Mangiare: Proverbi e Modi di Dire

Dedicato a Dissapore

mangiare

Sappiamo tutti che “a tavola non s’invecchia”; possibilmente facendo in modo di mangiare in compagnia perché “chi mangia da solo si strozza di malinconia” , nonché di esser morigerati: “chi mangia finché s’ammala, digiuna finché non si risana”.

Nello stesso tempo occorre mangiare un po’ di tutto senza far tante storie, dato che secondo i lombardi on porscell leccard, el ven mai grass” (un maiale schizzinoso non diventa mai grasso) e che “tusscòss va al cùu salvo el manegh del cazzùu” (tutto si…digerisce tranne il manico del mestolo).

In Sardegna le nonne ripetevano ai nipoti: “Innantis matta crepare qui non riccattu avanzare“, crepi la pancia piùttosto che avanzare roba, concetto molto simile a quello espresso dai romani, gente pratica e osservante di Santa Romana Chiesa: “è mejo che la panza mia crepi, che la grazzia de Dio se sprechi”.

Insomma; si può mangiare a quattro palmenti (“palmento” è ognuna delle due macine del mulino ad acqua; usarne il doppio significa l’assoluta voracità); per i ferraresi si può mangiare “come un ludro“,  il maschio dell’oca da ingrasso.

Si può, come dicono nel Lazio, “mangiare sto monno e quell’artro“.  Si può mangiare tanto o poco; come un bue, come un grillo o come un uccellino (meglio se scricciolo), come un porco  e financo per due (cosa giustificata  solo se si è in gravidanza): ma l’importante è nutrirsi perché, come sentenziano i genovesi, gente concreta e raziocinante: cu-a pansa pinna se rasunna megiu, con la pancia piena si ragiona meglio

Ogni cibo va bene; in Piemonte raccomandano “Pan coi bus, formaj senza bus e vin che salta al mus”, ossia pane coi buchi, dalla mollica leggera e ariosa, formaggio compatto (anche se ad “agosto, ogni cacio è tosto”) e vino che salti in faccia, cioè frizzante.

Pure la verdura è molto importante; per condire l’insalata nell’Italia centrale son convinti che ci vogliano quattro persone “un saggio per mettere il sale, un avaro per l’aceto, uno sprecone per l’olio e un matto per mischiarla”. 

Però “Iddio disse agli apostoli suoi: l’erba è fatta per i buoi”; quindi spazio ad altre portate quali  la minestra -secondo i milanesibiava (biada) del’omm”, che fa “sette cose: cava fame e sete attuta/ empie il ventre e netta il dente/ fa dormire fa smalitire/ fa la guancia arrossire”, nel senso di diventar colorita causa le proteine e le vitamine contenute nel brodo.

E poi carni “pane vino e cotechino l’è un mangiar divino” e arrosti perché, secondo i tedeschi sugo d’arrosto condisce l’amicizia”. E poi gnocchi, un tempo rigorosamente “di giovedì” per fare un po’ di scorta stile gobba di cammello al magrissimo quasi digiunante venerdì, nel quale era concesso solo un po’ di pesce  (attenti foresti a come lo condite pubblicamente a tavola in Liguria: “chi sul pesciu mette u limun, o l’è di Cuneo o l’è un belinun”) per rifarsi poi il sabato con la trippa.

E dopo un succulento pasto, ben venga la frutta; in Piemonteall’amis peila ‘l fì, al nemis ‘l persì”, all’amico pela il fico, la cui buccia è immangiabile, e al nemico la pesca, la cui buccia è buona e saporita.

In generale ricordate che “L’arancia la mattina è oro, ‘l meriggio è argento, la sera è piombo”; che ogni volta che si mangian ciliegie per la prima volta in un anno (e così per ogni altro frutto), bisogna esprimere un desiderio che di certo verrà esaudito.

Infine, se “pan e noci son mangià da sposi”, attenti a non fare “nozze coi fichi secchi”, onde evitare figure barbine stile “vorrei ma non posso” pretendendo di fare cose importanti senza disporre dell’adeguato valsente o, metaforicamente, di vere capacità.

E Buon Appetito.

©Mitì Vigliero