Giosuè Carducci detestava il suono delle campane, che giudicava “assillante e mortifero”; Giovanni Pascoli invece lo amava perché gli pareva un dolce e ninnante “canto di culla”: ma c’è da scommettere che ambedue, se si fossero trovati a Messina sotto il Duomo, sarebbero rimasti affascinati dallo spettacolo che, ad ogni scandire d’ora, il campanile regala.
Disegnato da Francesco Valenti ed inaugurato il 13 agosto 1933, quel campanile è riuscito a resistere ai fulmini e terremoti che avevano massacrato gli altri eretti durante più di cinque secoli, oltre che ai bombardamenti del 1943.
Alto 60 metri, è il campanile in assoluto più affollato della terra visto che ospita sui suoi quattro lati esterni ben 64 automi in metallo dorato, un enorme calendario astronomico, uno perpetuo, un sistema planetario, le fasi lunari e l’orologio più grande del mondo (5 metri di diametro) il cui meccanismo dà vita a tutto il marchingegno, opera dei fratelli Ungerer di Starsburgo che avevano perfettamente imparato la loro arte da Giovan Battista Schwilguè, autore dello splendido orologio della cattedrale di Notre-Dame a Strasburgo.
Ogni giorno a mezzogiorno sul lato ovest inizia la fantastica rappresentazione, una sorta di condensato “bignami” della storia messinese; un grande leone d’oro – il simbolo del coraggio dei siciliani durante i Vespri – che regge una bandiera ruggendo tre volte.
A quel segnale le due statue di Dina e Clarenza, eroine dell’insurrezione popolare di Messina contro gli Angioni nel 1282, iniziano a battere martellate sulle due campane che hanno al centro un grosso gallo che strilla chicchirichì.
Nel frattempo, accompagnato da musica sacra all’Ave Maria, un angelo consegna a San Paolo e a quattro ambasciatori messinesi la Lettera che la Madonna inviò loro da Gerusalemme nel 42 dC, mentre sugli altri lati si susseguono le quattro ricche scene evangeliche del Natale, Epifania, Resurrezione, Pentecoste e una colomba vola sul colle della Caperrina indicando con l’aluccia un quadro raffigurante lo splendido Santuario di Montalto (visibile anche “dal vero” – ammesso che si riesca a distogliere lo sguardo dal campanile – in alto a sinistra del Duomo).
Intanto su sette bighe dorate guidate rispettivamente dagli dei Apollo, Diana, Marte, Mercurio, Giove, Venere e Saturno e trainate da un cavallo, un cervo, un altro cavallo, una pantera, una chimera, una colomba e un’altra chimera, scorrono i giorni della settimana.
Un grande globo mezzo nero e mezzo oro mostra le fasi lunari, il calendario astronomico segna il segno zodiacale del momento e infine, ogni quarto d’ora, viene mostrato il susseguirsi delle quattro età dell’uomo; fanciullezza, gioventù, maturità e vecchiaia rispettivamente da un bambino, un ragazzo, un virile soldato e un cadente vecchio che sfilano lentamente sotto l’ultimo automa, la Morte, che agita minacciosa ed inevitabile la sua falce su di loro.
E al termine dei rintocchi, è assai difficile trattenersi dall’applaudire.