Il Braccialetto: storia e curiosità

 

Nato originariamente come simbolo di potere sia politico che religioso, la sua origine risale all’età del bronzo; un semplice cerchio liscio in legno, fibre vegetali intrecciate con strisce di pelle o in bronzo, sostituito poi dal ferro nell’omonima era.

I Micenei crearono bracciali d’oro a spirale o a nastro, incisi di forme geometriche  dai magici significati; gli Egizi e i Babilonesi indossavano, anche alle caviglie, spessi cerchi decorati con immagini mitologiche, incisi con smalti e incastonati di scarabei in turchese.

I Greci prediligevano invece i modelli detti “a rosario”; su cordoncini o fili d’oro infilavano perle, pietre, coralli.

Gli Etruschi, grandi orafi, mettevano i braccialetti all’omero sinistro; inventarono modelli splendidi, composti di scaglie incernierate l’una all’altra e impreziositi di avorio, ambra, vetro e corallo.

Celebre è il loro cosiddetto bracciale “chimera”, rigido,  aperto e terminante con due teste affrontate: due di leone, o una di leone e l’altra di capra.

I soldati Romani si distinguevano per l’uso di “armillae” al braccio sinistro, alti, lisci e piatti cerchi in oro, simbolo del valore militare.

I patrizi sfoggiavano invece i “destrali”, bracciali più elaborati indossati rigorosamente al polso destro; molto raffinati erano considerati anche i “torques brachiali”, dalla forma di cordone attorcigliato.

Di quell’epoca è anche il bracciale  alla schiava”, a forma stilizzata di rettile arrotolato su se stesso, indossato esclusivamente dalle donne al di sopra del gomito.

Anche gli schiavi veri, poverini, avevano i loro bracciali: di metallo, fissati al polso e alle caviglie, muniti  di un anello al quale, in caso di insubordinazione, venivano legati alla catena…

Nel Medioevo, causa la moda che imponeva abiti a maniche lunghissime e già molto decorate ai polsi con spessi ricami, il braccialetto quasi scomparve.

Tornò in auge nel 1600, epoca di smalti e miniature, ma raggiunse la massima espansione durante il Direttorio (1795-99), grazie ai vestiti d’ispirazione greca che lasciavan le braccia nude; il modello più diffuso fu il “boite à portrait”, un nastro di velluto con al centro cucito un medaglione con cammeo.

Per tutto l’Ottocento e i primissimi Novecento i braccialetti furono i gioielli più usati, e artisticamente più belli; di varie forme e metalli, verso la metà del secolo in Italia persino decorati patriotticamente con piccoli mosaici o miniature raffiguranti le varie città o i ritratti dei Reali.

Nell’Inghilterra Vittoriana spopolavano, quale pegno d’amore, quelli di capelli intrecciati a sottilissimi fili d’oro.

E sempre in quell’epoca e sempre in terra d’Albione nacquero i “charms”; l’uso deriva dall’abitudine materna di donare alla figlia appena “sviluppata” un braccialetto a catena (sottile simbolo della schiavitù menarcale).

Per tutta la vita poi, ad ogni ricorrenza (compleanno, bel voto, onomastico ecc), amici e parenti donavano alla fanciulla dei ciondoli (charms, portafortuna) di varie forme da appendere a quella catena.

Infine furono l’Art Decol’Art Nouveau a creare i bracciali più originali;  modello molto in voga era quello che raffigurava una vipera con una pietra preziosa incastonata sulla testa o al posto degli occhi, simbolo di un genere femminile – appunto – vampiresco, fatale e con impliciti riferimenti sessuali; un ritorno alla “schiava” romana che però, stavolta, era decisamente decisa a rendere schiavo l’uomo.  

 

 

 
 

 

 

Storia e Curiosità sugli Anelli

Le prime testimonianze di anelli intesi come ornamenti delle dita risalgono all’età del bronzo, e la forma era di un semplice cerchietto o di una spirale; probabilmente allora avevano una mera funzione decorativa, ma ben presto divennero simbolo di potere e autorità.

Per molto tempo, infatti, furono esclusivamente gli uomini a indossarli; per gli antichi Egizi, ad esempio, si trattava di sigilli personali che dovevano perennemente essere portati appresso per “timbrare” documenti e garantirne l’autenticità.

Questi sigilli  erano sempre composti da una pietra incisa, e di solito raffiguravano, assieme alla “firma” del proprietario, anche uno scarabeo; all’inizio, nel timore di perderla, la pietra veniva bucata, fatta attraversare da un cordone e appesa o al braccio o al collo.

Ma il cordone spesso si spezzava, e fu quindi sostituito da un filo metallico; poi, dato che per imprimere il sigillo bisognava premerlo con le dita, si pensò che sarebbe stato più comodo indossarlo a queste.

Col passare dei secoli, prima di diventare un mero gioiello, l’anello fu sempre considerato simbolo di particolari virtù.

Innanzi tutto di fedeltà amorosa; la “fede”, anello nuziale entrato in uso nella Roma antica, veniva indossato dagli sposi all’anulare (appunto dito ufficiale dell’”anulus”) sinistro, perché si credeva collegato da una vena direttamente al cuore.

Anelli speciali venivano donati dai Re ai loro dignitari o vassalli, come pubblico riconoscimento di fiducia accordata; anelli intesi come pegni affettivi venivano scambiati fra amici o parenti e di solito erano fatti di capelli intrecciati; altri, quelli sormontati da stemmi familiari, venivano tramandati da padre in figlio come segno di autorità da capofamiglia.

Dai Bizantini in poi l’anello divenne comune a tutti, uomini e donne, e inteso soprattutto come vezzo prezioso; nel Rinascimento vi fu un vero boom delle pietre preziose, e l’anello tondo e nudo divenne solo il cerchietto su cui incastonarle.

La Chiesa e i Governi tentarono in ogni modo di porre freno a tale esibizione sfacciata della ricchezza tramite apposite Leggi Suntuarie:
Non si possino portare a ogni dito più di tre anella, e detta anella non possino avere più che una pietra preziosa o perla per mano…”.

Ma fu inutile; le mani sfoggiavano anelli su tutte le dita, infilati uno sull’altro sino alla falange superiore.

Anche gli altissimi prelati non disdegnavano tale usanza; Giuliano della Rovere, alias papa Giulio II, nel  celebre ritratto opera di Raffaello Sanzio, esibisce sulle mani ben sei anelli.

E nel Seicento, visto che le dita non bastavano, i nobili porporati –seguendo una moda lanciata da Luigi XIV– gli anelli se li cucivano anche sulle vesti.

Oggi i vescovi indossano solo un anello, detto episcopale o prelatizio; mentre quello del  Papa si chiama “piscatorio” (del pescatore), che funge anche da sigillo da apporre su atti e documenti di particolare importanza.
Sopra vi è raffigurata l’immagine di San Pietro che su una barca tende le reti (“ti farò pescatore di anime”), attorno vi è inciso il nome del pontefice: e quando il Papa muore, questo anello viene distrutto a martellate e sepolto con lui.

© Mitì Vigliero