenienti da quasi tutte le chiese e congregazioni religiose liguri al seguito dell’arcivescovo il quale, alle ore 11, presiede assieme a tutti i vescovi e sacerdoti presenti alla messa detta “Solenne Pontificale”. Le celebrazioni proseguono anche il 30, ricorrenza della seconda apparizione e il 31, giorno in cui dalle 8 alle 12 nel santuario viene, come vuole la secolare tradizione, celebrata una messa all’ora.

Ogni volta il rituale religioso presenta, alla fine, anche un romantico aspetto folcloristico; gli spazi attorno al Santuario vengono invasi da bancarelle vecchio stile che vendono di tutto: dolci, zucchero filato, croccanti, collane di nocciole, ricordini con immagini sacre e le meravigliosamente kitsch palle che contengono la neve cadente sul Santuario ; solo che oggi purtroppo non sono più di vetro, ma di vile plastica.

I pellegrini infine, dopo aver nutrito l’anima e lo spirito, sciamano nelle varie trattorie intorno ; qualcuno si porta il pranzo al sacco da casa, perché la Guardia è anche una meta di gite bucoliche; basti pensare che si tratta di uno dei luoghi preferiti dai genovesi per trascorrere il Lunedì dell’Angelo mangiando gli avanzi del pranzo di Pasqua seduti sui prati.

Una piccola curiosità: gli innumerevoli ceri accesi alla Madonna dai fedeli in questi giorni, un tempo venivano posti tutti di fronte all’altra maggiore del Santuario, ma col tempo divennero talmente numerosi da rappresentare un pericolo.

Quindi, una trentina d’anni fa, venne creata appositamente una grande sala atta ad accoglierli: soffermarsi a guardarla alla fine della giornata del 29 agosto è uno spettacolo indimenticabile, come è indimenticabile la visione della Madonna coperta di gioielli donati, come voto, dai fedeli di quattro secoli: non per nulla a Genova, quando si vede una signora esageratamente ingermata d’ ori, si dice “Pa’ a Madonna de ‘a Guardia…“.

E da anni la Madonna della Guardia è diventata anche la patrona dei motociclisti, che a settembre si ritrovano al Santuario per la benedizione dei caschi.

© Mitì Vigliero 

 

Er Pupo dell’Aracèli: Una Favola Antica Di Cui Si Aspetta Il Lieto Fine

Era la fine del Quattrocento.

Un frate francescano, trovandosi a Gerusalemme nell’Orto dei Getsemani, raccolse un pezzo di legno d’ulivo e – colto da improvvisa ispirazione – ne intagliò la figura a grandezza naturale di un neonato: voleva raffigurare il Bambin Gesù, ma quando fu il momento di dipingergli il volto si rese conto che non sarebbe stato in grado di farcela da solo e così, prima di addormentarsi, pregò di essere aiutato dai Numi Celesti.

Svegliandosi la mattina dopo vide il bambinello non solo completamente dipinto (dagli Angeli, ovviamente)ma anche stretto in fasce come ogni neonato che si rispetti; solo che quelle erano di finissimo tessuto dorato.

Nel ‘500 lo portò con sé nel viaggio per mare che avrebbe dovuto condurlo a Roma, ma una tempesta fece affondare la nave; il Bambinello però riuscì prodigiosamente a raggiungere una spiaggia del Tirreno e da lì la chiesa dell’Ara Coeli, dove divenne immediatamente amatissimo oggetto di culto popolare.

Ridonava la salute ai malati, quell’infante di legno che i romani chiamarono da subito “er Pupo dell’Aracèli”; si diceva  che, portato al cospetto d’un moribondo, le sue piccole labbra si colorassero di rosso vivo in caso di guarigione o impallidissero sino a diventar bianche se non c’era nulla da fare. Ma il più delle volte, dicevano, guariva.

Il Principe di Torlonia gli mise a disposizione una lussuosa carrozza che a gran velocità, a qualunque ora del giorno e della notte, attraversava le strade romane accompagnando il Bambino al domicilio dei malati più gravi.

Una di questi, giovane e ricca straniera, lo volle sempre con sé: fece fare una copia perfetta della statuetta e quando i frati tornarono a riprendere il Pupo, gliela consegnò.

Questi non si accorsero dello scambio, ma la stessa notte il portone della chiesa venne percosso da un bussare violentissimo; corsi ad aprire, i frati si trovarono di fronte un neonato piangente: il loro Bambino, quello autentico, che era tornato a casa da solo.

Col passare del tempo le sue fasce si coprirono di gioielli e pietre preziose, tutti ex voto.

Questo ovviamente ispirava pensieri ben poco santi tanto che i diaristi della chiesa dovettero più volte annotare tentativi di furto andati a vuoto o altri riusciti, come quelli del Natale del 1738 quando il Bambino, porto ai fedeli perché potessero baciarlo, tornò fra le mani del Celebrante quasi spoglio dei preziosi, staccati a morsi da baci troppo entusiasti.

Continuando i miracoli, aumentò la fama del Pupo; iniziarono ad arrivare lettere da ogni nazione, scritte soprattutto da piccoli malati che imploravano una grazia. Divenne ovunque simbolo di serenità: un culto affettuoso, ingenuo e dominato dalla tenerezza, che andava e va al di là del senso religioso.
Quel Bimbo è soprattutto un bambino,  l’Indifeso che difende i più deboli: chi infatti è più debole di un malato?

Tutto questo sino al febbraio del 1994, quando qualcuno decise di rubarlo.
La notizia del  “rapimento” finì sulle pagine dei giornali e nei notiziari di tutto mondo. Persino la Criminalità Organizzata si mise in moto, per tentare di ritrovarlo: ma inutilmente.

Sono passati 17 anni e di lui non si hanno ancora notizie; quello che vediamo oggi è una copia.
Però le preghiere non smettono, nemmeno la fede.
Forse rimane la speranza che er Pupo dell’Ara Coeli ritorni come secoli prima da solo, bussando un’altra volta fortissimo a quel portone, in un nuovo miracolo.

© Mitì Vigliero