Diete per Dietofobi

Le Diete sono una delle cose più strazianti che la società civilizzata abbia inventato; sorvolando su quelle a causa patologica, quelle che se non le fai muori, le diete peggiori sono quelle atte a perdere solo “un po’ di chili” per essere più belli, più scattanti, più trendy.

(Ingres, Bagno Turco)

In certi momenti vorrei vivere in un Emirato Arabo; lì sanno apprezzare veramente le donne un po’ floride: donne tettute e naticute, donne  pannose, burrose morbide.

E poi le donne così sono notoriamente dolci, materne, coccolone, sensuali, simpatiche, allegre e spiritose.
O no?

Esistono anche gli uomini floridi: ma chissà perché il più delle volte l’uomo florido viene generalmente definito ”un pezzo d’uomo un po’ in carne“, mentre la donna  è “una balena piena di cellulite”.

In ogni caso, per gli Adiposi d’ambo i sessi, oggi la vita non è facile; loro vivrebbero benissimo se non esistessero gli inventori delle diete, di quei periodi cioè che di solito constano di 30 giorni di fame nera che precede un aumento di 4 chili.

Dieta Zona, dieta Scarsdale, dieta Weight Watchers, dieta del fantino, dieta punti, dieta dissociata, dieta mediterranea, dieta no-carbs, dieta a base di minestrone, yogurt, limoni ecc, altro non sono che il risultato della Moderna Alchimia che non cerca più la Pietra Filosofale bensì il il modo più rapido e comodo per disintegrare ciccia.

Da sempre i personaggi dello spettacolo sono specialisti in diete e quindi dispensatori di saggi e intelligenti consigli.

Il regista George Miller, per esempio, una volta confessò:

– “Sono otto anni e mezzo che faccio la dieta Valium. Se prendi abbastanza Valium, ti aiuta a perdere peso. Non ti calma veramente l’appetito, ma la gran parte del cibo ti cade sul pavimento.”

Il  tenore Harry Secombe   suggeriva lapalissiano:

Questo è il mio consiglio, se insisti a voler dimagrire: mangia quanto ti pare, soltanto non inghiottire.”

Purtroppo anch’io sono tendente ad ingrassar e quindi dovrei vivere perennemente a dieta.

Per fortuna i dolci non mi piacciono particolarmente, la visione di una brioche non mi fa venir l’acquolina né m’induce in tentazione.

Io ho “fame” soprattutto di pastasciutta, pizza, bruschetta, focaccia, pane e olio, pane e maionese, pane e salame, pane e burro, pane e formaggio.
Diciamo che il mio sogno sarebbe la dieta PP&B: Pane, Pasta e Basta.

Anche la mia figlioccia Anna è sempre a dieta.

L’estate scorsa, durante un pantagruelico pranzo in campagna, mentre io fissavo sconsolata il mio piatto contenente due fette di pomodoro e una foglia di lattuga dall’espressione molto arcigna, Anna mi disse:
-“Dovresti fare come me, che invece di mangiare l’antipasto, il primo e il secondo, ho preso solo i tortellini così mi han fatto da piatto unico.”

Io risposi in un tono che intendeva essere spiritoso, ma che risultò solo isterico:
-“Sì, ho visto: però di piatti di tortellini ne hai presi tre.”

E la fanciulla ribattè soave:
-“Appunto: l’antipasto, il primo e il secondo.”

Pure la mia amica Carlotta segue una dieta tutta sua; una sera a cena al ristorante ordinò contemporaneamente due dessert diversi.
Mentre li divorava con espressione goduta, così rispose agli sguardi di scandalizzato rimprovero di tutti i convitati: -“Però li sto mangiando senza pane!”

   È indubbio che le persone paffute vivrebbero molto meglio se non esistessero le persone magre: avere un magro nei dintorni, uomo o donna che sia, vuol dire sentirsi ripetere in continuazione: -“Quando cominci a fare una dieta seria?”

Ad un certo punto bisogna abbozzare e dire umilmente:
– “Va bene: da lunedì mi metto a dieta.”

E poi non farlo, servendosi però, da perfetti Dietofobi, di ottime giustificazioni.

Ad esempio, si può puntare sulla psicologia, tema sempre di grande effetto.

Per alcuni “dietopsicologi” di scuola americana, la la golosità non è altro che un rifugio emotivo: il segno che qualcosa ci sta divorando dall’interno.

Quindi:

”Mangio tanto perché sono nervoso”
– ”Mangio perché sono in tensione per gli esami (il lavoro, la carriera ecc.)”
– ”Mangio molto zucchero perché sono carente d’affetto”, frase questa da dirsi lanciando un’occhiata d’accusa a chi dovrebbe darci affetto al posto di calorie.
– ”Mangio perché sono allegro: a me il buon umore fa venir fame.”
– ”Mangio perché sono arrabbiata: a me il cattivo umore mette appetito.”

Se la psicoanalisi non funzionasse, tentare le scusanti patetico-aggressive:

”È inverno, fa freddo: come posso non mangiare qualcosa di caldo come una pastasciutta?”
– ”È estate, fa caldo: se non mangio un po’ di pasta mi viene il calo di zuccheri e svengo.”
– ”A causa del mio lavoro sono sempre invitato a pranzo e cena fuori: vuoi che faccia la figura del maleducato e digiuni?”
– ”Come puoi pretendere che IO stia a dieta quando devo cucinare ogni santo giorno manicaretti per TE?”
– ”Non sono grasso: sono i vestiti che ti ostini a comprarmi che sono stretti.”
– ”Il grasso è stato nella mia famiglia per generazioni: vuoi che proprio IO sia il primo a interrompere la tradizione?”

Consigliabile è anche lo sfoggio di giustificazioni acculturate:

– ”Mangiamo e beviamo, tanto domani verrà la morte” (San Paolo)
– ”Più uno ingrassa, più diventa saggio: pancia e saggezza crescono sempre insieme” ( Dickens)
– ”È difficile discutere col ventre, che non ha orecchie” (Catone il Censore)
– ”Lo stomaco è il suolo su cui germoglia il pensiero” (Rivarol)
– ”Le afflizioni si sopportano meglio a stomaco pieno” (Mateo Alemàn y de Enero)

Oppure, alla fine, si può  spiazzare tutti esclamando ad alta voce le trionfanti parole dell’attore Jack Klugman:

“Mi piace essere grasso, mi piace il mio grasso! Mi tiene caldo, mi tiene compagnia, mi tiene su i pantaloni!

Ma se proprio non trovate scuse, provate a seguire quelle che ho battezzato Diete 2.0.

Usate l’A.O.A. (Astuto Ottico Autoinganno)

Non è detto che dimagrire significhi non ingerire cibi ipercalorici: l’importante è laquantità.
Quindi, come astutamente suggeriscono i dietopsicologi americani, se volete diminuire di peso fate uso di piatti piccoli: una porzione di lasagne al forno adagiata su un piattino da caffè o un risotto ai quattro formaggi servito in una tazzina da pinzimonio non vi faranno ingrassare.
Potrete perfino bere del vino e mangiare una torta, se scipperete a vostra figlia o alla vostra sorellina un bicchierino e una teglia della cucina di Barbie.
Ma il massimo appagamento ottico lo otterrete osservando da circa 20 cm. di distanza e attraverso un binocolo il desco così apparecchiato.

Giocate coi cibi

L’idea di nutrirsi solo di verdure crude e scondite può essere deprimente; quindi utilizzate la vostra fantasia ludica tramutando per mezzo di un coltellino affilatissimo (i bisturi sono creati all’uopo) banali carote in obelischi accuratamente istoriati da bassorilievi riproducenti scene mitologiche; ravanelli in fiorellini; pomodori in cestini filigranati; cetrioli in divertenti, lunghe spirali.
Oppure prendete dei chicchi di mais bollito e dei piselli e fatene dei mosaici variopinti di dimensione cm. 5 x 5; poi bendatevi gli occhi e, con uno stuzzicadenti, cercate in tre minuti esatti di infilzare un chicco o un pisello alla volta (alternati, sennò non vale!) Più riuscirete a infilzarne, più ne mangerete.

Autosuggestionatevi

Quando vi sedete a tavola di fronte al vostro pasto dietetico, imparate a ripetere ad alta, altissima voce:
“Questo non è uno stupido vasetto di yogurt magro, ma un cremosissimo gelato crema e cioccolato!”.
“Questa non è una triste foglia di lattuga, ma un mega piatto di trenette al pesto!”.
“Questo non è un misero gambo di sedano, ma un cosciotto d’agnello gocciolante olio!”.
“Io sono una capretta, bèèèèè, e adoro brucare l’erbetta scondita, bèèèèè!”.
Smettete solo quando vedrete i vostri congiunti digitare furtivamente il numero del più vicino Centro di Salute Mentale.

Mangiate almeno 6 volte al giorno

Chi dice che perdere peso sia obbligatoriamente legato al saltare i pasti?
Spesse volte invece, più spesso si mangia, più in fretta si dimagrisce, come assicura l’inglese dott. Philip Gorden. Innanzitutto, afferma, bisogna far precedere alla dieta 48 ore di digiuno quasi assoluto, concedendosi solo acqua non gasata. Poi iniziare:
H.8: tè o caffè senza zucchero. H.11: mezzo grissino. H.13: mezzo pugno di riso bollito e un’arancia. H.17: tè o tisana senza zucchero. H.20: insalata verde completamente scondita. H.23: una tazzina di consommé.
“Ad un certo punto – dice Gorden – non avrete più coscienza di essere a dieta”.
Infatti – dico io-  la coscienza l’avrete persa del tutto e vi risveglierete tranquilli in un lettuccio d’ospedale con una flebo di glucosio attaccata al braccio.

La dieta di patate

Inventata una quarantina d’anni fa dal prof. Rosenfeld, tedesco (nel caso ci fossero dubbi…).
H.8: caffè amaro. H.10: piccola patata lessa. H.13: 100 gr. di purè fatta con metà acqua e metà latte magro. H.17: grande patata lessa. H.20: 100 gr. d’insalata di patate.
Vi consiglio di interrompere la dieta appena la pelle del viso diventerà grigia e spessa, cominceranno ad apparire i primi germogli sulle gote e sul naso e verrete assaliti da un grande desiderio di essere sepolti vivi in piena terra.

(Ginou Choueiri)

Ginnastica per chi non ha tempo

Se non avete tempo per la palestra e causa lavoro trascorrete mezze giornate seduti in macchina, ecco cosa mi ha consigliato un istruttore di strekking: aspettate il verde del semaforo, tirate lentamente e completamente (vabbé…) in dentro l’addome spingendo in alto il diaframma, poi rilasciatelo poco a poco: dopo una centocinquantina di semafori il vostro ventre, assicurano, diventerà piatto e duro come il marmo.
E sapete perché che i cavallerizzi hanno sempre sederi magri e sodi? Perché rimbalzano in continuazione sulle selle.
Potrete ottenere gli stessi risultati anche se non avete sottomano un equino, ma siete costretti a stare per ore ad una scrivania in ufficio; seduti, rimbalzate una ventina di volte all’ora sulla sedia usando una certa violenza.
Poi scrivetemi e raccontatemi dettagliatamente le espressioni dei vostri colleghi mentre compivate la manovra.

© Mitì Vigliero

E la Contessa prese fuoco: un mistero nella Cesena del Settecento

Quella del 14 marzo 1731 sembrava una sera come altre.

La Contessa Cornelia Zangari vedova Bandi – nonna materna del futuro Papa Pio VI – si ritirò nei suoi appartamenti; era un donnone molto in carne e come ogni sera, la cameriera l’aiutò a mettersi a letto, recitando con lei le solite due ore di preghiere.
Poi le augurò la buonanotte e se ne andò.

Ma la mattina dopo, all’alba delle 11, la “signora Contessa riverita” non si era ancora alzata.

Così la cameriera prima bussò alla porta, infine entrò nella stanza buia.

Dopo averla chiamata a voce alta e non avendo ottenuto risposta, corse a spalancare gli scuri e i vetri della finestra; si volse infine verso il letto della padrona e lanciò un urlo spaventoso, che echeggiò a lungo nel palazzo e per le quiete strade di Cesena.

un metro circa dal letto, giaceva a terra quella che un tempo era stata Donna Cornelia: un informe mucchio di cenere nera, grassa e densa, “colante un grasso fetido e liquido” dalla quale spuntavano “due gambe intatte dai piedi sino alle ginocchia, ancora coperte dalle calze“.

Tra le gambe era rotolata la testaridotto in cenere tutto il cervello, la metà del cranio verso gli omeri e tutto il mento; rimanendo solo l’effigie del volto, detràttone solo il detto mento“: e accanto a questa “tre dita d’una mano non del tutto arse, ma semplicemente abbronzate e annerite“.

Gli investigatori giunti sul luogo trovarono la stanza perfettamente in ordine. La lampada ad olio era spenta, il letto con le coltri buttate da un lato, come se la donna ne fosse scesa di corsa; il fuoco non aveva toccato né cortine né lenzuola né mobili.

Ma ovunque nella stanza volava una “specie di fuliggine tetra” e “dal parapetto delle fenestre grondava un grasso e stomachevole umore, di colore non difforme dal giallo”.

Come diavolo aveva preso fuoco la Contessa?

Gli studiosi enciclopedisti dell’epoca si scatenarono in varie ipotesi; tra questi il canonico veronese Giuseppe Bianchini, che pubblicò lo stesso anno il Parere Sopra la cagione della morte della Contessa Zangari ne’ Bandi Cesenate, dove escludeva “la cagione diabolica” e per primo parlò di autocombustione: “credo addunque che la pia Dama venisse incenerita dal calore che nelle interiora se le insinuò… è dimostrato che le materie che il corpo nostro compongono sono in gran parte molto atte alla combustione e casi abbiamo di acute febbri che hanno l’ossa incenerite”.

Altri parlarono di fulmini, di “accensione di gas intestinali”, di scariche elettriche; ipotizzarono miniere di zolfo situate sotto il palazzo, “distillazioni accese” a causa della troppa acquavite bevuta, di “sudore alcolico”, persino di una “facella uscita da un vulcano” transitante lì vicino.

E come sempre accade, vennero citati innumerevoli esempi simili avvenuti a in tutta Europa, dove pareva che un sacco di gente  andasse quotidianamente a fuoco.
Dickens ne fece un racconto (Bleak House), per anni le Accademie mediche e fisiche tennero approfonditi convegni sull’argomento, vennero pubblicati migliaia di articoli.

Ma cosa fosse successo veramente la notte del 14 marzo 1731 nella stanza della Contessa di Cesena, per la gioia di complottisti e bufalari, nessuno lo seppe mai.

© Mitì Vigliero