Conca Valbruna: l’Atlantide Romagnola


La piazza di Gabicce Monte si chiama Valbruna, città leggendaria che da sempre si pensa sia stata sommersa – in epoca lontanissima – dal mare nella baia di Vallugola.

Basandosi su testimonianze antiche che raccontavano resti di torri e mura visibili “a un braccio sott’acqua” nei giorni di mare calmo e limpido, autorevoli storici come Biondo Flavio nel ‘400 o Raffaele Aldimari nel ‘600, si dichiararono convinti che sì, alle foci del fiume Conca sorgeva la mitica Crustumium (dal nome originario del fiume) o Concha.

Una città forse di origine greca, citata da autori latini del  sec. e poi probabilmente inabissatasi a causa o di un cataclisma naturale stile terremoto e tsunami (di cui si è persa la memoria), o da fenomeni tettoniciche pian piano erosero la costa o addirittura per colpa dell’uomo, che si dice nel VII secolo abbia tagliato via pezzi di monte – provocando una frana distruttiva – per aprire un canale di sbocco ai pesci…Chi lo sa.

La scienza moderna rifiuta la presenza reale di questa città, chiamata da sempre Valbruna dagli abitanti della zona posta tra le Marche e la Romagna, il Montefeltro; quelle che paiono torri e gigantesche mura altro non sarebbero che particolari e interessanti scogli e formazioni geologiche: ma solo semplici scogli, non case.

Però una leggenda che duri così a lungo, mantenuta sempre uguale e viva a livello popolare per secoli e secoli di certo una base di verità deve averla; su alcune cartine marittime del Trecento e del Cinquecento (come questadel Magini) si trova scritto a quell’altezza di mare un  “Concha, città profondata” e l’Aldinari racconta di un pescatore che, dopo essersi immerso di fronte a lui, riportò a galla un laterizio appartenente alla città sommersa.

Le testimonianze antiche la descrivono città piccola ma ricca, con colonnati e statue; forse un porticciolo commerciale, forse una cittadella fortificata posta alla difesa dell’antichissimo (e scomparso) porto militare di Vallugola…Chissà.

E i pescatori tramandano racconti dei loro avi che a volte pescavano con le reti reperti curiosi, stoviglie, capitelli, pezzi di marmo lavorato, vasi, persino brandelli di mosaici.

Di certo quel territorio fu sino al V secolo un fertile e attivo territorio romano; a Cattolica vicino al mercato è stato restituito alla luce (era coperto da un parcheggio auto) un insediamento abitativo, Casa Filippini.

Nel locale Museo della Regina sono conservati parecchi bei reperti databili fra il I secolo a.C. e il IV d.C.; vasi, contenitori in vetro, argilla, terracotta, dadi da gioco,  bottiglie, boccali, brocche, ciotole, anfore…Ma nessuna citazione della città sommersa.

I sub s’immergono spesso nella zona; alcuni affermano di aver visto alcune rovine, altri di non aver trovato nulla – non si sa dove sia di preciso, forse vicino al Sasso di Gabicce, forse più in là, a circa un miglio dalla costa…Ma non disperano, e continuano a cercare.

Un miraggio collettivo? Una voglia matta di fiabe? In ogni caso resta un piccolo, poetico mistero quello di Valbruna, la minuscola Atlantide nostrana.

©Mitì Vigliero