Doodle e Zip

Avete visto che meraviglia il doodle oggi?

Partecipo anch’io ai festeggiamenti della cerniera lampo e del suo perfezionatore, riproponendovi la mia

Storia della Zzzip

Zzzip! Storia della Cerniera Lampo


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La signora Judson era una lagna mostruosa; ogni giorno si lamentava col marito dicendogli: “Uffa, sono stufa di rovinarmi le dita coi gancetti del busto e di spezzarmi le unghie coi bottoncini degli stivaletti; tu che passi il tempo ad inventare cose stupidissime come  freni per locomotive, perché non progetti invece qualcosa di veramente utile per chiudere scarpe e guepiére, eh?”.

Fu così che l’ingegner Whitcomb Judson il 29 agosto 1896 brevettò a Chicago la “chiusura di sicurezza separabile”, una doppia catena metallica nella quale erano incorporati ganci e occhielli che si chiudevano facendo scorrere in alto una levetta.

La prima “cerniera lampo” era abbastanza ingombrante e macchinosa, si inceppava facilmente, ma nel 1906 un altro americano, Gideon Sundback, la perfezionò sostituendo agli occhielli e ai ganci dei dentini metallici disposti a flessibili file alternate, brevettandone la forma definitiva.

Nel 1917 la lampo venne applicata sulle tute dell’aviazione americana e come chiusura degli zaini dell’esercito; poco dopo la fabbrica di gomma B.F. Goodrich Co. la usò come chiusura delle sovrascarpe e un sarto newyorkese, Robert Ewing, ebbe un immenso successo applicandola come chiusura a un modello di giacca a vento: egli fu anche quello che la battezzò col nome onomatopeico di “zipper”.

Il boom dello zip fu alla fine del 1920; il Principe di Galles, futuro re Edoardo VIII, fu il primo  a chiedere ai suoi sarti di Savile Row di mettere la lampo nei pantaloni che gli confezionavano, lanciando una moda che si diffuse immediatamente tra tutti gli elegantoni del mondo; per le donne, il primo ad utilizzare lunghi zip come chiusura dei vestiti fu invece il sarto parigino Lanvin.

I fumatori di pipa ne furono entusiasti  perché sigillava perfettamente le borse da tabacco; il modello Locktite solo nel 1925 vendette ben 187.200 esemplari.

Ma anche la Medicina seppe utilizzarlo; un chirurgo dell’Università del Maryland, Harlan Stone, usò la zip per “richiudere” i pazienti che dovevano venire sottoposti – dopo un primo intervento – ad altri continui interventi chirurgici di controllo.

Però non tutti ne furono entusiasti.

Nel 1932 lo scrittore Aldous Huxley condannò lo zip vedendo in esso una metafora di tutto ciò che è artificiale: soprattutto di “una sessualità facile e meccanizzata”.
Forse prediligeva armeggiare per ore con bottoni e gancetti, mah..

I moralisti lo guardavano con diffidenza considerandolo un oggetto erotico-feticistico e persino i medici lanciavano grida d’allarme; un articolo comparso nel 1938 sul “British Medical Journal” raccontava con dovizia di raccapriccianti particolari le drammatiche esperienze di molti maschietti le cui parti intime erano rimaste intrappolate nella malefica morsa metallica; fu da allora che i sarti inserirono una striscia di tessuto a protezione dei delicati apparati.

In realtà sino agli anni ‘40 gli zip non erano poi così pratici; nonostante nel 1934 la giapponese YKK (a tutt’oggi la marca più venduta) avesse invaso il mercato con lampo a bassissimo costo, era effettivamente vero che quelle strisce metalliche si arrugginivano con estrema facilità, tanto che era obbligatorio scucirle prima di lavare un capo.

Ma l’avvento di nuove leghe metalliche prima e della plastica poi, risolse ogni problema tecnico; e quelli morali scomparvero, lasciando spazio a semplici, piacevoli fantasie.

© Mitì Vigliero