Aglio Fravaglio: Superstizioni e Credenze sull’Aglio

 

Esistono molte superstizioni popolari che riguardano l’aglio; forse a causa del suo odore dato da forme particolari di zolfo (disolfuro di allile), da sempre venne in qualche modo collegato al mondo magico popolato da spiriti buoni o cattivi.

Aglio, fravaglio
E’ una delle più note formule scaramantiche anti malocchio; è rimasta impressa a molti della mia generazione, grazie a Peppino De Filippo, fratello di Eduardo, che in televisione negli anni Settanta interpretava il mitico Pappagone, personaggio timido, pasticcione e sfortunato che ogni volta, prima di mettersi regolarmente nei pasticci, recitava:
Aglio, fravaglio,
fattura ca nun quaglio,
corna, bicorna,
capa r’alice
e capa r’aglio
Gli esperti nel settore dicono che, per funzionare alla perfezione, la formula deve essere seguita da tre sputacchiatine e tre gesti di corna fatti con ambo le mani e volti all’ingiù.

Battesimi
In Guascogna si battezzano i bimbi sfregando loro uno spicchio d’aglio sulla lingua; ciò li prepara ad affrontare con coraggio le difficoltà della vita e, se sono maschi, ad avere un’intensa e fertile vita sessuale.

Calamita
Si dice, e il motivo non s’è mai capito, che l’aglio abbia il potere di distruggere il potere delle calamite; per questo nelle imbarcazioni doveva essere sempre tenuto lontano dalla bussola.

Circe & C.
Anche le maghe ammaliatrici detestano l’aglio. La prima di loro a farne le spese fu Circe, la lussuriosa fattucchiera dell’Odissea. I compagni di Ulisse vennero da lei trasformati in porci, ma lui si salvò perché Ermes-Mercurio gli ammannì un filtro preparato con l’allium moly.
Per alcuni si tratta di un raro tipo di aglio dal fiore giallo; e questa analogia potrebbe essere vera visto il noto significato apotropaico e di scongiuro nel vampirismo e nella stregoneria.
Credenza vuole che questo aglio cresca proprio quando la luna è al suo ultimo quarto, quindi, come tutto l’aglio nell’antichità greca, proteggeva dall’approssimarsi della nefasta Luna Nera e serviva contro le pericolose manifestazioni di Ecate.
Tradizioni più vicine a noi affermano che le streghe non si avvicineranno mai a un qualcosa (oggetto, animale o essere umano) che odori d’aglio; l’effluvio le disgusta sino alla nausea, cosa alquanto curiosa per creature abituate a bollire filtri a base di serpenti, bave di rospo, pipistrelli, cervelli umani…

Clemente XII
Pare che il papa Clemente XII volesse che nella sua bara fossero poste numerose trecce d’aglio; fu  seppellito la notte tra il 23 e 24 giugno, nell’avvento del S. Giovanni d’Estate e, sempre per sua volontà, volle che il proprio monumento funebre fosse eretto accanto all’orrido cenotafio di Silvestro II, il papa negromante, sospettato di aver venduto la propria anima a Satana in cambio del triregno.

Fortuna
Secondo le fattucchiere napoletane, marchigiane, calabresi, romagnole e umbre, inghiottire a digiuno un grosso spicchio intero porterebbe una fortuna semplicemente sfacciata.
Niente più code negli uffici pubblici, spazi improvvisi in negozi affollati, noti rompiscatole che non si fermano a chiacchierare per ore, posti a sedere sugli autobus…
Un meraviglioso senso di vuoto attorno, causato probabilmente dall’alito fetente.

Grecia
In Grecia solo pronunciare la parola aglio, anzi scòrodon, era considerato un talismano potentissimo e ancora oggi si vendono riproduzioni fedelissime in ceramica da usare come portafortuna, appendendole accanto agli usci di casa.

Malocchio
Contro il malocchio le fattucchiere siciliane mettono in un catino uno spicchio d’aglio tritato, alcune prese di sale e qualche goccia d’olio d’oliva.
Si unisce una ciocca di capelli dell’ammalocchiato, si recitano alcune segretissime formule magiche, e il sortilegio d’incanto se ne va.

Maomettani
L’aglio è citato anche nel Corano. Secondo un’antica leggenda, quando Satana fu cacciato dal giardino dell’Eden, decise di lasciare un suo ricordo facendo spuntare una pianta d’aglio nel punto in cui – assaporando la famigerata mela proibita – Adamo teneva il piede sinistro e una di cipolla in quello in cui aveva il destro. Da ciò si deduce che i maomettani non provavano grande simpatia per questa pianta; lo stesso Maometto non ne mangiava mai, convinto che l’ingerire il sulfureo bulbo lo avrebbe portato ad agire in modo non retto.

Mestrui
Gli egizi veneravano l’aglio come una divinità, annoverandolo tra le piante sacre e dedicandogli sacrifici in ringraziamento alle le sue virtù; per questo, a differenza delle altre,  la loro religione arrivava a non considerare “impura” una donna nel periodo mestruale se questa faceva irrigazioni con birra, miele e aglio pestato.

Pentole e forbici
Con l’aglio in Piemonte si strofinavano le pentole nuove di coccio, per renderle più resistenti.
In Sardegna invece, a scopo scaramantico, lo sfregavano più volte sulle lame di forbici  e rasoi prima di tagliare i capelli ai bambini o la lana alle pecore, per non ferirli e per far ricrescere crini e peli più robusti e folti.

Salute
Come augurio di buona salute, nel periodo tra la nascita e il battesimo in Francia si usava deporre nella culla dei neonati uno spicchio d’aglio, insieme a un sacchettino di sale e a un pezzetto di ferro.
In Sicilia e in Calabria lo mettevano nel letto delle partorienti, e si credeva che farsi il segno della croce tenesse lontani tumori di varia natura.

San Giovanni
Il giorno di San Giovanni, 24 giugno, è indispensabile comprare almeno una testa d’aglio, per avere soldi tutti l’anno.

Serpenti
In Polonia, se a qualcuno capitava di nominare il serpente, creatura maligna, in presenza di bambini, gli veniva messo subito uno spicchio d’aglio sotto la lingua a mo’ di scongiuro.

Sogni
Sognare di mangiare aglio è un avvertimento a non fare troppe spese.
Sognare di vederlo  significa che si riuscirà a portare a buon esito ciò che  sta a cuore, nonostante alcuni dissidi soprattutto in famiglia.
Ma se un uomo sogna dell’aglio posato sulla tavola da pranzo, faccia attenzione perché indica tradimento di donna. La sua.

Tori
Medea sfregò dell’aglio su tutto il corpo di Giasone affinché non fosse aggredito dai feroci tori del padre; forse è per questo che a tutt’oggi i toreri spagnoli o gli allevatori argentini ne tengono uno spicchio legato con una funicella attorno al collo come protezione

Vampiri
Tradizionalmente l’aglio protegge dai vampiri perché purifica il sangue, lo ripulisce e lo rende per loro insipido e non appetibile.
Sino a metà del Novecento chi doveva recarsi nella Romania sud occidentale, soprattutto nella regione nomata Transilvania, non doveva dimenticarsi di mettere in valigia un poco d’aglio; questa era un sorta di “carta di credito” che rassicurava gli albergatori sull’estraneità a pratiche vampiresche del nuovo ospite. E gli abitanti delle zone rurali balcaniche usavano strofinare con aglio le maniglie delle porte e le cornici delle finestre per tener lontane le caninute creature.
Si sa infatti che tutti i vampiri, si chiamino Drakul, Kuslak,  Nosferatu o Piwica, non sopportano l’odore dell’aglio e, appena lo sentono, fuggono disgustati. Esattamente come molti umani.


© Mitì Vigliero, da Saporitissimo giglio

Perpetue, Narcisi, Gradassi & C.

Spesso utilizziamo come aggettivi nomi di personaggi coniati dalla penna di grandi scrittori.

Ad esempio definiamo gradassi quei tizi litigiosi e attaccabrighe che si comportano da veri spacconi, facendo grandi sceneggiate per minimi motivi,  sbraitando di solito coi più deboli, minacciando spesso a vuoto perché sanno di avere le spalle coperte da qualche potente o da una loro particolare forza, fisica, “monetaria” o ‘ndranghetoria.

Il nome deriva da Gradasso, di cui sia l’Orlando innamorato del Boiardo che l‘Orlando furioso dell‘Ariosto raccontano le avventure.

Era un re “dal cor di drago e membra di gigante“, cavaliere pagano leggermente affetto da manìe di grandezza che – da buon gradasso – decise di piombare in Francia dall’Oriente con un esercito di centomila uomini armati sino ai denti non per combattere i Cristiani, ma solo per impadronirsi del cavallo di Rinaldo (Baiardo) e della spada di Orlando (Durlindana).

Altro personaggio letterario entrato a far parte del linguaggio comune è la Perpetua dei manzoniani Promessi Sposi, celeberrima governante di Don Abbondio.
Grazie a lei vennero da allora chiamate familiarmente così tutte quelle donne che, per una professione ormai in via di estinzione, facevano da “colf” ai parroci che arrivavano privi di familiari nelle parrocchie di paesi lontani.
Oggi perpetua viene usato soprattutto per definire una donna  particolarmente intrigante, pettegola e curiosa e irrimediabilmente zitella.

Definiamo Circe – come la maga dell’omerica Odissea, una donna che d’abitudine ammalia i maschietti per poterli usare a proprio esclusivo vantaggio per poi – dopo averli usati e rovinati nella reputazione e nello spirito (rovina simboleggiata dai porci in cui la Circe tramutava gli uomini) – farli soffrire abbandonandoli o trattandoli malissimo.

E’ simile alle sempre omeriche sirene , malefiche figure  che con canti, complimenti, promesse sottintese e lusinghe riescono ad illudere soprattutto i Narcisi d’ogni sesso pieni di ambizioni artistiche.

Poi  ci sono le lolite di nabokoviana memoria, specializzate in capelli brizzolati e coniugi frustrati, sempre pronte a dispensare coccole e gnegné  in cambio di favori, regali e carriera.

Il capufficio esigente o il professore severo sono cerberi; l’avvocato che non ci soddisfa nello svolgimento del suo incarico è un azzeccagarbugli; il fidanzato geloso è un Otello mentre quel tipo che cerchiamo urgentemente per lavoro e non si fa mai trovare, è come la Primula Rossa.

Invece il ricordo di una cattiva azione o di una colpa diventa la nostra privata Ombra di Banco, spettro ossessionante descritto da Shakespeare nel Macbeth.

Questo modo di dire è un po’ passato di moda, forse perché le cattive azioni oggi spesso sono motivo di premio e vanto, o forse perché Shakespeare in Italia lo conoscono sempre più in pochi.

Al contrario, chi ha un vocabolario superiore alle 200 parole,  continua a definire pantagruelico un pranzo estremamente succulento e abbondante; degno di Pantagruel, il golosissimo e famelico personaggio inventato nel ‘500 da Rabelais.

Infine, anche il mondo delle fiabe ha contribuito a “eternare” dei tipi precisi: chi corre dietro le donne è un dongiovanni, come il Don Giovanni protagonista della celeberrima leggenda spagnola del XIV sec. che ispirò molti autori; una fanciulla trattata male in famiglia o in ufficio è una Cenerentola, come l’eroina di Charles Perrault ; all’amico o parente sempre pieno di saggi consigli -possibilmente non richiesti- affibbiamo il soprannome di Grillo Parlante mentre i sempre collodiani Gatto e la Volpe rappresentano – nel mondo degli affari – una coppia di individui mica tanto perbene.

©Mitì Vigliero

Gradassi, Perpetue, Sirene & C.

Spesso utilizziamo normalmente come aggettivi nomi di personaggi coniati dalla penna di grandi scrittori.

Ad esempio definiamo gradassi quei tizi litigiosi e attaccabrighe che si comportano da veri spacconi, facendo grandi sceneggiate per minimi motivi,  sbraitando di solito coi più deboli, minacciando spesso a vuoto perché sanno di avere le spalle coperte da qualche potente o da una loro particolare forza, fisica, “monetaria” o ‘ndranghetoria.

Il nome deriva da Gradasso, di cui sia l’Orlando innamorato del Boiardo che l‘Orlando furioso dell‘Ariosto raccontano le avventure.

Era un re “dal cor di drago e membra di gigante“, cavaliere pagano leggermente affetto da manìe di grandezza che – gradasso – decise di piombare in Francia dall’Oriente con un esercito di centomila uomini armati sino ai denti non per combattere i Cristiani, ma solo per impadronirsi del cavallo di Rinaldo (Baiardo) e della spada di Orlando (Durlindana).

Altro personaggio letterario entrato a far parte del linguaggio comune è la Perpetua dei manzoniani Promessi Sposi, celeberrima governante di Don Abbondio.
Grazie a lei vennero da allora chiamate familiarmente così tutte quelle donne che, per una professione ormai in via di estinzione, facevano da “colf” ai parroci che arrivavano privi di familiari nelle parrocchie di paesi lontani.
Oggi perpetua viene usato soprattutto per definire una donna  particolarmente intrigante, pettegola e curiosa e irrimediabilmente zitella.

Definiamo Circe – come la maga dell’omerica Odissea, una donna che d’abitudine ammalia i maschietti per poterli usare a proprio esclusivo vantaggio per poi – dopo averli usati e rovinati nella reputazione e nello spirito (rovina simboleggiata dai porci in cui la Circe tramutava gli uomini) – farli soffrire abbandonandoli o trattandoli malissimo.

Figura assai simile alle sempre omeriche sirene , malefiche figure (oggi d’ambo i sessi, o sottoforma di miraggi di successo) che con canti, complimenti, coccole, promesse sottintese, lusinghe e gnegnè riescono ad illudere e far perdere la testa persino agli individui più posati e raziocinanti. 

Invece il ricordo di una cattiva azione o di una colpa diventa la nostra privata ombra di Banco, spettro ossessionante descritto da Shakespeare nel Macbeth.
Questo modo di dire è un po’ passato di moda, forse perché le cattive azioni oggi spesso sono motivo di premio e vanto, o forse perché Shakespeare in Italia lo conoscono sempre più in pochi…

Al contrario, chi ha un vocabolario superiore alle 100 parole,  continua a definire pantagruelico un pranzo estremamente succulento e abbondante; degno di Pantagruel, il golosissimo e famelico personaggio inventato nel ‘500 da Rabelais

Infine, anche il mondo delle fiabe ha contribuito a “eternare” dei tipi precisi: chi corre dietro le donne è un dongiovanni, come il Don Giovanni protagonista della celeberrima leggenda spagnola del XIV sec. che ispirò molti autori; una fanciulla trattata male in famiglia è una cenerentola, come l’eroina di Charles Perrault e il gatto e la volpe collodiani rappresentano – nel mondo degli affari – una coppia di individui mica tanto perbene.

©Mitì Vigliero

Ve ne vengono in mente altri?

MimosaFiorita: Per esempio,essere come L’Araba Fenice, risorgere dalle proprie ceneri o disgrazie. Di solito,quando si cerca una persona, e non si trova mai, si dice: e’ come la Primula Rossa. E quanti di noi hanno per amico un Grillo Parlante che ci da’ consigli, quasi sempre inascoltati?

Luca: Forse il più citato in questi tempi “sei un pinocchio

Antar: Lavorando in uno studio legale non posso esimermi dal nomiare il manzoniano azzeccagarbugli.

Beppe: Nabocov si troverebbe a suo agio qui dove lavoro: è pieno di lolite (alcune hanno 35 anni, lolite passite…;)

Skip: Bertoldo ( uomo grossolano ma furbo, da un racconto di Giulio Cesare Croce) e Cacasenno (sputasentenze , da un’altra novella)

ZiaPaperina: Un bacio veloce, Pla’, prima che arrivi quel cerbero del mio socio….;oD

Brian: Direi:  Giuda e Paparazzo (il fotografo della Dolce Vita)

MaxG: In amore sono un otello (geloso). Che poi non è vero, ma non mi suonava bene scrivere “in amore mia moglie è un otello”

Anna: “Casanova” per indicare un seduttore, “Narciso” (anche se mitologico) per indicare chi, anche in forma patologica, ha troppa cura della propria immagine…