Dall’Emitubion Al Kleenex: Vi Racconto La Storia Del Fazzoletto

L’uso del fazzoletto risale ad epoche remote. E’ raffigurato, in forma rettangolare e bordato di frange, in alcune sculture cinesi del 1000 aC.

Il primo termine che lo identifica è egizianoemitubion; i popoli attorno al Nilo ne avevano numerosi nei corredi, tutti rigorosamente in lino e pur’essi frangiati.
Plutarco racconta che Cleopatra mandava al suo Antonio, come messaggio d’amore, fazzoletti intrisi di lacrime.

Greci lo chiamavano “rinomakon” o faxiolion”, e serviva esclusivamente per il naso; i Romani ne avevano due tipi: l’ “orarium”, legato al polso sinistro, che serviva in origine agli oratori per asciugarsi la bocca e il “sudarium”, legato alla cintura o al collo, per tergere il sudore stile Pavarotti in concerto.

Alla fine dell’Impero Romano il fazzoletto aveva vari nomi a seconda dell’uso cui era destinato: “nasitergium, manutergium, facitergium”, vocaboli rimasti tuttora nella liturgia ecclesiastica.

Dal Medioevo in poi, una città che produsse fazzoletti preziosi fu Genova; i “mandilli de sea” (fazzoletti di seta) e lo stesso nome è rimasto per indicare le lasagne.

Nel XV secolo divenne mero oggetto di moda, citato dai manuali di buone maniere; erano talmente belli che venivano tenuti fra le mani e esibiti come gioielli.

Nel 1594 Enrico IV donò 5 fazzoletti “d’ouvrage d’or, d’argent et soie” alla favorita Gabrielle d’Estrèes, affinché li mostrasse durante i ricevimenti a Corte quale pubblico riconoscimento d’amante ufficiale (era uso arabeggiante del Sultano nell’Harem il scegliere la favorita della notte lanciandole un fazzoletto).

L’abitudine di fiutare tabacco fece nascere fazzoletti colorati  che nascondessero le orrende macchie; ciò non tolse che dal XVII sec. diventassero addirittura lussuosi, zeppi di trine, fiocchi, arabeschi, motti galanti, perle e gemme varie: da allora nacque l’uso di ricamarci sopra le cifre per poterli ritrovare in caso di perdita o distinguerli da quelli altrui nelle numerose famiglie al momento del bucato e stiratura.

Luigi XIV impose nel 1687 la forma ufficiale del fazzoletto (quadrata) e Maria Antonietta lanciò la moda di profumarli.

Dopo la crisi delle frivolezze causata dalla Rivoluzione Francese, il fazzoletto come simbolo d’eleganza e seduzione tornò di moda nell’Ottocento, indispensabile al mondo femminile.

Fu simbolo di signorilità, pegno d’amore, spia di capricci, detentore di segreti: se Giuseppina Beauharnai, futura imperatrice di Francia, lo teneva civettuola di fronte alla bocca per nascondere i denti cariati, furono in molti a tenerlo nella stessa posizione per celare gli sbocchi di sangue dati dal male dell’epoca, la tisi.

E se gli uomini avevano da tempo deciso di tenerlo in tasca, le donne continuavano a stringerlo fra le dita. Tra il resto lasciarlo cadere era un ottimo metodo d’aggancio giovanotti; da lì infatti nacque la fatidica frase che spesso dava origine a serrati corteggiamenti: “Signorina, le è caduto il fazzoletto…”

Ma alla fine dell’800, dovendo lottare con la moda che imponeva l’uso contemporaneo di altri obbligatori strumenti di seduzione quali ventaglio, ombrellino, bouquet, guanti e borsetta, essendo donne e non polipesse decisero di cacciarlo definitivamente in quest’ultima.

Non dovendo più essere esibito se non in caso di raffreddore, pian piano il fazzoletto divenne un sobrio accessorio molto banale; e ora è praticamente scomparso, sostituito da quelli di carta usa e getta.

© Mitì Vigliero

Giovanni il Pizzoso, Italo l’Inetto, Luigi il Matto

Anche stavolta, dedico un lungo post  a chi in questi giorni di ponte non è andato a folleggiare in vacanza.

E’ tratto da un mio libro.

I ragazzi di allora ormai sono grandi; tra i “raccontati” qui sotto ci sono brillanti e ottimi – oggi – medici, giornalisti, avvocati, commercialisti, professori ecc.E qualcuno commenta qui regolarmente: ciao Tesorimiei! ;-**. Ma sono convinta che quell’Esame – come è accaduto a tutti noi – non se lo dimenticheranno più.Riporto parti di un capitolo, sperando di far sorridere tutti i Maturandi di ogni generazione. (In fondo, il Corollario coi vostri ricordi da Stupidario :-D)

*** 

 

Raduno insieme tre grandi romanzieri, accomunati da un’unica infelice sorte; quella di comparire nei programmi d’esame insieme alla lettura integrale delle loro opere.

Il Verga con I Malavoglia, Svevo con La coscienza di Zeno e Pirandello, solitamente con Il fu Mattia Pascal.
Trattandosi di prosatori, lo studio dei loro testi, nonché la loro interpretazione, risulta abbastanza abbordabile dagli studenti.

Ho detto “abbastanza”, sia ben chiaro.

L’elegante termine “pizzoso” riferito al Verga ha origine dall’esclamazione che sgorga spontanea ogniqualvolta gli studenti sentono nominare I Malavoglia:
“Uffa, che pizza!”…

Nei Malavoglia un argomento di particolare difficoltà è quello dei “lupini“.
Tutti li nominano, ma cosa sian nessun lo sa.

-Commissaria: “Che cos’è la Provvidenza nei Malavoglia?”
-Esaminanda: “Barca
-Commissaria: “Ssssì…E poi? Chi c’era sulla Provvidenza?”
-Esaminanda: “Bastianazzo
-Commissaria: “Va bene, ma cosa trasportava la Provvidenza oltre Bastianazzo?”
-Esaminanda: “Lupini
-Commissaria: “(Sospiro) Allora?! Che succede?”
-Esaminanda: “Naufragio
-Commissaria: “Oh! E Bastianazzo?”
-Esaminanda: “Annega
-Commissaria: “E i lupini?”
-Esaminanda: “Morti tutti

Un altro diciottenne invece affermò trionfante che sulla Provvidenzac’era un carico di lupare“, svelando in tal modo gli oscuri traffici del boss ‘Ntoni, il quale aveva un figlio che si chiamava Bastianazzoperché era grande e grosso come un bastione“.

Dei Malavoglia dovrebbe essere richiesta all’esame la lettura completa; ma gli studenti spesso barano. Si comprano un “bignamino”, leggiucchiano qualche riassunto qua e là. E i risultati si vedono.

Un giorno che, stanca di sentirmi ripetere sempre le stesse cose, domandai di essere edotta sul personaggio dei Malavoglia nomato Piedipapera, venni scambiata per una tipa in vena di scherzi:
Ma prof.! Mi sta prendendo in giro, lo so! Piedipapera è un personaggio dei Puffi!”.

Accennando invece in classe a Tigre reale, storia della passione morbosa e torrida tra una donna sensuale e un giovanotto infantile e caratterialmente debole, definito perciò dall’autore “giovane senza nerbo“, mi capitò di sentirmi porre la domanda: “Ma Prof, come facevano se…ehm…se lui era senza nerbo?

(…)

Italo Svevo e Luigi Pirandello sono invece gli unici autori dell’intero programma di Maturità che i ragazzi amano sinceramente, studiandoli con grande interesse e serietà. Il motivo? Forse perché ambedue parlano di follia e quindi si avvicinano assai al normale stato psicofisico degli studenti sotto esame.

Nonostante tutto, però, la stupidata talvolta piomba implacabile:

A me è piaciuto molto l’Enrico IV quando lui prima è matto sul serio, poi fa finta di essere matto per far diventare matti gli altri, poi diventa matto di nuovo e uccide Belcredi condannandosi a diventare infine matto per sempre.”

Così è se vi pare è una storia troppo incasinata per raccontarla.”

Trovarsi è la storia di Donata Genzi, un’attrice che si è persa e non si trova più.”

L’uomo dal fiore in bocca stava seduto in un bar, aspettando la moglie che non arrivava mai e tenendo un fiore tra le labbra: per questo attirava la curiosità della gente.”

Il protagonista de Il berretto a sonagli, per contestare la società e la famiglia, intraprese la carriera di jolly.”

Mattia Pascal era talmente sfortunato che avrebbe fatto meglio a gettarsi davvero a fiume.”

Come al solito, i futuri analisti sanno dare spiegazioni logicissime del “perché” delle cose: “la moglie di Pirandello impazzì e questo fu per lui una fortuna perché in tal modo trovò la grande tematica ispirativa della sua opera: la follia.”

Non solo, ma il Luigi “viveva in una villa che si chiamava il Caos per via della situazione creata in casa dalla malattia della moglie“.
Un maturando scrive: “Pirandello afferma che non è vero che chi è pazzo sia matto; sono gli altri i veri matti, lo dico per esperienza personale” e un altro nello stesso tema ribatte “Enrico IV era fuori come un poggiolo“.

E il “vedersi vivere” di Pirandello è una sorta di fenomeno paranormale, dato che significa “sedersi da una parte e vedersi camminare dall’altra“.

Nel celebre Saggio sull’Umorismo Pirandello dice che noi siamo cattivi perchè ridiamo solo per cose tragiche, senza alcun rispetto per il dolore altrui“: siamo insomma tanti Franti, l’infame che sorrise…

Nell’Esclusa l’autore condanna “l’ipocondria della società” e “Così è se vi pare ha come morale: fatevi i cavoli vostri“. Poco aulico, ma incisivo.

Ma ora abbandoniamo Luigi per dedicarci tutti a Italo:

Scrisse Senilità, descrivendo la demenza dei vecchi

Nelle sue tre opere possiamo vedere la maturazione caratteriale dell’autore: in Una vita il protagonista si uccide perché è un inetto. In Senilità, sempre per inettitudine, si rinchiude in se stesso. Nella Coscienza di Zeno resta sempre un inetto, però se ne frega.”

All’esame:

-Commissario: “Cosa vuol dire l’U.S. di cui Zeno parla?”
-Esaminando: “Unità Sanitaria
-Commissario: “Scherza?”
-Esaminando: “Ah sì, che scemo… Volevo dire Unites States!”

Eppure Svevo, nella Coscienza, all’ Ultima Sigaretta dedica un capitolo intero…

Per concludere, occupiamoci della biografia di Italo Svevo; per i maturandi è estremamente semplice:

Nacque a Trieste, che in quel tempo si trovava in Austria.”

Si sposò con una donna molto più giovane di lui perché gli facesse da mamma.”

Tentò più volte di scrivere libri e avere successo, ma gli andò sempre male.”

Quando finalmente divenne famoso, morì.”

Amen.

© Mitì Vigliero

Corollario

Marchino: Correva l’anno 1983 e nel mentre che attendevo di passar le forche caudine dell’orale, bivaccavo a scuola ascoltando le prove dei miei compagni per farmi un’idea della commissione; Geografia astronomica:
– Commissario: “Le onde, sì, bene; come si caratterizzano?”
– Esaminando: “Le onde hanno una cresta, punto più alto e….”
Il commissario, particolarmente clemente si tocca l’addome.
– Esaminando: “E una panza!”
:D

Brian: fulminante la risposta di una mia amica alla maturità classica: si parlava di Cesare che torna a Roma dopo aver superato il Rubicone:
Commissario: “Allora, mi dica. Come entrò Cesare a Roma?”
Esaminanda: “Hmm… Beh, non ci trovò alcuna resistenza. Praticamente entrò nella città senza sparare un colpo…”

Enrica: te ne aggiungo una per la tua riedizione, che mi ha detto un ragazzo del Classico quando facevo supplenze. Alla mia domanda “il concetto di bene in Kant”, lui serio: “tutto è bene ciò che finisce bene”.

nowaytoslowdown: alle medie, con professore di storia e geografia di origini campane: “Tu, dimmi, se ti inerpichi sui monti della Sila e volgi lo sguardo verso nord, quale tratto appenninico scorgi?”
il mio vicino di banco con aria interrogativa e piena di speranza nella buona sorte “l’Appennino tosco emiliano!”
il professur, per nulla scomposto e con tono ammirato “Ammàppela che uocchi ca ‘ttieni

Luca: all’esame di maturità All’avanzini, così magari si riconosce, una mia compagna di classe sulle scale in attesa dell’orale continuava a ripetere “Non so il Leopardi, non so il Leopardi, non so il Leopardi“. Arriva davanti alla commissione quello di italiano “Un argomento a piacere” e lei ormai come ipnotizzata fa “Il Leopardi…“… te lo ricordi eh Simo?

Dall’Emitubion al Kleenex

Storia del Fazzoletto 

 fazzoletto2.bmp

L’uso del fazzoletto risale ad epoche remote. E’ raffigurato, in forma rettangolare e bordato di frange, in alcune sculture cinesi del 1000 aC.

Il primo termine che lo identifica è egiziano: “emitubion”; i popoli attorno al Nilo ne avevano numerosi nei corredi, tutti rigorosamente in lino e pur’essi frangiati.
Plutarco racconta che Cleopatra mandava al suo Antonio, come messaggio d’amore, fazzoletti intrisi di lacrime.

I Greci lo chiamavano “rinomakon” o “faxiolion”, e serviva esclusivamente per il naso; i Romani ne avevano due tipi: l’”orarium”, legato al polso sinistro, che serviva in origine agli oratori per asciugarsi la bocca e il “sudarium”, legato alla cintura o al collo, per tergere il sudore stile Pavarotti in concerto.

Alla fine dell’Impero Romano il fazzoletto aveva vari nomi a seconda dell’uso cui era destinato: “nasitergium, manutergium, facitergium”, vocaboli rimasti tuttora nella liturgia ecclesiastica.

Dal Medioevo in poi, una città che produsse fazzoletti preziosi fu Genova; i “mandilli de sea” (fazzoletti di seta) e lo stesso nome è rimasto per indicare le lasagne.

Nel XV secolo divenne mero oggetto di moda, citato dai manuali di buone maniere; erano talmente belli che venivano tenuti fra le mani e esibiti come gioielli.

Nel 1594 Enrico IV donò 5 fazzoletti “d’ouvrage d’or, d’argent et soie” alla favorita Gabrielle d’Estrèes, affinché li mostrasse durante i ricevimenti a Corte quale pubblico riconoscimento d’amante ufficiale (era uso arabeggiante del Sultano nell’Harem il scegliere la favorita della notte  lanciandole un fazzoletto).

L’abitudine di fiutare tabacco fece nascere fazzoletti colorati  che nascondessero le orrende macchie; ciò non tolse che dal XVII sec. diventassero addirittura lussuosi, zeppi di trine, fiocchi, arabeschi, motti galanti, perle e gemme varie: da allora nacque l’uso di ricamarci sopra le cifre per poterli ritrovare in caso di perdita.

Luigi XIV impose nel 1687 la forma ufficiale del fazzoletto (quadrata) e Maria Antonietta lanciò la moda di profumarli.

Dopo la crisi delle frivolezze causata dalla Rivoluzione Francese, il fazzoletto come simbolo d’eleganza e seduzione tornò di moda nell’Ottocento, indispensabile al mondo femminile.

Fu simbolo di signorilità, pegno d’amore, spia di capricci, detentore di segreti: se Giuseppina Beauharnai, futura imperatrice di Francia, lo teneva civettuola di fronte alla bocca per nascondere i denti cariati, furono in molti a tenerlo nella stessa posizione per celare gli sbocchi di sangue dati dal male dell’epoca, la tisi.

E se gli uomini avevano da tempo deciso di tenerlo in tasca, le donne continuavano a stringerlo fra le dita; tra il resto lasciarlo cadere era un ottimo metodo d’aggancio giovanotti: la fatidica frase “Signorina le è caduto il fazzoletto” poteva dare origine a tumultuosi amori… 

Ma alla fine dell’800, dovendo lottare con la moda che imponeva l’uso contemporaneo di altri obbligatori strumenti di seduzione quali ventaglio, ombrellino, bouquet, guanti e borsetta, essendo donne e non polipesse decisero di cacciarlo definitivamente in quest’ultima.

Non dovendo più essere esibito se non in caso di raffreddore, pian piano il fazzoletto divenne un sobrio accessorio molto banale; e ora è praticamente scomparso, sostituito da quelli di carta usa e getta.

© Mitì Vigliero