Breve storia semiseria del Corteggiamento

clava

In principio fu la clava. Un mezzo veloce, che faceva risparmiare un sacco di tempo e spese superflue: secondo la tradizione delle migliori vignette i nostri avi cavernicoli adocchiavano una donna interessante e, senza tanti preamboli, le davano una clavata sulla zucca trascinandola poi per i capelli nella loro caverçonniere, alias caverna garçonniere.
In tal modo venivano applicati letteralmente in una botta sola sia il Corteggiamento che la relativa Seduzione, inventati in seguito forse osservando una gatta che si muoveva spudoratamente sinuosa sotto il naso del gatto gnaolando messaggi amorosi foratimpani, o un piccione danzare intorno alla picciona gonfiando le penne del petto e allargando a ventaglio quelle della coda, o ancora il signor lepre – in mezzo all’erba alta – spiccare salti di un metro per farsi vedere dalla leprotta.

Fatto sta che un bel giorno anche l’Uomo scoprì che le schermaglie amorose abbisognavano di un determinato rituale variabile attraverso le ere e le mode.

corteggiamento cortese

Ed ecco così che, più avanti nel tempo, il Corteggiamento e la Seduzione vennero applicati in vari modi; dal rapimento giustificato a scopo procreativo come quello delle Sabine da parte dei Romani, all’estrema spiritualità (si dice) delle “Corti d’Amore” frequentate da prodi Cavalieri stile Lancillotto.

Per corteggiare la dama prediletta (di solito regolarmente sposata con un altro) l’uomo partecipava a tornei legando un di lei nastro alla punta dell’asta, le dedicava versi sublimi, partiva alla ricerca di draghi da far fuori, si struggeva per l’amore impossibile e spesso defungeva eroicamente.

a belle dame sans merci william waterhouse

Il trascorrere degli anni fece comprendere ai due sessi che l’arte del Corteggiamento non fosse poi necessariamente sempre legata al funereo.
Fu così che, zompando in avanti nel tempo, durante il cosiddetto Secolo Galante, soprattutto nella Francia del ‘700, vi fu un più ameno variare dei costumi sentimentali; nei salotti di conversazione siti nelle dimore di celebri nobildonne progredite, si intrecciavano schermaglie più o meno velate: giochi di “corte”, appunto, gestiti da nobili o brillanti intellettuali.

William Hogarth 1731

La marchesa di Châtelet fu per quindici anni “corteggiata” da Voltaire e da quasi tutta l’Enciclopédie, mentre Diderot flirtava allegramente persino con l’imperatrice russa Caterina II la quale, secondo la sua biografa Neera, “adorava ascoltarlo e pur di godere la sua conversazione, si lasciava pizzicare i ginocchi e sbattere in faccia la parrucca, poiché lo giudicava geniale e fascinoso”.

L’avvento del Romanticismo riportò un po’ di lacrime e sospiri, ma soprattutto inventò le figure del Bel Tenebroso e della Donna Lagna; lui depresso, ingrugnito e malinconico, tormentato da passioni interiori, magari esule volontario come Jacopo Ortis, di solito finiva suicida o moriva combattendo da patriota; lei, affetta da perenni svenimenti, anemie, morbi vari nonché ovviamente già promessa sposa ad un altro, solitamente defungeva per cause patologiche aggravate dall’infelicità sentimentale.

romantico

Allora il Corteggiamento era fatto di sospiri strappacore, sguardi lacrimosi, margherite sfogliate su teneri versi del Prati e romantiche passeggiate in cimiteri illuminati dalla Luna.

Ma già nel periodo Vittoriano, nonostante si coprissero con mutandoni le gambe (nude!) delle sedie e il pronunciare parole come “coscia, petto, pancia” fosse considerato una sconcezza, la “prudérie” si dimostrò soltanto un’ipocrita maschera, come ben testimoniano le trame delle meravigliose commedie di Oscar Wilde: tutto era lecito, purché non si sapesse in giro.

L’uomo però era sempre il Cacciatore forte e protettivo, la donna la Preda accondiscendente e tenera (almeno in apparenza); concetto spiegato in modo tonitruante da Paolo Mantegazza nella sua Fisiologia dell’amore (1873):

fisiologia amore mantegazza

“La seduzione è l’arte di far valere tutti i nostri valori e di presentarli nel miglior aspetto possibile.
Per piacere noi miglioriamo noi stessi e, fatti belli dalla natura e dall’arte, bussiamo col
corteggiamento alla porta per dove entrano gli affetti.
L’uomo, che dei due che amano è il più forte, e che dalla forza attinge le sue più irresistibili seduzioni, dopo aver scrollato la chioma leonina si getta ai piedi della donna e chiede un’elemosina d’amore.
E la donna, che dei due che amano è la più debole, ama arruffare colle sue gentili manine la chioma del re degli animali e fargli il solletico, e godere della sovrumana voluttà di posare il piede sulla forza e di sentirla fremere e poter dire: “E’ mia…”.”

GRETA GARBO

Ma dagli anni ‘30, le donne iniziarono a seccarsi un po’ di fare le dolci prede e alcune si tramutarono in voraci Vampire abbreviate in Vamp (o più esoticamente Femmes Fatales); avide, sensualissime crudelone dagli occhi bistrati di nero, labbra a cuore e bracciali a forma di serpente, che con gli uomini giocavano come il gatto col topo. Seducendoli li plagiavano conducendoli alla rovina finanziaria e all’autodistruzione, finendo talvolta per rimbambirli per sempre, come ben raccontato nel film L’Angelo Azzurro interpretato da quella fatalona di Marlene Dietrich.

angelo

Negli anni 1950-60 per alcuni uomini pieni d’iniziativa il corteggiare e sedurre le donne diventò una sorta di professione: nacquero così i famosi vitelloni, muscolosi ragazzotti bazzicanti in origine le spiagge romagnole alla caccia di turiste nordiche, e i playboy, giovanotti all’apparenza più raffinati, solitamente di buona famiglia, specializzati in attrici famose e miliardarie in genere.
Per altri maschietti più timidi e insicuri, proprio in questo periodo vennero pubblicati miriadi di libri e manuali che insegnavano infallibili (vabbé…) “tecniche di seduzione“.

come conquistare le donne delavigne

Ad esempio un tal Conte Jean Delavigne (e non so cosa darei per conoscerne il vero nome…) scrisse il best-seller Come conquistare le donne (ed. De Vecchi), in cui le “lezioni” erano suddivise in capitoli.
Ne riporto alcuni titoli insieme a una frase tratta da ciascuno, tanto per farvi fare quattro risate:

1 – Imparate a conversare: “Seducetele innanzi tutto con i vostri discorsi: del resto, per conversare con le donne occorre solo parlare soprattutto di loro, della loro grazia, della loro avvenenza, della loro intelligenza”

2 – Curate la vostra cultura: “In fondo la donna, ben lo sappiamo, è molto vanitosa e anche se lei di cultura ne ha pochina si sente molto fiera di andarsene a braccetto con un dottore, un ragioniere o un tecnico ben apprezzato per la cultura”

3 – Imparate le belle maniere: “Anche se siete convinti che l’uomo è superiore alla donna, nella vita sociale lei viene al primo posto; a lei si cede la destra, il posto a sedere, la parola: purtroppo sì, anche la parola!”)

4 – Gestire gli sguardi: “Vere sentinelle avanzate nella battaglia amorosa, gli occhi preparano il terreno”

5 – Come farsi notare: “Studiandola da lontano, ma non tanto, di modo che vi possa vedere e incuriosirsi”

6 – Cosa dire: “Lusingatela, mettetela in risalto in pubblico, tessetene le lodi e, anche e soprattutto se è sciocca, ditele che le affidereste le incombenze più delicate…”

La frase finale del libro è: “Abbiate perciò fiducia in voi stessi! Ad ogni angolo di strada (sic) vi è una donna che anela ad incontrare l’amore, che sogna di essere abbordata: andate quindi, senza esitazione, certi che avrete al più presto una lusinghiera vittoria“.

Probabilmente furono proprio le donne che lessero libri di questo genere che decisero di fondare seduta stante il Movimento di Liberazione Femminile.

E da lì, fu tutta un’altra storia.

© Mitì Vigliero

I Libri sotto le Gonne: il Contrabbando di Testi Politici nel Risorgimento

Usciti al casello di Pontremoli sull’autostrada della Cisa, girando a sinistra seguendo i cartelli per Mulazzo, dopo cinque km di strada inerpicata su un’erta collina della Valle del Torrente Mangiola si arriva a Montereggio, antico paesino talmente lindo ed ordinato che ogni pietra pare spazzolata con amore.

E camminando per le stradine di pietra stupirà notarne i nomi: passeggiata Spagnolpiazza Mondadoriborgo Garzanti… Perché la caratteristica di Montereggio è quella di essere da secoli  la patria dei librai.

Partivano all’inizio della primavera con la gerla in spalla; dentro la gerla almanacchi, lunari, testi classici, storici, religiosi.

Sciamavano verso le città del nord: Milano, Torino, Bergamo, Genova, Firenze, Novara, Venezia, venditori ambulanti di parole scritte che piano piano divennero stanziali allestendo dapprima delle bancarelle (furono proprio loro nel 1952 a fondare il premio Bancarella) e poi botteghecase editrici.

(io al Bancarella, prima a sinistra, chiacchierando con Tolozzi)

Si chiamavano, e si chiamano, Ghelfi, Bertoni, Fogola, Tarantola, Lazzarelli, Lorenzelli, Giovannacci, Maucci, Vannini, Rinfreschi; e durante gli anni delle lotte risorgimentali fecero un vero e proprio contrabbando di libri giudicati dagli austriaci più pericolosi delle armi perché contenevano le idee liberali e repubblicane impossibili da disinnescare.

I volumi arrivavano contrabbandati dalla Svizzera, precisamente da Capolago dove aveva sede la Tipografia Elvetica che pubblicava i testi di Cattaneo, Tommaseo, Berchet e Rossetti, e da Losanna, dove il tipografo Bonamici (ex cappuccino, ex predicatore, ex pastore protestante) dirigeva un’altra officina tipografica che divenne celebre pubblicando il proibitissimo “Gesuita moderno” del Gioberti.

Le edizioni clandestine entravano in Lombardia grazie al “sacro contrabbando” organizzato da Luigi Dottesio, classico tipo del fascinoso cospiratore romantico.
Lui e i suoi i patriottici “colporteurs” calavano dalla Svizzera per il Bisibino e la valle d’Intelvi, e negli zaini portavano tabacco e sale sotto i quali erano nascosti volumi e opuscoli rivoluzionari.

Il deposito provvisorio che raccoglieva la merce scottante era un padiglione di Villa d’Este a Cernobbio.

Lì durante il giorno si riunivano decine di signore e signorine nobili e borghesi che, con la scusa di prendere il tè o festeggiare compleanni e onomastici, erano complici – spesso molto affettuose – dei patrioti contrabbandieri.

Mettendo a profitto le dimensioni abbondanti degli abiti volute dalla moda di allora, nascondevano  negli amplissime campane che reggevano i pizzi delle sottovesti, o nelle fitte pieghe dei mantelli e degli scialli, i “volumetti incendiari”.

Poi tornavano nei loro salotti milanesi ove li distribuivano a ospiti e amici in visita, diffondendoli così a Venezia, Torino, Genova e Roma.

Una notte il Dottesio venne arrestato dagli austriaci proprio mentre percorreva gli impervi sentieri del confine comasco-ticinese; condannato a morte, fu impiccato nell’ottobre del 1851; molti suoi collaboratori furono condannati ai lavori forzati.

Ma i testi proibiti continuarono imperterriti a viaggiare fra gerle e crinoline.

© Mitì Vigliero