Giuseppe La Paglia, mariuolo interpretato da Totò nel film “La legge è legge”, diceva: “Tutti i giorni lavoro, onestamente, per frodare la legge”.
In fondo quella del ladro è da sempre una delle professioni (vocazioni?) da sempre più diffuse al mondo, visto che ladro non è solo chi ruba, ma pure chi in un modo o nell’altro lo aiuta.
Per i milanesi infatti “Tant’è lader quel che roba, come quel che tegn el sach” (Tan’è ladro quel che ruba, come quello che tiene il sacco della refurtiva), mentre per i francesi “Chi ordina, chi ruba, chi ricetta son tre ladri”.
Si sa che è “L’occasione a far l’uomo ladro”, che “La casa malguardata invita i ladri” e che “E’ l’abbaiar del cane che fa scoprire il ladro”: ma se il cane dorme, fa il sordo o si distrae con l’osso che qualcuno gli ha gettato, è un poco ladro pure lui.
Secondo un proverbio piemontese “Se il làder savess la furca certa, ruberebb nén”; forse è per questo che a Torino, la piazza formata dall’incrociarsi dei tre corsi Valdocco, Regina Margherita e Principe Eugenio (via Cigna) viene ancora chiamata dai vecchi torinesi il “Rondò d’la furca”: lì venivano giustiziati i criminali, ma anche dopo l’abolizione della pena di morte la forca rimase a lungo, monito di punizione sicura a chi avesse avuto solo una vaga idea di sgarrare. Oggi magari parlare di forca è un tantinello eccessivo; basterebbe solo l’idea di una pena certa.
Però, persino nei mondo dei ladri non v’è giustizia: i famosi “ladri in guanti gialli”, distinti e insospettabili, il più delle volte la fan franca.
Non per nulla vecchi proverbi dicono “I ladri piccoli s’impiccano; ai grandi si fa di cappello” (Inghilterra) e “I ladri piccoli vansotto la ruota (strumento di tortura), i grandi sulle ruote (in carrozza)” (Francia).
D’altra parte già Catone ai suoi tempi tuonava “I ladri privatisi mettono in carcere a vita, e i ladri pubblici girano in porpora e oro”.
Talvolta pare che sian pochi davvero gli immuni al latrocinio, soprattutto quando per mestiere si frequentan ambienti in cui gira tanto danaro: “Corrumpunt eiam probo commercia prava”, i traffici loschi corrompono anche l’onesto, toscanizzato in “A vivercoi ladri s’impara a rubare”.
Per i peruviani “Per un ladro tutti sono ladri”, per gli spagnoli “Piensa el ladron che todos son de su condicion (uguali a lui)” e i russi chiosano “Ladra! gridò la martora quando vide la volpe con una gallina in bocca”.
Ricordano i “Ladri di Pisa”, quelli che ogni notte andavano a rubare insieme in perfetto accordo e di giorno litigavano per spartirsi il bottino, perché “Il ladro è quello che più strilla quando si sente derubato” anche se, secondo i veneti, “Quando i ladri se fa guera, segno che i xe d’acordo”.
Perciò ormai è convinzione comune che “Chi ruba un regno è ladro glorificato, chi un fazzoletto èladro castigato”; si narra che quando Alessandro Magno catturò il pirata Diomede, questi gli disse:
“Io sarò accusato come razziatore e condannato come ladro: tu fai il medesimo mestiere, e sei giudicato stratega. Se tu fossi me, disorganizzato e solo, ti direbbero ladro e assassino; se io avessi la tua potenza, sarei acclamato re. Fra noi non v’è altra differenza che tu rubi in grande e con innumerevoli complici, mentre io non posso fare altrettanto.“
Il Magno ascoltò in silenzio, e subito dopo nominò Diomede suo capitano.
Le Diete sono una delle cose più strazianti che la società civilizzata abbia inventato; sorvolando su quelle a causa patologica, quelle che se non le fai muori, le diete peggiori sono quelle atte a perdere solo “un po’ di chili” per essere più belli, più scattanti, più trendy.
In certi momenti vorrei vivere in un Emirato Arabo; lì sanno apprezzare veramente le donne un po’ floride: donne tettute e naticute, donne pannose, burrose e morbide.
E poi le donne così sono notoriamente dolci, materne, coccolone, sensuali, simpatiche, allegre e spiritose. O no?
Esistono anche gli uomini floridi: ma chissà perché il più delle volte l’uomo florido viene generalmente definito ”un pezzo d’uomo un po’ in carne“, mentre la donna è “una balena piena di cellulite”.
In ogni caso, per gli Adiposi d’ambo i sessi, oggi la vita non è facile; loro vivrebbero benissimo se non esistessero gli inventori delle diete, di queiperiodi cioè che di solito constano di 30 giorni di fame nera che precede un aumento di 4 chili.
Dieta Zona, dieta Scarsdale, dieta Weight Watchers, dieta del fantino, dieta punti, dieta dissociata, dieta mediterranea, dieta no-carbs, dieta a base di minestrone, yogurt, limoni ecc, altro non sono che il risultato della Moderna Alchimia che non cerca più la Pietra Filosofale bensì il il modo più rapido e comodo per disintegrare ciccia.
Da sempre i personaggi dello spettacolo sono specialisti in diete e quindi dispensatori di saggi e intelligenti consigli.
Il regista George Miller, per esempio, una volta confessò:
– “Sono otto anni e mezzo che faccio la dieta Valium. Se prendi abbastanza Valium, ti aiuta a perdere peso. Non ti calma veramente l’appetito, ma la gran parte del cibo ti cade sul pavimento.”
“Questo è il mio consiglio, se insisti a voler dimagrire: mangia quanto ti pare, soltanto non inghiottire.”
Purtroppo anch’io sono tendente ad ingrassar e quindi dovrei vivere perennemente a dieta.
Per fortuna i dolci non mi piacciono particolarmente, la visione di una brioche non mi fa venir l’acquolina né m’induce in tentazione.
Io ho “fame” soprattutto di pastasciutta, pizza, bruschetta, focaccia, pane e olio, pane e maionese, pane e salame, pane e burro, pane e formaggio. Diciamo che il mio sogno sarebbe la dieta PP&B: Pane, Pasta e Basta.
Anche la mia figlioccia Anna è sempre a dieta.
L’estate scorsa, durante un pantagruelico pranzo in campagna, mentre io fissavo sconsolata il mio piatto contenente due fette di pomodoro e una foglia di lattuga dall’espressione molto arcigna, Anna mi disse: -“Dovresti fare come me, che invece di mangiare l’antipasto, il primo e il secondo, ho preso solo i tortellini così mi han fatto da piatto unico.”
Io risposi in un tono che intendeva essere spiritoso, ma che risultò solo isterico: -“Sì, ho visto: però di piatti di tortellini ne hai presi tre.”
E la fanciulla ribattè soave: -“Appunto: l’antipasto, il primo e il secondo.”
Pure la mia amica Carlotta segue una dieta tutta sua; una sera a cena al ristorante ordinò contemporaneamente due dessert diversi. Mentre li divorava con espressione goduta, così rispose agli sguardi di scandalizzato rimprovero di tutti i convitati: -“Però li sto mangiando senza pane!”
È indubbio che le persone paffute vivrebbero molto meglio se non esistessero le persone magre: avere un magro nei dintorni, uomo o donna che sia, vuol dire sentirsi ripetere in continuazione: -“Quando cominci a fare una dieta seria?”
Ad un certo punto bisogna abbozzare e dire umilmente: – “Va bene: da lunedì mi metto a dieta.”
E poi non farlo, servendosi però, da perfetti Dietofobi, di ottime giustificazioni.
Ad esempio, si può puntare sulla psicologia, tema sempre di grande effetto.
Per alcuni “dietopsicologi” di scuola americana, la la golosità non è altro che un rifugio emotivo: il segno che qualcosa ci sta divorando dall’interno.
Quindi:
– ”Mangio tanto perché sono nervoso” – ”Mangio perché sono in tensione per gli esami (il lavoro, la carriera ecc.)” – ”Mangio molto zucchero perché sono carente d’affetto”, frase questa da dirsi lanciando un’occhiata d’accusa a chi dovrebbe darci affetto al posto di calorie. – ”Mangio perché sono allegro: a me il buon umore fa venir fame.” – ”Mangio perché sono arrabbiata: a me il cattivo umore mette appetito.”
Se la psicoanalisi non funzionasse, tentare le scusanti patetico-aggressive:
– ”È inverno, fa freddo: come posso non mangiare qualcosa di caldo come una pastasciutta?” – ”È estate, fa caldo: se non mangio un po’ di pasta mi viene il calo di zuccheri e svengo.” – ”A causa del mio lavoro sono sempre invitato a pranzo e cena fuori: vuoi che faccia la figura del maleducato e digiuni?” – ”Come puoi pretendere che IO stia a dieta quando devo cucinare ogni santo giorno manicaretti per TE?” – ”Non sono grasso: sono i vestiti che ti ostini a comprarmi che sono stretti.” – ”Il grasso è stato nella mia famiglia per generazioni: vuoi che proprio IO sia il primo a interrompere la tradizione?”
Consigliabile è anche lo sfoggio di giustificazioni acculturate:
– ”Mangiamo e beviamo, tanto domani verrà la morte” (San Paolo) – ”Più uno ingrassa, più diventa saggio: pancia e saggezza crescono sempre insieme” ( Dickens) – ”È difficile discutere col ventre, che non ha orecchie” (Catone il Censore) – ”Lo stomaco è il suolo su cui germoglia il pensiero” (Rivarol) – ”Le afflizioni si sopportano meglio a stomaco pieno” (Mateo Alemàn y de Enero)
Oppure, alla fine, si può spiazzare tutti esclamando ad alta voce le trionfanti parole dell’attore Jack Klugman:
– “Mi piace essere grasso, mi piace il mio grasso! Mi tiene caldo, mi tiene compagnia, mi tiene su i pantaloni!”
Ma se proprio non trovate scuse, provate a seguire quelle che ho battezzato Diete 2.0.
Usate l’A.O.A. (Astuto Ottico Autoinganno)
Non è detto che dimagrire significhi non ingerire cibi ipercalorici: l’importante è laquantità. Quindi, come astutamente suggeriscono i dietopsicologi americani, se volete diminuire di peso fate uso di piatti piccoli: una porzione di lasagne al forno adagiata su un piattino da caffè o un risotto ai quattro formaggi servito in una tazzina da pinzimonio non vi faranno ingrassare. Potrete perfino bere del vino e mangiare una torta, se scipperete a vostra figlia o alla vostra sorellina un bicchierino e una teglia della cucina di Barbie. Ma il massimo appagamento ottico lo otterrete osservando da circa 20 cm. di distanza e attraverso un binocolo il desco così apparecchiato.
Giocate coi cibi
L’idea di nutrirsi solo di verdure crude e scondite può essere deprimente; quindi utilizzate la vostra fantasia ludica tramutando per mezzo di un coltellino affilatissimo (i bisturi sono creati all’uopo) banali carote in obelischi accuratamente istoriati da bassorilievi riproducenti scene mitologiche; ravanelli in fiorellini; pomodori in cestini filigranati; cetrioli in divertenti, lunghe spirali. Oppure prendete dei chicchi di mais bollito e dei piselli e fatene dei mosaici variopinti di dimensione cm. 5 x 5; poi bendatevi gli occhi e, con uno stuzzicadenti, cercate in tre minuti esatti di infilzare un chicco o un pisello alla volta (alternati, sennò non vale!) Più riuscirete a infilzarne, più ne mangerete.
Autosuggestionatevi
Quando vi sedete a tavola di fronte al vostro pasto dietetico, imparate a ripetere ad alta, altissima voce: “Questo non è uno stupido vasetto di yogurt magro, ma un cremosissimo gelato crema e cioccolato!”. “Questa non è una triste foglia di lattuga, ma un mega piatto di trenette al pesto!”. “Questo non è un misero gambo di sedano, ma un cosciotto d’agnello gocciolante olio!”. “Io sono una capretta, bèèèèè, e adoro brucare l’erbetta scondita, bèèèèè!”. Smettete solo quando vedrete i vostri congiunti digitare furtivamente il numero del più vicino Centro di Salute Mentale.
Mangiate almeno 6 volte al giorno
Chi dice che perdere peso sia obbligatoriamente legato al saltare i pasti? Spesse volte invece, più spesso si mangia, più in fretta si dimagrisce, come assicura l’inglese dott. Philip Gorden. Innanzitutto, afferma, bisogna far precedere alla dieta 48 ore di digiuno quasi assoluto, concedendosi solo acqua non gasata. Poi iniziare: H.8: tè o caffè senza zucchero. H.11: mezzo grissino. H.13: mezzo pugno di riso bollito e un’arancia. H.17: tè o tisana senza zucchero. H.20: insalata verde completamente scondita. H.23: una tazzina di consommé. “Ad un certo punto – dice Gorden – non avrete più coscienza di essere a dieta”. Infatti – dico io- la coscienza l’avrete persa del tutto e vi risveglierete tranquilli in un lettuccio d’ospedale con una flebo di glucosio attaccata al braccio.
La dieta di patate
Inventata una quarantina d’anni fa dal prof. Rosenfeld, tedesco (nel caso ci fossero dubbi…). H.8: caffè amaro. H.10: piccola patata lessa. H.13: 100 gr. di purè fatta con metà acqua e metà latte magro. H.17: grande patata lessa. H.20: 100 gr. d’insalata di patate. Vi consiglio di interrompere la dieta appena la pelle del viso diventerà grigia e spessa, cominceranno ad apparire i primi germogli sulle gote e sul naso e verrete assaliti da un grande desiderio di essere sepolti vivi in piena terra.
Se non avete tempo per la palestra e causa lavoro trascorrete mezze giornate seduti in macchina, ecco cosa mi ha consigliato un istruttore di strekking: aspettate il verde del semaforo, tirate lentamente e completamente (vabbé…) in dentro l’addome spingendo in alto il diaframma, poi rilasciatelo poco a poco: dopo una centocinquantina di semafori il vostro ventre, assicurano, diventerà piatto e duro come il marmo. E sapete perché che i cavallerizzi hanno sempre sederi magri e sodi? Perché rimbalzano in continuazione sulle selle. Potrete ottenere gli stessi risultati anche se non avete sottomano un equino, ma siete costretti a stare per ore ad una scrivania in ufficio; seduti, rimbalzate una ventina di volte all’ora sulla sedia usando una certa violenza. Poi scrivetemi e raccontatemi dettagliatamente le espressioni dei vostri colleghi mentre compivate la manovra.
Giuseppe La Paglia, mariuolo interpretato da Totò nel film “La legge è legge”, diceva: “Tutti i giorni lavoro, onestamente, per frodare la legge”.
In fondo quella del ladro è da sempre una delle professioni (vocazioni?) da sempre più diffuse al mondo, visto che ladro non è solo chi ruba, ma pure chi in un modo o nell’altro lo aiuta.
Per i milanesi infatti “tant’è lader quel che roba, come quel che tegn el sach”, mentre per i francesi “chi ruba, chi ordina, chi ricetta son tre ladri”.
Si sa che è l”occasione a far l’uomo ladro”, che “la casa malguardata invita i ladri” e che “è l’abbaiar del cane che fa scoprire il ladro”: ma se il cane dorme, fa il sordo o si distrae con l’osso che qualcuno gli ha gettato, è un poco ladro pure lui.
Secondo un proverbio piemontese “se il làder savess la furca certa, ruberebb nén”; forse è per questo che a Torino, la piazza formata dall’incrociarsi dei tre corsi Valdocco, Regina Margherita e Principe Eugenio (via Cigna) viene ancora chiamata dai vecchi torinesi il “rondò d’la furca”: lì venivano giustiziati i criminali, ma anche dopo l’abolizione della pena di morte la forca rimase a lungo, monito di punizione sicura a chi avesse avuto solo una vaga idea di sgarrare.
Però, persino nei mondo dei ladri non v’è giustizia: i famosi “ladri in guanti gialli”, distinti e insospettabili, il più delle volte la fan franca.
Non per nulla vecchi proverbi dicono “i ladri piccoli s’impiccano; ai grandi si fa di cappello” (Inghilterra) e “i ladri piccoli van sotto la ruota (strumento di tortura), i grandi sulle ruote (in carrozza)” (Francia): d’altra parte già Catone tuonava “ I ladri privati si mettono in carcere a vita, e i ladri pubblici girano in porpora e oro”.
Talvolta pare che sian pochi davvero gli immuni al latrocinio, soprattutto quando per mestiere si frequentan ambienti in cui gira tanto danaro: “corrumpunt eiam probo commercia prava”, i traffici loschi corrompono anche l’onesto, toscanizzato in “a viver coi ladri s’impara a rubare”.
Per i peruviani “per un ladro tutti sono ladri”, per gli spagnoli “piensa el ladron che todos son de su condicion (uguali a lui)” e i russi chiosano “Ladra! gridò la martora quando vide la volpe con una gallina in bocca”.
Ricordano i “ladri di Pisa”, quelli che ogni notte andavano a rubare insieme in perfetto accordo e di giorno litigavano per spartirsi il bottino, perché “il ladro è quello che più strilla quando si sente derubato” anche se, secondo i veneti, “quando i ladri se fa guera, segno che i xe d’acordo”.
Infine vi sono quelli da sempre convinti che “chi ruba un regno è ladro glorificato, chi un fazzoletto è ladro castigato”; si narra che quando Alessandro Magno catturò il pirata Diomede, questi gli disse: “Io sarò accusato come razziatore e condannato come ladro: tu fai il medesimo mestiere, e sei giudicato stratega. Se tu fossi me, disorganizzato e solo, ti direbbero ladro e assassino; se io avessi la tua potenza, sarei acclamato re. Fra noi non v’è altra differenza che tu rubi in grande e con innumerevoli complici, mentre io non posso fare altrettanto.“
Il Magno ascoltò in silenzio, e subito dopo nominò Diomede suo capitano.
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