“Anche là”: Come si Lavavano i Nostri Avi

Oggi, causa lavori sotto casa di ruspe su tubi, l’erogazione dell’acqua è stata sospesa dalle 8 alle 11, anzi alle 12.

E mentre sono in attesa di potermi andare a fare la doccia, vi racconto quanto siamo fortunati noi rispetto ai nostri Nonni (e Bis e Tris).

Tanto per farvi subito un’idea di come ci si tenesse puliti (ergo: ci si lavasse) sino ai primi del Novecento, basti ricordare che nella maggioranza dei bagni non esistevano né vasche né tantomeno docce; che il riscaldamento delle case era meramente simbolico (e di questo vi racconterò un’altra volta), che l’acqua corrente calda e fredda era un sogno di là da venire e che quindi bisognava arrangiarsi in altro modo.

In quasi tutte le camere da letto esistevano lavabi non ancorati al muro ma composti da bacinella e brocca; qualcuno stava incastrato in un apposito mobilino in ferro o legno , qualcuno posato semplicemente sul comò, che aveva per questo il piano di marmo .

Per lavacri più completi, vi erano vari tipi di tinozzone antenate delle vasche da bagno; semicupi di maiolica  o metallo , o piatte e larghe a forma d’immenso vassoio e sempre in metallo, simili a quella ritratta nel La baigneuse di Degas.

Leggete attentamente quel che il Dottor Paolo Mantegazza scriveva nella sua Enciclopedia Igienica (Ed. Madella, 1910):

“Il corpo
:
Ricordiamoci, a qualunque sesso apparteniamo, di lavarci almeno una volta alla settimana anche il collo, i piedi, le ascelle et similia: donne dico a voi, anche, senza pudore.
E qui vorrei che tutte le donnine leggessero questa pagina, perché si spogliassero d’un pregiudizio antico come il mondo…e sporco come un…pregiudizio, che nell’estate e nei paesi caldi fa rassomigliare molte creature bellissime alle capre; pregiudizio che coi suoi fetori ha ucciso prima di nascere molti affetti del cuore e ne ha soffocati altri già cresciuti e robusti.
Eppure molte donne non hanno mai portato l’acqua in alcune recondite regioni…per pudore.
Dio buono! Quale impudico pudore! Quale ircino e cornuto pudore!
Ma qui mi pare di sentirmi giungere alle orecchie un coro di voci gentili che con diverse favelle, ma tutte soavi, mi dice:
Ma dottore, anche?
E il dottore risponde:
Anche là, proprio anche !
E il coro che grida ancora:
Ma dottore, anche allora?
Sì, anche allora: e allora più che mai.

Il bagno intero
Quanti parlano di pulitezza e ordine, e non si lavano, facendo continue transazioni e architettando sofismi per non lavarsi bene!
Oggi fa freddo, domani ho da fare, posdomani mi sono alzato troppo tardi…Ci laveremo domenica. E domenica…tanto le gambe non si vedono, le braccia son coperte, tanto non esco, basta un po’ d’acqua odorosa e profumerò ugualmente…
Almeno a primavera invece occorre prendere un bagno intero per prevenire le affezioni scrofolose, favorire lo sviluppo fisico e intellettuale, allntanare le cause più frequenti dell’isterismo, della clorosi, delle “debolezze testicolari”, delle difficili gravidanze e dei facili aborti.
Prima del bagno primaverile è necessario però sudare, onde aprire bene i pori chiusi dal grasso molto accumulato in inverno: per ben sudare montate su una sedia in piedi e nudi, poi riavvolgetevi dal capo in giù con un lenzuolo che vi faccia sembrare un fantasma, sotto la sedia mettete una lampaduccia ad alcol o un braciere e così prendete un bagno d’aria calda che vi farà sudare quanto volete.
Dopo, iniziate a strofinarvi la pelle delle membra con estrema vigoria sino a quando le vostre mani presto raccoglieranno una pasta molle ed elastica come quella dei raviuoli, dal vago sentore di tartufo e composta da sego, sali di sudore e squamette d’epitelio.
Eppoi via giù, nella tinozza di zinco, di ferro, di legno, di marmo! Sapone e striglia, risciacqui e altro sapone!”

Lavarsi in modo decente quindi era un’impresa abbastanza faticosa, e ciascuno aveva tecniche diverse.

Ecco ad esempio alcuni consigli elargiti sull’ “Encyclopédie des Jeunes Femmes”, un periodico francese annata 1875, in cui una tal Madame Myosotis insegnava alle giovani donne:

Come lavarsi quotidianamente in modo perfetto senza sprecar né tempo né acqua”.

Innanzitutto “cavar l’acqua dal pozzo”.
Di quest’acqua, “porne a bollire tre litri, avendo cura d’unirvi qualche scorza di limone per disinfettarla”;  poi “versate l’acqua calda nella brocca, e ponetevi spogliate di fronte alla bacinella del lavabo, avendo cura di porre sotto i vostri piedi un largo canovaccio atto ad assorbire le gocce cadute.
Immergete una spugna nell’acqua, strizzatela e passatela velocemente su braccia, spalle, collo, busto e pancia affinché la pelle risulti umida; sfregate ora sulla spugna un poco di sapone, e risfregate le stesse zone con energici movimenti circolari.
Con una pezzuola di lino intrisa d’acqua e ben strizzata, togliete immediatamente ogni traccia di sapone, e asciugatevi rapidamente per non prender freddo. Con la spugna strizzata inumiditevi ora anche, gambe, estremità inferiori (alias piedi, ndPlà); insaponate, e sfregate con energia- stavolta con movimenti verticali- sulle parti.
Colla pezzuola bagnata togliete il sapone, e asciugatevi con cura.
Versate infine l’acqua sporca della bacinella in un secchio; sarà preziosa per detergere i pavimenti della cucina.

© Mitì Vigliero