(prima cliccate qui: Massimo Troisi – Ricomincio da tre – Massimiliano, Ugo o Ciro)
Tel Aviv – Una coppia di israeliani ha chiamato la loro figlia Like (“mi piace”, in italiano), in omaggio al noto social network Facebook. Lior Adler, 37 anni, e sua moglie Vardit, 35 anni, di Hod Hasharon, vicino Tel Aviv, sono entrambi “devoti” al sito di Mark Zuckerberg, tanto da chiamare la loro bambina come il nome della funzione ben nota” (qui tutto l’articolo comparso sul Secolo XIX) (E qui un altro esempio del dicembre 2012). (E qui un altro dell’agosto 2015)
Perché i nomi di battesimo sono lo specchio della società e della cultura del periodo in cui uno nasce: quelli che si chiamano Rachele o Adolfo non potranno mai nascondere la loro età, così come i vari Palmiro/a, Lenin o Nikita.
Anche la moglie di Cuccia fu vittima dell’amore politico del padre che la nomò Idea Socialista; poi lui, durante il fascismo, cambiò opinione, ma a lei il nome rimase, anche se politicamente equilibrato dal cognome: Beneduce.
In compenso ora, se nessuno per fortuna si sogna di chiamare una figlia Forzitàla, Radicala, Piddina, Udicina o Quintastella, tra i musulmani residenti in Italia continuano a nascere parecchi Osama.
Pare che, talvolta, i novelli mamma e papà ritornino ai nomi dei nonni; ma forse a causa delle famiglie allargate, per non fare torti a nessuno dei nonni in esubero, ci ritroviamo oggi – elenco del telefono alla mano – con un Gianantonandrea a Sassari e una Rinapianna a Roma.
Però basta sempre sfogliare gli elenchi telefonici di qualunque città per rendersi conto che i nomi dei nostri concittadini sono in generale ancora un po’ particolari…
Secoli fa la gente chiamava i figli come diavolo le pareva; ciò spiega la presenza di nomi romantici come Caligola, Spurio, Baleatico, Poppilla, Cazzutoro o Cangrande; ma col Concilio di Trento (1545-1563) la Chiesa mise dei vincoli, stabilendo per legge che ai neonati dovessero essere dati esclusivamente nomi di Santi, personaggi dell’Antico Testamento o comunque ispirati alla religione cristiana.
Da qui i vari Natalina, Pasquale, Salvatore, Assunta, Quaresimina, Rosario o Resurrezione.
Ma dal ’700 in poi, mossi da smanie rivoluzionarie, molti genitori si ribellarono alla legge clericale raggiungendo spesso nella scelta dei nomi livelli di lieve follia, abitudine che continuò soprattutto in Emilia Romagna, terra anarco-socialista per eccellenza; sino al 1950 era facile trovare pargoli col ciuccio che si chiamavano Ribèllo, Ateo, Collettivo, Comunarda e Molotov.
Un operaio di Rimini, a cui il padre aveva imposto il nome Sciopero, forse per vendetta volle continuare la tradizione sui suoi 3 figli chiamandoli Scintilla, Ordigno, Avanti, ed Emilia Libera era il nome di una matura brigatista della prima ora.
I genitori clericali rispondevano a queste provocazioni battezzando la prole Santafede, Crocifissa, Confessione, Chirieleison, Litania, Dedeo, Diesire (dies irae), Pronobi (ora pro nobis) e Purif, mite casalinga di Massalombarda degli anni 70, che doveva il nome a una ricorrenza segnata su tutti i calendari: “Purif.(purificazione) di Maria Vergine“.
La passione per la letteratura ha ispirato molti genitori del modenese facendo loro chiamare i bimbi annate 1950-60 Athos, Portos, Aramis; e la S finale ha preso la mano una trentina d’anni fa creando, sempre in zona emiliano-romagnola, Amos, Neris, Nolis, Manes e Meris.
A Bologna c’è il signor Foscolo Maria mentre a Ferrara vi sono due fratelli fabbricati da due scatenati fans di Sir Conan Doyle, che si nomano rispettivamente Holms e Uotzon (sic).
Sempre in Emilia la passione per l’opera lirica ha prodotto moltissimi Aida, Gioconda, Azucena, Violetta, Falstaff, Otello, Radames, mentre in casa di Giovannino Guareschi lavorava una colf che si chiamava Luisamiller.
Se non sono storia e arte a suggerire nomi per bambini, ci pensano sport, cinema e tv.
Solo nel giugno 1984 a Napoli, quando era ancora incerto l’ingaggio di Maradona, furono ben 118 i neonati che vennero chiamati Diego o Diego Armando, così come molti furono i bimbi battezzati nell’estate ’82 Pablo o Pablito, in omaggio all’eroe di quei Mondiali, Paolo Rossi: in compenso a Genova c’è una ragazza che si chiama Doriana, che potrebbe essere nome normale se non fosse il diminutivo di Sampdoriana.
Indubbiamente nate intorno agli anni ’70 tutte le Sabina (in omaggio alla Ciuffini del Rischiatutto), così come Lara furoreggiò dal 1966 alla fine degli anni ’70 a causa della celebre colonna sonora del Dottor Zivago, mentre la maggioranza delle Sabrine è annata 1954, grazie all’omonimo film con Audrey Hepburn: in compenso, per la sindrome da rotocalco, nel cosentino oggi c’è una ragazza che si chiama Ledidiana (sic).
Le telenovele nell’ultimo quarantennio rimpinzarono i nostri asili di Dilan, Gessica, Geiar, Geson (sic, sic, sic e sic), Suellen (ri-sic, spesso italianizzato in Suella) e Samantha.
Talvolta a peggiorar le cose si aggiungeva l’accento regionale di chi andava a registrare in neonato in municipio.
Ciò spiega ad esempio perché nelle Marche, dove la pronuncia è un po’ dura (Lugìa, gampagna ecc) vi siano ragazze nomate Samanda, o che a Monterotondo (Rm) una leggiadra Ortensia sia diventata Ortenza.
E se la smania dell’esotico ha creato, soprattutto nelle famiglie VIP, monster quali Jacaranda, Bramina, Volmer, Siron, Aliosha, Oceano e Cocis, in Sardegna anni fa, causa la caratteristica di alcuni cognomi tipici del loco, si diffuse la moda di creare nomi hollywoodiani; e così, come in una barzelletta, oggi possiamo trovare Sofia Loriga, Alain Delogu, Bruce Ligas e Demi Murgia.
Lo storiografo Thomas Carlyle diceva “dare il nome a qualcuno è in realtà un’arte“; certo occorre molta ispirazione per chiamare un indifeso neonato Canzianilla, Amelberga, Osmundo, Volusiana, Eroteide, Godeardo, Eliconide, Valdetrude, Olibrio, Filigonio (tutti nel bolognese) o Ademara, Serrana, Ardelio, Foresto, Argene, Dardaco e Drusiana (Toscana).
A Biella c’è un signor Edile; a Bologna Manilio, Manlisco, Divo; a Reggio Emilia Arto (papà ortopedico?); a Forlì Decio, Norcio, Edel e, giuro, i fratelli Salito e Disceso. A Ferrara Araldo e Anronio (questo forse risultato della pessima scrittura dell’addetto comunale che fece decifrar male un innocuo Antonio); a Recanati Euticchio e Marchiano, come un errore (gravidanza indesiderata?).
A Roma ho trovato un Esubero (figlio probilmente di un’esasperata pluripara) e una Eclide; a Napoli un Principio, a Barletta una Sterpeta e a Padova una signora Ema, sperando non sia un diminutivo, strumento che è stato utilissimo ad esempio alla giornalista Gruber per celare sotto il vezzoso Lilly un teutonicissimo Dietlinde; all’ex signorina buonasera Aba Cercato un coloniale Addis Abeba e infine a Nilla Pizzi un allegro Adionilla.
(ora ascoltate la colonna sonora Offlaga Disco Pax – Onomastica)
Ne avete altri da segnalare per continuare la collezione?