Vi Racconto La Storia Di Antoniotto, Genovese Che Odiava I Genovesi

Torre d’Isola (PV) c’è la bella villa-castello Botta-Adorno, famosa per essere infestata dal fantasma inquieto del primo proprietario, Marchese Antoniotto Botta-Adorno.

Figlio di Luigi, che venne spedito in esilio (con promessa di condanna a morte se fosse ritornato) dalla Repubblica di Genova dopo un tentato colpo di stato, e di Matilde Meli Lupi di Soragna, amante del re di Spagna Filippo V, Antoniotto crebbe superbo nonché dotato d’un carattere infernale.

Non si ammogliò mai, né abbe mai figli; sopportava il fratello più grande, Alessandro, ma ne detestava cordialmente la moglie Isabella di Torriglia, dichiarando pubblicamente che piuttosto di sposarla Alessandro avrebbe fatto meglio a prendere i voti.

Militare di carriera, fu il il comandante delle truppe austro-piemontesi che nel settembre del 1746 occuparono Genova, città di cui si autoproclamò Governatore; il dentino avvelenato che aveva nei confronti della Superba“nemica” di suo padre, lo spinsero a comportamenti estremamente crudeli nei confronti sia dei cittadini che delle autorità dogali (e gli Adorno di Dogi ne avevano avuti ben 7 in famiglia).

Passata alla storia è l’affettuosa risposta che diede al Doge Francesco Brignole Sale, che disperato arrivò a inginocchiarsi davanti lui per chieder pietà: “Ai genovesi lascerò solo gli occhi per piangere!”.

Fatto sta che i genovesi ad un certo punto non sopportarono più né lui né le sue truppe e nel sestiere di Portoria il 5 dicembre dello stesso anno, col Balilla, il sasso e il “Chi l’inse” diedero vita alla formidabile e celeberrima insurrezione che cacciò gli invasori, Antoniotto in testa.

Lo storico Accinelli racconta che anni dopo, nel 1751, nel Palazzo di Commercio di Amsterdam si incontrarono lo Stadolter d’Olanda e il Botta; il primo gli disse di non aver mai capito come diavolo fosse stato possibile che quel gran numero di soldati armati sino ai denti avesse avuto la peggio contro dei cittadini inermi.

Al che il Botta rispose:
Non conosce Vostra Altezza l’umore del popolo di Genova. Egli è diviso in più quartieri, gli abitanti dell’uno sono agli altri contrari, gareggiano per la preminenza, ben sovente si azzuffano. Ma quando si tratta della libertà, lasciate le private discordie, tutti si uniscono per la difesa…”

per render meglio l’idea aggiunse che avendo un suo ufficiale suggerito di spedir 3000 uomini a sedare i rivoltosi, rifiutò la proposta ben sapendo che “le sole donne di Prè con evacuare pitali e vasi notturni dalle finestre, annegar fatt’avrebbero lui e la sua comitiva in un mare d’addobbi”.
Infine, forse al pensiero degli “addobbi“, scoppiò in una gran risata.

Ma aveva davvero un buon motivo d’esser finalmente gentile nei riguardi dei genovesi e trullo d’umore, l’Antoniotto; subito dopo la rivolta era infatti fuggito dalla città portandosi dietro il tesoro della Repubblica, composto da oggetti preziosi e 20 casse di genovini d’oro, e si era rifugiato nella villa di Torre d’Isola dove morì – pare, la data non è certa – nel 1774.

Però il luogo della sua sepoltura non venne mai ritrovato, così come del tesoro non fu mai trovata traccia: dicono fosse nascosto in un’ antica torre della villa (ora scomparsa) e che il fantasma d’Antoniotto vi faccia una guardia spietata.

© Mitì Vigliero